Egitto e Turchia: tra diritti negati e affari promossi

IlMediterraneo. Una identità in movimento, uno spazio di storie di bellezza, ricchezza e miseria, di vita e di morte. Tanti nomi: mare nostrum per i romani, mar bianco per arabi e turchi, grande mare per gli ebrei, mare di mezzo per i tedeschi, grande verde per gli egiziani antichi, continente liquido. Nel libro Il grande mare, lo storico Davide Abulafia, discendente di una famiglia sefardita che lasciò la Spagna nel 1492 per trasferirsi in Galilea, ce ne racconta la storia affascinante, dall’era a.c. fino ad oggi. Un movimento incessante di rapporti tra le due sponde, attraverso mercanti, viaggiatori, guerrieri, missionari, pirati, schiavi, pellegrini. Secondo Abulafia, il Mediterraneo ha giocato nella storia della civiltà umana un ruolo assai più significativo di qualsiasi altro spicchio di mare.

Nell’ “ultimo mediterraneo”, che arriva ai giorni nostri, saltano agli occhi frammentazione, sofferenza e morte, la lotta per la sopravvivenza e per la dignità. Le migrazioni, che hanno caratterizzato tutta la seconda metà del ‘900, vengono sospinte dall’aumento esponenziale delle disuguaglianze, dai cambi climatici e dalle carestie, dalle guerre. I/le migranti si incontrano e si scontrano, con le politiche “dei respingimenti” dell’Italia e dell’Europa, dopo aver sperimentato i regimi e le incessanti violazioni dei diritti umani nei paesi di origine, da oltre un anno intensificate dalla pandemia.

Nel 2011 le rivoluzioni della dignità in tanti paesi arabi sembravano aprire spazi di democrazia e libertà, oggi non c’è paese che non sia stretto nella morsa della repressione. Ma un processo è stato messo in moto, e di questo i/le difensori/e dei diritti umani sono protagonisti/e, giovani che rifiutano di arrendersi alla repressione, resistono, lottano.

Nella Palestina, sfigurata dall’occupazione e dall’apartheid israeliani, difensori e difensore dei diritti umani denunciano, manifestano, vengono arrestati, donne coraggiose si battono anche contro l’oppressione patriarcale; in Israele, tentano di far valere diritti civili e politici; in Siria, massacrata dalle guerre per procura, cercano di affermare un po’ di umanità o anche solo di aiutare a sopravvivere; in Turchia si battono per la libertà di espressione il diritto a giusti processi, i diritti del lavoro, contro un aspirante sultano che massacra la popolazione curda; in Libano, contro corruzione e crisi economica profonda; in Egitto si misurano contro un regime dispotico; nel Maghreb, movimenti per diritti e democrazia si ricostituiscono, come quello Hirak in Algeria o in Marocco, dove viene arrestato chi cerca di aiutare migranti. La Libia, è luogo di detenzioni e torture, e coloro che tentano di fuggire, sono spesso vittime, senza soccorso. La situazione non è migliore se volgiamo uno sguardo poco oltre: in Iraq, in Afghanistan, in Yemen…

Dalla sponda nord, istituzioni e governi, anziché svolgere un ruolo di sostegno a chi resiste, in cerca di democrazia e libertà, come sarebbe coerente con i “nostri valori”, fanno affari, commerciano in armi, finanziano Governi per tenere lontani i migranti: in una parola alimentano i regimi.

Così, la condivisione della lotta per i diritti e la solidarietà sono solo nelle mani e nei cuori di associazioni e reti che la praticano, in mezzo a molti ostacoli, posti dai propri stessi governi. Eloquente è l’esempio degli attacchi furiosi alle ONG del mare, che vogliono salvare vite migranti.

Nel recente rapporto del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (46a sessione 22 febbraio – 24 marzo): si legge “che il Consiglio contrasta le violazioni dei diritti umani in Egitto, Palestina e Siria con risoluzioni e azioni, mettendo in guardia contro il deterioramento della situazione dei diritti umani in Algeria, Libia e Yemen”. I diritti alla libertà di espressione, di stampa, di studiare e fare ricerca, ai diritti del lavoro, alla libertà di vivere – sono sotto attacco: gli spazi si restringono sempre più, come documentano diverse reti e associazioni nazionali e internazionali, da Euromed rights al Cairo Institute for human rights studies, da Amnesty international alla rete In difesa di… I due esempi, tra i tanti, che riportiamo (Egitto e Turchia) testimoniano situazioni drammatiche, mettendo in evidenza una questione centrale: la colpevole incoerenza delle politiche di paesi democratici della sponda nord, dell’Italia e dell’Europa, rispetto a quanto avviene nella sponda sud.

