“Eroina” e “Spice” Il libro di Marco Pusceddu
Eroina e Spice sono due libri di Mauro Pusceddu pubblicati rispettivamente nel 2022 e nel 2024 dalla casa editrice nuorese il Maestrale. I temi trattati sono così importanti che non ci si può limitare a un riassunto del contenuto, ma è necessario aggiungere qualche riflessione critica, soprattutto sul rapporto fra realtà e finzione letteraria.
È opportuno parlare di entrambi i libri perché sono due puntate di una stessa serie (benché l’autore, nato nel 1969, abbia scritto altri tre libri). Infatti, sia Eroina, sia Spice hanno per protagonista la poliziotta nera Nada Senes, per l’esattezza non solo la prima vicecommissaria, ma anche prima commissaria nera italiana. Non si può fare a meno di notare la vistosa copertina dell’ultimo libro: il primo piano di una donna di colore, la pelle molto lucida e gli occhiali a specchio, le labbra colorate di un rosso acceso.
Non c’è dubbio che entrambi i libri siano scritti con abilità e sapienza narrative, soprattutto il secondo. Anzi, qualcuno definisce addirittura Pusceddu il Connelly nuorese. Come tutti i gialli o noir, le trame sono complesse e avvincenti, e quando tutto sembra chiaro c’è sempre un colpo di scena che sconvolge le carte in tavola. Un particolare importante è che l’autore svolge la professione di magistrato, ed è anzi attualmente presidente del tribunale nuorese. Del resto, Pusceddu non è l’unico magistrato italiano che si cimenta coi romanzi gialli e noir.
Benché il genere possa sembrare popolare e quasi banale, è impossibile parlare di questi libri senza parlare di razzismo, tema che di fatto fa da sottofondo a tutta la saga. Nada Senes è nata in Sardegna da genitori africani, abbandonata da piccola e adottata da una coppia del posto: madre insegnante, padre poliziotto. Nonostante il padre non la spinga a seguire le proprie orme, Nada sceglie comunque di entrare in polizia; anzi, all’inizio fa addirittura parte dei corpi speciali.
Entrambi i romanzi mostrano una conoscenza piuttosto precisa e dettagliata del razzismo non solo nella società italiana (un razzismo popolare), ma anche all’interno delle istituzioni (la polizia). È evidente che l’autore è molto documentato in materia, assai di più dell’italiano medio, al quale per la verità questi temi non interessano minimamente. Entrambi i romanzi mostrano come essere diversi, e neri nello specifico, sia una stimmate costante che ci si porta addosso dappertutto: per strada, a scuola, nei rapporti con gli altri, nel luogo di lavoro. Infatti, oltre ai numerosi episodi di quotidiano razzismo che Nada deve subire, c’è anche il problema dei colleghi che non la accettano. Oppure dei pregiudizi, ancora più sottili, secondo i quali, proprio perché diversa, Nada Senes dovrebbe essere meglio degli altri per essere trattata come gli altri. Alcuni dei suoi superiori le ripetono in continuazione che lei è un simbolo, idea che Senes rifiuta sdegnosamente, considerandola ipocrita.
Detto questo, che differenza c’è fra il mondo narrativo di questi romanzi e la realtà? La polizia italiana è davvero com’è presentata in questi gialli? Potrebbero sembrare domande oziose, dato che i romanzi dovrebbero essere opere di fantasia per definizione. Eppure alcune riflessioni si impongono, e non solo perché in questo caso la distanza è per certi versi eccessiva.
Certamente, un buon narratore si distingue anche per la maestria nel mescolare il vero al verosimile e al completamente inventato. Pusceddu si mostra maestro in questo, probabilmente anche grazie alla sua lunga esperienza di magistrato e alla conoscenza diretta del territorio in cui vive, quella Sardegna dell’interno talvolta definita società del malessere. A differenza del commissario Montalbano, che vive nell’immaginaria Vigàta, Pusceddu ha deciso di far agire la sua Senes nella vera Nuoro, con una geografia piuttosto precisa, sostanzialmente ancorata alla realtà, pur con qualche licenza alla fantasia. Non solo, ma sembra che l’autore abbia voluto sottolineare il legame di questi romanzi con l’oggettività inserendo in uno di essi un documento ufficiale firmato da lui stesso in qualità di giudice.
