Escalation turca contro il Rojava
La minaccia di un’offensiva via terra nell’Amministrazione autonoma della Siria del nord-est (Rojava), annunciata da tempo e a lungo rinviata, prende sempre più consistenza. La netta conferma ricevuta a fine maggio dall’esito del voto favorevole al regime di Ankara non poteva certo lasciare indifferenti le ambizioni nazionaliste della Grande Turchia. L’intensificarsi di attacchi con droni e artiglieria da parte delle truppe di Erdogan e delle milizie jihadiste alleate, nei giorni scorsi, ha colpito anche forze governative siriane e perfino dei soldati russi, potenti alleati di Damasco, un segnale difficile da interpretare proprio mentre sembra che Mosca, la Siria di Assad ed Erdogan siano intenzionati a favorire il dialogo diplomatico in nome di evidenti interessi geostrategici. Ben più chiara è invece purtroppo l’escalation di attacchi, sempre con droni ed artiglieria, nei confronti dei cantoni e dei villaggi del Rojava, dove le aggressioni armate turche e jihadiste sono quotidiane e non sono mai cessate. Le possibilità di una imminente vera invasione via terra si stanno però facendo molto più consistenti, come spiega bene il servizio di Radio Onda d’Urto, che segue da sempre in modo appassionato e con grande attenzione la guerra “invisibile” contro la Confederazione autonoma
L’Amministrazione autonoma della Siria del nord e dell’est è da alcuni giorni sotto intenso e crescente attacco dell’artiglieria e dei droni turchi, con aerei da guerra che sorvolano costantemente l’area. Dalla rielezione del presidente della Repubblica di Turchia Erdogan, e la conferma del governo Akp-Mhp, si assiste a un’escalation negli attacchi contro il Rojava, ma anche sulle montagne del Kurdistan iracheno, contro la guerriglia del movimento di liberazione curdo.
Secondo quanto riportato da diverse agenzie, intanto, almeno 8 soldati delle forze governative siriane sono stati uccisi e altri 10 feriti nelle ultime 24 ore a causa dei bombardamenti turchi sulle loro posizioni a Til Rifat. Secondo le informazioni provenienti dalla regione, da martedì sera sono in corso attacchi con droni e artiglieria da parte dell’esercito turco e delle sue forze jihadiste a Shehba e nel distretto di Sherawa, nella parte del cantone di Afrin non occupata dalla Turchia.
Lunedì, l’attacco di un drone turco contro un veicolo blindato sempre a Shehba ha ucciso un soldato russo e ne ha feriti altri tre. Ieri sera l’esercito turco ha colpito anche una base russa nei pressi di un villaggio sempre nell’area di Shehba.
Nonostante gli attacchi abbiano colpito i propri soldati e quelli del potente alleato russo, il regime di Damasco finora non ha preso provvedimenti significativi. Bashar Al-Assad si sarebbe limitato a dichiarare, ieri, che le priorità del suo governo sono il ritiro della Turchia dal territorio siriano e la lotta al terrorismo. Anche la Federazione russa non ha risposto, finora, in alcun modo né ha rilasciato dichiarazioni in merito.
Al contrario, vale la pena ricordare che da mesi sono ripresi i contatti tra Mosca, Ankara e Damasco, con la partecipazione anche dello stato iraniano, in una sorta di riedizione dei colloqui di Astana sulla guerra civile siriana. La Federazione russa sta provando a mediare un qualche tipo di accordo tra i suoi alleati per quanto riguarda la Siria. Non è mai stato reso pubblico nulla a riguardo, ma è evidente che qualcosa si muove. Soltanto pochi giorni fa, diversi media hanno riportato che l’esercito russo ha abbandonato, svuotato, le proprie basi proprio nell’area di Shehba, e sono circolate le immagini dei contingenti russi che abbandonano l’area. Lo stesso era accaduto nel 2018 alla vigilia dell’invasione e occupazione turca di Afrin, dove prima dell’attacco turco erano presenti contingenti militari russi. E le stesse immagini avevano visto protagonisti i soldati statunitensi prima dell’invasione turco-jihadista del cantone di Serekanye nel 2019.
Tornando agli attacchi di questi giorni: sabato scorso tre membri delle Unità di Difesa del Popolo (Ypg) – parte delle strutture militari della rivoluzione confederale – sono stati uccisi in un attacco mirato di droni da parte della Turchia nel sud di Tel Rifat. Altri due sono rimasti feriti. Nello stesso periodo, le forze di occupazione jihadiste turche hanno anche effettuato tentativi di incursione via terra nella regione.