EGITTO

Nonostante l’Egitto abbia ratificato le maggiori convenzioni internazionali sui diritti umani,

“La comunità egiziana per i diritti umani sta soffrendo un “annientamento” da parte del governo del presidente Abdel Fattah al-Sisi”: hanno scritto in una lettera ai ministri degli esteri 100 importanti organizzazioni per i diritti umani di tutto il mondo prima del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. Dalle manifestazioni di protesta di settembre 2020 sono migliaia le persone arrestate e dall’inizio del’’anno nelle carceri sono morte almeno 10 persone, per negligenza medica verso i contagiati da covid19. Proprio il 2 di maggio è morto in carcere il regista egiziano Shadi Habash, noto nel suo paese per la satira contro il presidente al-Sisi,

Esraa Abdel Fattah

Due casi di difensori di diritti umani in Egitto sono più conosciuti in Italia: quello di Giulio Regeni, rapito torturato e assassinato, perché si occupava di diritti dei lavoratori e di sindacati indipendenti. Il regime arrogante e violento continua a negare il suo coinvolgimento, anche di fronte a prove evidenti nei confronti dei servizi segreti, di cui sono accusati quattro agenti dal tribunale italiano. E quello di Patrick Zaki, studente e ricercatore in Italia, da oltre un anno in carcere con l’accusa di minaccia allo Stato e di falsità su facebook.

Sono la punta dell’iceberg costituito da arresti e scomparse, una lista molto lunga.

E’ stata prolungata la carcerazione Ahmed Samir Santawy, studioso di islam e diritti delle donne. Il 5 aprile, il tribunale penale del Cairo ha rinnovato la detenzione dell’avvocata per i diritti umani Mahienour Al-Masry e della giornalista  Esraa Abdel Fattah  accusate di aver partecipato a un gruppo terroristico, di aver pubblicato notizie false.  Esraa Abdel Fattah, attivista politica egiziana, è nota per il suo lavoro sui diritti umani del movimento dei giovani, dal 6 aprile 2008, quando ha indetto uno sciopero generale attraverso i social media, arrestata il 12 ottobre 2019.  Mahienour Al-Masryè un’ avvocata per i diritti umani e attivista politica che sostiene i diritti dei detenuti e un sistema giudiziario equo, arrestata il 22 settembre 2019. 

TURCHIA

Dalla metà circa degli anni 80 la Turchia ha represso duramente la popolazione curda che rivendicava autonomia e riconoscimento della propria cultura e lingua, come popolo. Da allora sono stati uccisi circa 50.000 di pari passo con la repressione di difensori/e turchi/e dei diritti umani. La stessa Corte europea dei diritti umani ha condannato la Turchia per migliaia di violazioni dei diritti umani (torture, omicidi, spostamenti forzati, distruzione di villaggi, arresti arbitrari…).

Ogni settimana il governo Erdogan arresta giornalisti/e e legali e magistrati. Dal 2016, quando un fallito presunto colpo di Stato, aveva cercato di destituire il presidente ad oggi, sono oltre 1.600 gli avvocati e giudici arrestati e in attesa di processo, detenuti in custodia cautelare. L’ accusa di terrorismo mossa contro gli oppositori del regime è utilizzata per imprigionare anche i legali che rappresentano i propri clienti, con la motivazione, dichiarata, che “se difendono i terroristi sono anche loro terroristi”.

Il report 2021 dell’associazione Arrested Lawyers Initiative denuncia che 450 avvocati sono stati condannati in questi ultimi cinque anni a 2.786 anni di prigionia per i reati di terrorismo e propaganda contro il regime. Il suo portavoce, Kerem Altiparmak, avvocato di Istanbul da anni testimonia questi crimini. «Dal fallito golpe – ha detto – il codice penale è stato cambiato per ostacolare ogni forma di opposizione politica ad Erdogan. L’articolo 314/2 criminalizza l’appartenenza a un’organizzazione armata, quindi basta aver parlato con un presunto terrorista per venire accusati di appartenenza». «Nella prima settimana di marzo tre persone sono state incarcerate perché ritenute vicine ai terroristi. Ömer Faruk Gergerlioglu, Eren Keskin, Sebnem Korur Fincanci, medici e avvocati. Il loro arresto dimostra come tutti siamo ormai a rischio detenzione. Dobbiamo ottenere che la comunità internazionale intervenga, siamo soli».