Nonostante i meriti che abbiamo sottolineato, però, per una persona razzializzata è difficile leggere i due romanzi senza una certa perplessità e un certo disagio. Il primo motivo è che nei romanzi si parla solo di razzismo nella società, e non di razzismo di Stato o razzismo istituzionale (vedi l’ottimo e coraggioso libro curato da Pietro Basso Razzismo di Stato, non a caso ampiamente ignorato da una comunità accademica che preferisce la carriera veloce alla ricerca spregiudicata della verità). Soprattutto, non vi è alcun accenno al fatto che in Italia è proprio la polizia una delle principali istituzioni a discriminare sistematicamente gli immigrati. Ciò avviene in una serie di modi, innanzitutto sottoponendo le persone diverse a continui controlli razziali per strada, delle vere e proprie retate che solo ipocritamente possono essere chiamate “normali controlli” (e questo avviene anche a Nuoro). Se fossero così normali, gli immigrati non ne sarebbero soggetti 14 volte di più degli italiani, e la cifra sale a 50 in alcuni Paesi europei. Concretamente, ciò può voler dire che una persona nera non può letteralmente uscire di casa senza essere fermata arbitrariamente e maltrattata da polizia e carabinieri, anche se è cittadina italiana (ed è meglio non protestare, perché le conseguenze potrebbero essere assai spiacevoli).
Ma il razzismo di Stato italiano utilizza la polizia in modo ancora più sistematico, per gestire il rilascio arbitrario dei permessi di soggiorno all’interno delle questure. A un italiano ciò non risulterà per niente strano: questi stranieri potrebbero essere pericolosi, non è giusto controllarli, anche quando sono regolarmente sposati con cittadini italiani? Primo, chissà perché altri Paesi europei fanno a meno di questa criminalizzazione e hanno degli uffici gestiti da normali impiegati e non da poliziotti in divisa, anche se sono comunque gestiti dal Ministero degli Interni. Secondo, non si capisce perché una persona debba essere considerata delinquente, o quantomeno delinquente potenziale, per il solo fatto di non essere europea. Terzo, i delinquenti veri, quelli che davvero cercano di vivere di espedienti, si guardano bene dal fare la fila come fessi davanti alle questure, e cercano anzi di starci il più lontano possibile (oppure si procurano facilmente documenti falsi, da che mondo è mondo).
La realtà è un’altra: gli uffici immigrazione delle questure sono vere e proprie camere di tortura psicologica, macchine razzializzanti che servono per far capire a tutti gli immigrati che sono degli esseri inferiori, degli schiavi, dei potenziali delinquenti, che devono avere sempre e comunque da temere, che non possono mai ribellarsi, e che può essergli al massimo concesso di stare in Italia sinché c’è il bisogno di spremerli (dopodiché, ci sono sempre il CPR o l’espulsione).
Questa sistematica discriminazione poliziesca è necessaria per tenere gli immigrati in una condizione di colonia interna di sfruttamento. Non c’è bisogno di essere accreditati economisti: l’economia italiana è basata sullo sfruttamento feroce di questa colonia interna. Se questa venisse a mancare, crollerebbe tutta l’economia italiana. E se anche il cappio al collo degli immigrati fosse appena un po’ meno stretto, la cosa creerebbe comunque problemi: si rischierebbe di avere nei migranti degli esseri umani magari un po’ maltrattati, ma comunque coscienti dei propri diritti, che potrebbero rompere troppo le scatole per migliorare la propria condizione. È proprio ciò che si bada bene di evitare in tutti i modi: non a caso, nessuno fra i principali partiti politici, neanche la cosiddetta sinistra, osa mettere nel proprio programma il cambiamento di questo sistema, preferendo ciance inutili e ipocrite dirette sempre contro qualcun altro.
Tutti gli immigrati imparano a temere e/o a odiare (il confine è labile) la polizia praticamente da subito, perché, non essendo affatto stupidi, capiscono benissimo a che cosa serve, e sanno altrettanto bene di non aver fatto nulla per meritarsi questo trattamento. Per chi conosce questa realtà perché l’ha subita sulla propria pelle, il personaggio della commissaria Senes non può che lasciare un po’ perplessi. Non si tratta solo del fatto che i poliziotti neri in Italia sono quasi inesistenti, perché il punto non è questo. Per esempio, in alcune questure del Nord Italia i poliziotti non bianchi vengono usati per “accogliere” i migranti davanti all’ufficio immigrazione. La cosa potrebbe essere interpretata come l’intenzione di “accogliere” gli stranieri con qualcuno “come loro”, ma ciò risulta paradossale se uno pensa alla discriminazione vergognosa che noi tutti soffriamo una volta varcata la soglia. A ben vedere, queste persone non possono che ricordare le triste figure degli ascari e dei rinnegati, servi di un potere che opprime i propri simili.
Questo ci deve ricordare che il colore non è tutto, perché l’altro elemento che i più ignorano è la cittadinanza: per entrare in polizia bisogna essere cittadini italiani, e il colore non è formalmente un discrimine: un ottimo esempio di come non vada considerato in modo deterministico è presente proprio in Spice. In questo romanzo, la nostra commissaria accusa una donna africana di un crimine che non ha commesso. L’africana rigetta l’accusa definendo Nada Senes una “stronza di bianca con la pelle nera”. Un epiteto che dei migranti africani potrebbero tranquillamente usare contro dei poliziotti neri, qualora questi ultimi li opprimessero (al di là del colore).