Anche le città di Manbij e Kobanê sono prese di mira dagli attacchi dei droni turchi. A Manbij, quattro combattenti del consiglio militare locale sono stati uccisi e altri due sono rimasti feriti in un bombardamento effettuato da droni turchi.
L’Ufficio stampa del Consiglio militare di Manbij ha rilasciato una dichiarazione secondo cui i combattenti del Consiglio militare di Manbij sono stati presi di mira da un attacco di droni dello Stato turco mentre si recavano al villaggio di Dendeiyê, a nord-ovest di Manbij, per soccorrere due bambini che erano stati feriti in un attacco al villaggio, che è sotto il fuoco dell’artiglieria dalle prime ore di questa mattina. 4 di loro sono rimasti uccisi, altri sono rimasti feriti.
Un altro attacco di droni turchi contro una casa nel villaggio di Ereb Hesen ha causato la morte di un civile. Nei dintorni di Kobanê, tre persone sono state ferite in un attacco di droni lunedì.
C’è stato poi un attacco nei pressi di una fabbrica di cemento vicino al villaggio di Shorek, sulla strada che collega le città di Qamislo e Tirbespiyê, la cui modalità ricalca, a quanto si apprende, quella utilizzata dall’aviazione turca nei bombardamenti dello scorso 20 novembre, quando vicino Derik, dopo che gli aerei da guerra turchi avevano bombardato un villaggio, un drone aveva individuato e colpito i veicoli dei soccorsi arrivati successivamente sul posto, uccidendo 11 persone.
I territori della rivoluzione confederale nella Siria settentrionale e orientale vengono attaccati ogni giorno dalla Turchia. Tuttavia, l‘intensificarsi degli attacchi in queste zone desta particolare preoccupazione perché la città di Manbij – città a maggioranza araba, liberata nel 2016 dalle Forze Siriane Democratiche dopo anni di occupazione da parte di Daesh e da allora parte dell’Aanes – è stata indicata dal capo di stato turco Erdogan nel 2022, insieme proprio a Tel Rifat, come primo obiettivo di una nuova guerra di aggressione contro la regione autonoma.
Secondo i piani del governo turco, infatti, queste due città devono diventare teste di ponte per una nuova invasione dell’Amministrazione autonoma, finalizzata alla creazione di una striscia di terra della profondità di 30 km lungo il confine turco-siriano che, di fatto, porrebbe fine all’autogoverno rivoluzionario iniziato in quei luoghi con la rivoluzione del luglio 2012.
L’Amministrazione autonoma della Siria del nord-est è nata da questo processo rivoluzionario, ispirato dalle idee di Abdullah Ocalan, con l’obiettivo di sviluppare l’autogoverno della società secondo i princìpi della democrazia diretta, dell’ecologia radicale, dell’autonomia delle donne e della convivenza pacifica tra le numerose culture presenti nel territorio. Un modello che, come dimostrano le rivolte che da mesi attraversano l’Iran, può essere fonte d’ispirazione per tutte le popolazioni dell’area. Per questo motivo è sotto il costante attacco non soltanto della Turchia, ma di tutti gli stati nazione interessati a imporre la propria egemonia nella regione.
Le vicende di questi giorni vanno seguite con attenzione anche perché il prossimo 24 luglio ricorrerà il centenario dei Trattati di Losanna del 1923 i quali, al termine del conflitto tra la neonata Repubblica di Turchia e la Grecia subito dopo la Prima guerra mondiale e il crollo dell’Impero Ottomano, hanno di fatto definito i confini odierni dello stato turco. Confini che però non corrispondono all’idea di “Grande Turchia” dei nazionalisti turchi. Un’idea condivisa e rivendicata dal regime di Ankara e dai partiti che lo guidano, l’Akp di Erdogan e i Lupi grigi dell’Mhp.
Tra le altre cose i Trattati di Losanna definirono i confini dell’odierna Siria e dell’odierno Iraq. Nel progetto imperialista di Erdogan, che per questo viene spesso definito neo-ottomano, i territori del nord della Siria e dell’Iraq settentrionale, così come Cipro, le isole della Grecia e pezzi di Armenia, sono parte della Grande Turchia.
17/6/2023 https://comune-info.net/
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