«È tempo di riscatto». Migliaia di studenti a Roma contestano il Miur

Sono assiepati sugli scalini della metro o nel parchetto di fronte alla piramide Cestia: migliaia di studenti dei licei romani sono scesi stamattina in piazza per un lungo e partecipato corteo che aveva come obiettivo la sede del Miur. Per almeno un’ora buona hanno riempito piazzale Ostiense, con la massa che piano piano si ingrossava e gruppuscoli dei vari licei che arrivavano da tutti i lati.

A Roma, quello della scuola è un fronte particolarmente movimentato in questo momento: basti pensare che dall’inizio dell’anno si sono verificate più di una quarantina di occupazioni, spesso in simultanea e con tanti istituti che si trovano ancora in autogestione. Il 22 novembre scorso, dagli e dalle studenti dei licei Aristofane, Orazio e Nomentano e dall’Iss Pacinotti-Archimede è stato tra l’altro redatto un comunicato per chiedere «una scuola a misura di studentə, aperta, sicura, accessibile ed inclusiva, che sappia ascoltarci, formarci e supportarci». Al Plauto, ragazzi e ragazze si sono accampati sul tetto dell’istituto e hanno ottenuto un incontro con il presidente del municipio. Al Pilo Albertelli, anch’esso occupato quest’anno, si è svolta una grande assemblea per coordinare tutte le persone in mobilitazione.

A fronte di tutto questo, però, si è fatta sentire anche la repressione: al Plauto e all’Argan la polizia ha aggredito chi protestava, spintonando e gettando a terra alcune persone; al liceo Ripetta si è verificato uno sgombero particolarmente pesante, con anche la denuncia da parte di una studente di aver subito molestie fisiche e verbali da un agente.

Non è un caso allora che la parola “repressione” sia stata scandita fin dall’inizio della manifestazione di stamattina: «Non ci fa paura», hanno urlato i e le giovani in piazza, mutuando nel frattempo cori da altre lotte che sono state attraversate negli ultimi tempi, dagli operai di Gkn alla marea transfemminista di Non Una di Meno («E non c’è resa, non c’è rassegnazione / ma solo tanta rabbia che cresce dentro me» oppure «Siamo il grido altissimo e feroce / di tutti gli studenti che non hanno voce»).

Dopo aver alzato le braccia al cielo, mentre dalle casse in testa il ritmo degli Assalti Frontali dava la carica, il corteo ha iniziato a muoversi aggirando la piramide. È un serpentone di persone molto rumoroso, con i vari spezzoni che fanno riferimento ai diversi licei e istituti: dal Keplero al Gioberti, dall’Enriquez al Seneca, dal Virgilio al Morgagni.

«Erano anni che non si vedeva qualcosa del genere», ci dice Syria dell’Archimede. «Siamo stati in grado di costruire un forte processo mobilitativo in tantissime scuole, che ci porta oggi in piazza. Non a caso, lo slogan che abbiamo scelto è dalle scuole alle strade è tempo di riscatto. La pandemia non ha fatto altro che aggravare problemi cronici dell’educazione e la situazione è talmente critica che moltissimi e moltissime studenti hanno iniziati ad autorganizzarsi e autogestirsi dal basso, anche chi magari non aveva mai partecipato a una mobilitazione».

I punti della protesta sono infatti molto chiari e articolati: si contesta lo scaglionamento degli orari d’ingresso, che non tiene conte degli impegni e del tempo extrascolastico degli e delle studenti; si insiste sul tema della salute mentale, sul quale chi è giovane si sente sempre più abbandonato; si denuncia la fatiscenza di tanti edifici, che non garantiscono sicurezza. In generale, si chiede a gran voce un diverso modello educativo, che – siccome non viene concesso – gli e le studenti stanno provando a «mettere in pratica per conto loro», racconta sempre Syria, «organizzando corsi di autoformazione sulle tematiche che ci stanno più a cuore per recuperare anche momenti e occasioni di socialità che ci è negata da almeno due anni».

Avvolto dalla nube dei numerosi fumogeni che accesi su via Marmorata, il corteo si è arrestato sul ponte Sublicio come se volesse riprendere energia prima di “varcare la soglia” verso il Miur. È qui che la voce dei e delle studenti, prima scomposta in diversi cori e in diversi spezzoni, è diventato un grido unico e coeso. Davanti allo striscione di testa, una ragazza ha impugnato il megafono:

«Stiamo mettendo in campo un nuovo modello di educazione, ma insegnanti e istituzioni non lo vogliono applicare. Anzi, manco ci ascoltano. Non vogliono sentire e comprendere il nostro disagio, che va avanti da tempo. Noi invece vogliamo essere formati come cittadini e non come delle “basi vuote” in cui far semplicemente entrare delle nozioni»

Parole che sembrano quasi essersi concretizzate poco dopo: piazza di Porta Portese era veramente gremita, quando dalle finestre si sono sporte alcune persone a contestare la mobilitazione. Ne è nato un piccolo battibecco. Poi, improvvisamente, alcuni studenti dallo spezzone di testa si sono staccati e hanno iniziato a correre, involandosi lungo la stretta via San Michele nel tentativo di raggiungere la prefettura.

Le forze dell’ordine sono subito accorse a bloccare il varco, chiudendo così la manifestazione per una ventina di minuti, mentre una la parte del corteo che si era staccata è stata fermata da un gruppo di agenti sul lungotevere all’altezza dell’Anagrafe. Nessuna persona pare sia stata identificata. Mentre gli e le studenti venivano “riscortati” indietro verso Porta Portese, molti i cori che denunciavano la repressione. «Tout le monde deteste la police», hanno urlato convinti.

Il corte ha così potuto proseguire compatto verso il Miur dove i e le manifestanti hanno ribadito le proprie ragioni: «Si studia e si lavora sempre sotto ricatto. Basta, basta, basta, è tempo di riscatto». E, in effetti, almeno in una piccola misura la lotta ha pagato: dal microfono viene annunciato che è stato ottenuto un tavolo con la prefettura.

17/12/2021 https://www.dinamopress.it

Tutte le immagini di Francesco Brusa

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