Del resto, Nada Senes non è l’unico personaggio “diverso” nella storia, dato che troviamo anche un capitano dei carabinieri nero, un altro carabiniere di origine slava, una poliziotta di origini cinesi e una piemme lesbica. Ancora, il punto non è tanto se nella realtà le forze dell’ordine e la magistratura siano davvero così variegate (anche se sembra probabile che non sia così). Il punto è un altro: se anche fossero davvero così variegate, ciò ne cambierebbe il carattere sostanzialmente razzista? La risposta è certamente negativa, anche se ci riserviamo il dubbio per quanto riguarda il futuro remoto. Bisogna aggiungere, infatti, che anche la magistratura italiana è assai prevenuta nei confronti degli immigrati, e forse non potrebbe essere altrimenti. Qui non si tratta di casi individuali, com’è ampiamente dimostrato da studi approfonditi come quello di Salvatore Palidda, Migranti. Devianza e vittimizzazione. Ciò spiega anche perché molte carceri italiane, soprattutto al Nord, sono piene di immigrati, con grande sproporzione rispetto al totale. Lo studio di Palidda è del 2001, ma non vi è motivo di pensare che da allora le cose siano migliorate.
Detto questo, i due libri non presentano la polizia come il bene assoluto, come un’istituzione perfetta nella quale tutti sono onesti e rispettano le regole. I corrotti esistono anche nella polizia, però fortunatamente i colleghi buoni riescono a sventarne i piani. Insomma, si tratta soltanto di qualche mela marcia. Purtroppo, come abbiamo detto, nella realtà certe istituzioni sono marce in quanto tali, e continueranno a esserlo sinché non si capirà che, semplicemente, non devono essere usate per discriminare in maniera sistematica una minoranza. Il suddetto Palidda denuncia da tempo il comportamento arbitrario delle questure, gli insulti regolarmente proferiti contro i migranti (se rispondono posso essere denunciati per ingiurie ed espulsi), la corruzione sistematica che, con l’aiuto di avvocati ammanicati, può dare il permesso di soggiorno in cambio di soldi a qualcuno che non ha mai messo piede in questura (oppure, i suddetti avvocati possono prendere i soldi dall’immigrato e poi sparire).
Comportamenti presenti in qualche grande città del “continente”? Peccato che poco tempo fa un giornalista cattolico nuorese abbia denunciato pubblicamente questi comportamenti proprio dove lavora l’immaginaria Nada Senes. Franco Colomo ha parlato di “episodi corruttivi per velocizzare pratiche per legge piuttosto lunghe e farraginose”, nonché di “offese gratuite”, donne straniere in preda al “terrore per le vessazioni” subite, “dalle prese in giro per il nome e la provenienza ai veri e propri insulti” (ovviamente non può mancare quello di “puttana”). Ma anche gli uomini nuoresi che accompagnano una donna immigrata possono essere vittime “di un becero umorismo, quasi che un fidanzamento ‘misto’ fosse degradante”. “Si tratta di veri e propri abusi di potere – dice uno di loro – ma a chi puoi rivolgerti per denunciare?”. Colomo aggiunge: “Tutti, effettivamente, hanno paura di esporsi per non subire danni come pratiche bloccate o ulteriori discriminazioni, perché di questo si tratta”. Un’altra donna si è limitata a confidare al coraggioso giornalista: “Non ho voglia di raccontare perché non voglio rivivere quel dolore, so solo che sopra di noi c’è un Giudice che darà a ciascuno secondo le sue azioni”.[1]
Purtroppo le cose non si fermano a queste “storie di ordinaria discriminazione”, raccolte da un settimanale diocesano (non proprio un foglio sovversivo), dato che altri sedicenti giornalisti sono evidentemente troppo vigliacchi per fare il proprio lavoro. Non possiamo dimenticare infatti che proprio nella provincia di Nuoro c’è il CPR di Macomer, per certi versi il peggiore e il più terribile d’Italia (anzi, la Nuova Sardegna, il principale quotidiano dell’isola, l’ha semplicemente definito un “lager nazista”).[2] Gli esposti in materia recentemente presentati alle procure di Nuoro e di Oristano dalle associazioni Naga e LasciateCIEentrare assieme alla parlamentare Ghirra sembrano il copione di un film dell’orrore: muri e pavimenti cosparsi di sangue, un uomo gasato col peperoncino, nordafricani usati come ascari, pestaggi sistematici durati ore e vere e proprie torture.[3] Le notizie più recenti parlano di due tentati suicidi il 13 febbraio, con una successiva protesta collettiva; e di un grave atto di autolesionismo il 28 febbraio. Un uomo senegalese, convivente con una cittadina italiana, ha ingerito delle batterie e un anello proprio davanti alle guardie, per non essere deportato nel suo Paese, dove sostiene di correre gravi pericoli.