Tahir Elçi, uno dei fondatori di Amnesty Turchia, nonché Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Diyarbakir, è stato ucciso con un colpo alla nuca il 28 novembre 2015, mentre denunciava i crimini contro l’umanità commessi durante le operazioni antiterrorismo avvenute nel corso del coprifuoco proclamato a più riprese nel quartiere di Sur, con il danneggiamento anche di monumenti dichiarati dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità” Reportage di Barbara Spinelli in giuristidemocratici.it

Tahir Elci

Il 20 marzo 2021, nove anni dopo la ratifica, la Turchia ha revocato con decreto presidenziale la propria partecipazione alla convenzione di Istanbul (che vincola gli Stati ad agire contro la violenza sulle donne con prevenzione, protezione delle vittime, perseguimento dei colpevoli). Migliaia di donne sono scese in piazza.

Dalla sponda nord – ITALIA

Nonostante  si sia ufficialmente impegnato a sostenere i difensori dei diritti umani come una delle priorità del triennio di partecipazione al Consiglio ONU per i Diritti Umani (anche grazie all’iniziativa della rete IDD), il nostro paese continua a fare affari con e vendere armi a questi regimi. La contraddizione tra il dire e il fare è grave, perché rende l’Italia complice.

EGITTO

Negli ultimi anni l’Italia è diventata il secondo partner commerciale e politico dell’Egitto in Europa, e il quarto al mondo dopo Stati Uniti, Cina e Germania. Il settore energetico è stato di gran lunga il più importante, con gli interessi dell’Eni in primo piano.

Nel 2019 l’Egitto è ufficialmente diventato il primo cliente al mondo dell’industria militare italiana, con un progressivo incremento della vendita di equipaggiamenti militari e di polizia, armi di piccolo calibro e software di sorveglianza. Molto recente la vendita di due fregate FREMM, prima destinate alla Marina Italiana.

Le informazioni sono tratte da Euromed rights, Cairo Insitute for human rights studies, ASGI, Osservatorio diritti,Committee for justice, Amnesty, Rete italiana Pace e disarmo.

TURCHIA

Per quanto riguarda gli scambi commerciali, l’Italia è il quinto partner commerciale della Turchia a livello mondiale e il secondo tra i Paesi europei, dopo la Germania.

Da molti anni è uno dei  maggiori clienti dell’Italia, in ambito “armiero”. Nell’ottobre 2019 l’Italia ha esportato armi e munizioni in Turchia per 25,8 milioni di euro, proprio nel mese in cui è stata lanciata l’offensiva turca contro i curdi in Siria (dati Istat sul commercio estero aggiornati ai primi dieci mesi dello scorso anno). Il Ministro degli Esteri si è pronunciato per uno stop alle “vendite future” di armi italiane verso la Turchia. Successivamente, nel Consiglio UE di fine anno, l’Italia, con Spagna e Germania, ha bloccato la richiesta di embargo avanzata dalla Grecia.

L’Unione Europea, su spinta della Germania nel 2016, ha fornito ingenti quantità di danaro alla Turchia (3 miliardi iniziali, un terzo dal budget UE e due terzi dagli Stati membri) per trattenere i migranti (da Siria, Iraq, Afganistan in particolare). L’Italia sta versando 225 milioni di euro alla Turchia.

Le informazioni provengono dai siti di Osservatorio diritti, giuristi democratici, arrested lawyers initiative, Human Rights Watch, Amnesty, Rete italiana pace disarmo, Altreconomia.it

Queste brevi note intendono mettere in evidenza una contraddizione politica fondamentale tra le due sponde e l’urgenza, per tutti/e i/le difensori/e dei diritti umani nel nostro paese, di praticare la propria solidarietà nel mare nostrum, ponendo con nettezza la questione delle politiche del nostro governo, come dell’Unione Europea, sulle questioni di diritti e democrazia. Non saranno solidi nel nostro paese se a poche miglia da noi vengono rafforzati colpevolmente con affari e armi regimi autoritari o dittatoriali. Non basta definirli tali, continuando il business as usual. L’interdipendenza globale, caratteristica di quest’epoca, ci dice che non siamo al sicuro quanto a libertà e diritti, se non lo saranno coloro da cui ci separa un braccio di mare.

Alessandra Mecozzi

rete In difesa di / area MENA

“In Difesa Di”, per i Diritti Umani e chi li difende, è rete italiana di oltre 40 organizzazioni, associazioni, realtà che lavorano in sostegno ai difensori ed alle difensore dei diritti umani. (www.indifesadi.org).

12/5/2021 https://www.intersezionale.com

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