Elementi di neofascismo? Il governo ci prova
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Che dire, mai ci saremmo aspettati di vedere un personaggio legato ad un passato di militanza neofascista – quella dura degli anni ’70 – ricoprire la seconda carica dello Stato, così come mai ci si sarebbe aspettati di vedere il Paese che ha avuto il più grande Partito Comunista d’occidente ed il più significativo Movimento Operaio d’Europa essere guidato da un Governo il cui “primo partito” ha la “fiamma tricolore” nel simbolo ed intitola sedi a personaggi del calibro di Pino Rauti e Giorgio Almirante ma nei fatti questa è la situazione attuale.
Non intendo fare in questo articolo un’analisi dettagliata delle ragioni per le quali si è arrivati a tanto ma, va certamente detto senza sconti, che le politiche neoliberiste ed antisociali portate dal sedicente centrosinistra nelle fasi in cui ha governato hanno indubbiamente una grande responsabilità in quella che è poi stata la virata a destra dei ceti popolari che si sono aggrappati alla narrazione tossica e populista del poverissimo che leva al povero scordando che ad affamare la classe è chi arriva sugli yacht lussuosi non chi scappa su un barcone.
Ciò detto, l’avvento del Governo di ultradestra ha di fatto iniziato subito a portare degli sviluppi pericolosi. In Italia da sempre abbiamo scontato il prezzo di un Paese che non ha completamente fatto i conti con la sua storia e che da sempre e soprattutto in alcune regioni (Lombardia e Veneto in primis) la cosiddetta destra istituzionale ha stretto rapporti e relazioni politiche con le organizzazioni di estrema destra a tratti eversiva ma ora le cose stanno addirittura mutando in termini peggiorativi su questo versante.
Le organizzazioni di estrema destra – che in una situazione di impunità data tra le altre cose da alcune sentenze della Corte di Cassazione che, ribaltando le sentenze dei gradi di giudizio precedenti, hanno assolto imputati condannati per il reato di apologia di fascismo, alzano il tiro nelle manifestazioni apologetiche di piazza (ad esempio Dongo ma non solo) – oggi guardano con attenzione al governo guidato da Giorgia Meloni e, in moltissimi casi, “migrano” in quella direzione, in particolar modo nell’organizzazione giovanile di FdI – Gioventù nazionale.
Non a caso all’indomani dell’insediamento del governo “Il Primato nazionale” organo di stampa di CPI titolava “Se non ora quando” attribuendo al Partito socio di maggioranza del governo il titolo di “i figli della fiamma”.
Dal lato suo il governo non fa certo mancare segnali di forte “nostalgia”, dicevo prima delle intitolazioni delle sedi di FdI a Rauti ed Almirante ma non sono solo le sedi a portare quell’effige, infatti, in quasi tutti i comuni dove FdI è in maggioranza provano, e spesso riescono, a “fascistizzare” la toponomastica avanzando mozioni che muovono nella direzione di intitolare ai due sopracitati anche vie e piazze delle nostre città.
Sul piano pubblico il governo fa anche peggio, e se da un lato strizza l’occhio a vecchi nostalgici citando sia per voce della presidente del Consiglio che per quella del Presidente della Camera nomi ed episodi legati agli anni ’70 attraverso un nemmeno troppo velato tentativo di mistificazione della storia, attraversa il 25 Aprile senza mai dire la parola antifascista e prova a mettere sullo stesso piano la Resistenza italiana con i neofascisti ucraini del battaglione Azov dall’altro approva dispositivi legislativi repressivi ed antidemocratici come la legge anti-rave che altro non è se non un provvedimento che, facendo coppia con la criminalizzazione del blocco stradale mina nei fatti l’autoorganizzazione e la libertà di mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori in lotta, i continui precetti sugli scioperi del comparto dei trasporti a firma del Ministro Salvini, la legge “contro il terrorismo ambientalista” fatta apposta per distruggere il movimento di Ultima Generazione (a cui non mancherà mai tutta la mia vicinanza e solidarietà) e ancora, la limitazione della libertà di stampa, la persecuzione delle e dei giornalisti non allineati, e non in ultimo il tentativo di distruggere la Costituzione repubblicana antifascista nata dalla Resistenza con controriforme quali l’autonomia differenziata – che spaccherebbe definitivamente il Paese distruggendo quel poco di equità sociale rimasta, il premierato – che andrebbe ancora di più a svuotare il ruolo del Parlamento e, non da meno, la separazione delle carriere – antico sogno di Berlusconi (e di Licio Gelli).
Sul piano delle politiche economiche e, più nello specifico quelle sul lavoro le cose non sono affatto diverse. Il Governo, infatti, racconta la “storiella” dell’aumento delle retribuzioni portato dal “taglio del cuneo fiscale” che in realtà è solamente un regalo alle aziende che ricade sulla fiscalità generale facendo sì che le lavoratrici e i lavoratori si autofinanzino l’aumento in busta paga mentre, di salario minimo, Meloni e soci non hanno alcuna intenzione di discutere.
Non dimentichiamo che dalla fine del mese di novembre c’è depositata in Senato una proposta di legge d’iniziativa popolare per l’introduzione di un salario minimo legale di 10€ l’ora, automaticamente indicizzato rispetto all’inflazione e non gravante sulla fiscalità generale sottoscritta da più di 70.000 cittadine e cittadini la cui discussione avrebbe dovuto essere calendarizzata, per legge, entro 90 giorni da deposito delle firme raccolte ma ad ora nulla si muove nonostante il nostro Paese abbia un triste primato in materia di salari bassi e lavoro povero al punto che i salari reali dal 1990 ad oggi si siano addirittura abbassati mentre, nei Paesi OCSE sono cresciuti del 32,5%.
Non vi è traccia di un piano occupazionale, precariato e ricattabilità sono le costanti con cui si scontra chi prova a cercare lavoro, gli incidenti anche mortali sono in aumento anno dopo anno costituendo una vera e propria strage e la sola risposta del governo è la criminalizzazione (anche sul piano penale) delle lotte operaie e del sindacalismo conflittuale.
Tutti questi sono a mio avviso elementi di neofascismo e di limitazione della Democrazia portati avanti da un governo di ultradestra che non ha nessuna intenzione di prendere le distanze o discostarsi dell’estrema destra eversiva.
Solo la mobilitazione popolare e la costruzione di una vera alternativa antisistema che crei opposizione politica e sociale possono ambire a cambiare lo stato di cose esistenti ed il nostro compito non può che essere quello di lavorare nella direzione di costruirla.
Fabrizio Baggi
Segretario regionale Lombardia Partito della Rifondazione Comunista/ Sinistra Europea
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