Sin qui questa recensione si è occupata del rapporto e della differenza fra realtà e finzione letteraria. Nella realtà, dubito che i succitati esposti avranno alcun seguito, per il semplice fatto che nessun sistema condanna se stesso (anzi, solitamente non indaga neanche). Fortunatamente, però, la letteratura esiste anche per evadere dalla realtà e per presentarci un mondo diverso. Nella prossima inchiesta di Nada Senes, mi farebbe piacere vedere l’integerrima commissaria indagare sui suoi colleghi corrotti e sui torturatori di Macomer, portandoli finalmente alla giustizia. Fortunatamente, sognare non è reato.
[1] Vedasi i due articoli di Franco Colomo «Invisibili» e «Storie di ordinaria discriminazione», L’Ortobene, 13 maggio 2021 e 13 gennaio 2022, v. https://www.ortobene.net/invisibili/ e https://www.ortobene.net/storie-di-ordinaria-discriminazione/
[2] Claudio Zoccheddu, «Nell’inferno del Cpr di Macomer. “Migranti trattati come in un lager”», La Nuova Sardegna, 16 ottobre 2024, p. 7.
[3] Vedasi il report di Naga «A porte chiuse», liberamente consultabile online: https://naga.it/2024/10/15/report-a-porte-chiuse/
Le trame dei due romanzi (dalle quarte di copertina):
Eroina – Nada Senes è la prima vicecommissaria nera italiana. Dopo i trascorsi nei NOCS e un incidente in elicottero in cui ha perso la sua squadra, viene prosciolta da ogni responsabilità e assegnata alla questura di Nùoro, la città della Sardegna interna dove aveva vissuto alcuni anni d’infanzia. È la prima settimana del nuovo incarico di Nada, nel novembre 2019, quando viene trovato in campagna un cadavere non identificabile di un nero, due minorenni muoiono per overdose e un orso fugge dallo zoo privato di un ex sequestratore che gestisce il traffico di cocaina. Nada con la sua nuova squadra avvia le indagini per la identificazione del cadavere e le cose si complicheranno per l’entrata in scena di un gruppo di spacciatori nigeriani che controllano il mercato dell’eroina nel Nord Sardegna. Fra boss dello spaccio o aspiranti tali, prostitute-schiave, investigatori corrotti, pubblici ministeri che dalla vicecommissaria Senes si attendono un riscatto da lei invece respinto, Nada dovrà fare i conti con una vicenda ingarbugliata che la metterà ogni giorno di più di fronte ai fantasmi della propria esistenza e rinnoverà i traumi causati da una società incapace di comprendere la diversità.
Spice – L’estate 2024 vede tornare in azione Nada Senes, prima commissaria nera italiana, dopo le azioni poliziesche narrate in Eroina. Durante un servizio di perlustrazione in elicottero sopra le campagne della Sardegna centrale, Nada vede due persone in fuga. Dopo averle inutilmente inseguite a terra, scopre un campo di marijuana e il cadavere di un prete indiano, torturato e ucciso dentro una chiesa diroccata. Scatta l’indagine sul passato del sacerdote, appena nominato parroco di un villaggio senza parrocchiani per sottrarlo alle chiacchiere circolanti sul suo conto nel paese del precedente incarico. Il clamore della vicenda attira i mezzi d’informazione, e l’interesse di una intraprendente giornalista. Intanto le piantagioni di cannabis legale vanno a fuoco e una nuova droga sintetica – spice – addizionata alla marijuana provoca un’ondata di suicidi. Nada vive un rapporto sempre più complesso con la piemme Letizia Ruju; è bloccata in un dialogo immaginario con Macellari, il collega corrotto in coma dopo la sparatoria avvenuta cinque anni prima. Nada: alla ricerca di verità vecchie e nuove e di sé stessa, ma forse solo incapace di capire se davvero vuole essere la poliziotta che è.
Scheda Autore Mauro Pusceddu Titolo Eroina Traduzione – Editore Il Maestrale, 2022 Info 448 pp., 20,00€
Marco Gabbas è nato a Nuoro nel 1988 e vive a Budapest, dove fa l’insegnante. Si è occupato per diversi anni di storia politica dell’età contemporanea, pubblicando svariati saggi in materia su riviste accademiche internazionali. Ha pubblicato nel 2023 “Inferno a Rosarno” (romanzo breve sulle rivolte dei braccianti africani) e nel 2024 un libro di storia orale sulla balbuzie, entrambi col l’editore Calibano.
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