Esiste una Gig economy?
di Kim Moody2
Il lavoro sicuro non è mai stato una caratteristica del capitalismo. Poiché la concorrenza spinge l’accumulazione da un settore, o da un luogo, all’altro nella ricerca di profitti attraverso gli alti e bassi delle crisi periodiche, questa altera necessariamente i modelli occupazionali e l’organizzazione del lavoro. Nel lungo periodo, il capitalismo degli Stati Uniti ha spostato l’occupazione dall’agricoltura e dall’industria a lavori spesso etichettati come servizi.
Per un breve periodo successivo alla seconda guerra mondiale fino alla metà degli anni ’70, il sistema delle economie capitaliste sviluppate sembrava garantire un po’ di sicurezza ai settori della classe operaia, soprattutto in quello della produzione. Questa illusione venne eliminata con l’aumento della turbolenza economica che caratterizzò l’era neoliberista, a partire dall’inizio degli anni ’80, quando furono cancellati milioni di posti di lavoro nella manifattura mentre la produzione continuava a crescere.
Insieme a crisi più profonde, metodi di produzione più snelli e nuove forme di misurazione e di sorveglianza del lavoro hanno portato non solo alla sua intensificazione attraverso lo “sviluppo costante” che ha distrutto i posti di lavoro, ma anche l’outsourcing verso imprese a basso reddito localizzate spesso appena fuori dall’ “autostrada” o all’estero. I tassi di partecipazione della forza lavoro sono diminuiti e l’insicurezza è diventata la norma per milioni di esclusi prodotti da tali cambiamenti.
Nel bel mezzo di questi cambiamenti strutturali, che spesso provocano disorientamento, alcuni commentatori e accademici hanno visto quello che ritengono sia l’ascesa di nuovi tipi di lavoro intrinsecamente più instabili e irregolari rispetto a quelli dell’ultimo mezzo secolo e più.
L’ascesa di piattaforme digitali come Uber e TaskRabbit sembrava indicare una nuova forza lavoro che alcuni accademici hanno etichettato come “precariato”, presumibilmente, secondo alcuni studiosi, una nuova classe di lavoratori privi di un impiego a tempo indeterminato e reti sociali di tipo tradizionale3.
Nella maggior parte delle analisi empiriche sulla “gig-economy” vengono annoverate ad essa anche forme di lavoro irregolare più vecchie come gli appaltatori indipendenti, i lavoratori autonomi, i titolari di più posti di lavoro e i lavoratori temporanei delle agenzie interinali. Mentre il termine “gig” era una parola utilizzata dai musicisti jazz per un lavoro che durasse molto tempo, rimane un mistero quel genio che ha coniato il termine “gig economy”. Tuttavia, le istituzioni del National Bureau of Economic Research del JPMorgan Chase Institute hanno pubblicato studi sull’aumento dell’occupazione irregolare, mentre i principali quotidiani hanno riferito e trattato la probabile tendenza4.
La Freelancers Union / Upwork dichiarò che circa 54 milioni di americani lavoravano come liberi professionisti, una affermazione che portò ad una risposta dell’Economic Policy Institute sostenuto dal sindacato5. Il programma “Fresh Air” della National Public Radio ha dichiarato “Goodbye Jobs, Hello Gigs” e ha definito “gig” la parola dell’anno 2016, nonostante quanto accadeva realmente quell’anno6.
Come mostrano le statistiche recenti, tuttavia, questo gruppo di lavori irregolari non ha sostituito i rapporti di lavoro “tradizionali”. Nella migliore delle ipotesi questo è un aspetto piuttosto irrilevante delle condizioni di declino della classe lavoratrice negli Stati Uniti, e in realtà questi tipi di lavori non sono cresciuti rispetto all’occupazione nel settore privato anche nelle condizioni della crisi seguite al 2008. Ciò che si è sviluppato dall’inizio degli anni ’80 non è tanto una “gig economy”, quanto un’economia capitalista con i suoi violenti alti e bassi e le sue continue dislocazioni, in cui l’occupazione e il reddito della classe operaia non sono mai sicuri.
Quali sono le dimensioni del lavoro precario?
Nel giugno 2018, l’US Bureau of Labor Statistics (BLS) ha finalmente pubblicato il tanto atteso sondaggio sui lavoratori a contratto (CWS) come i precari, gli irregolari o le occupazioni “non tradizionali”. Questo è il primo sondaggio relativo a questo tipo di “lavori a contratto e alternativi”, come vengono definite dal BLS le varie forme di lavoro irregolare, dal 20057.
In contrasto con le numerose proiezioni approssimative di un lavoro precario in crescita, il nuovo sondaggio BLS mostra un leggero calo della percentuale di queste forme di lavoro irregolare, dal 10,7% della forza lavoro complessiva nel 2005 si è passati al 10,1% nel 2017. Il numero totale di tali lavori nel sondaggio BLS è cresciuto da 14.826.000 nel 2005 a 15.482.000 nel 2017, con un incremento in 12 anni relativamente modesto pari a 656.000 posti di lavoro o del 4,6%.
Inoltre, il numero totale di lavoratori dipendenti, è cresciuto più rapidamente per un ammontare di 14.379.000 o del 10,4%. Pertanto, secondo i dati BLS, quasi il 90% degli occupati viene impiegata in lavori “tradizionali”, indipendentemente dal fatto che siano effettivamente sicuri. Il New York Times ha riportato i risultati del BLS con il titolo: “Come la Gig Economy sta trasformando il lavoro: non così tanto”. L’editore di Left Business Observer Doug Henwood, scrivendo per Jacobin online, ha titolato allo stesso modo la sua analisi “No, non è una gig economy”. Un commento dell’Istituto di politica economica sul nuovo rapporto BLS concorda sul fatto che” non stiamo diventando una nazione di freelancer”8.
La tabella I presenta una versione modificata dei sondaggi BLS del 1995, 2005 e 2017. L’unica differenza rispetto ai dati BLS è che ho sostituito ilrisultati più elevati delle Current Employment Statistics (CES) relativi all’occupazione temporanea dei servizi a domicilio rispetto ai dati del BLS Current Population Survey (CPS) su cui si basa il CWS.
Ritengo che queste cifre molto più elevate siano più accurate perché si basano sulle risposte di circa 145.000 aziende che hanno registri delle persone che impiegano, mentre circa la metà delle circa 60.000 risposte al sondaggio BLS-CPS provengono da “proxy”9, membri diversi della famiglia oltre che dai titolari del lavoro.
Inoltre, ho inserito separatamente una misura più ampia dei “part-time per motivi economici” e non ho utilizzato i dati del BLS sui lavori “casuali”, che sono semplicemente una misura del fatto che chi risponde al sondaggio si aspetta di mantenere il proprio lavoro per un anno o più. Questo può dirci qualcosa sul senso di insicurezza dell’individuo riguardo all’occupazione, ma in realtà non ci dice da quanto tempo l’intervistato ha prestato questo lavoro oppure non descrive la natura del lavoro stesso.
Tabella 1. L’assetto dei lavori alternativi, 1995, 2005 e 2017 (in migliaia)
Tipo di occupazione | 1995 | 2005 | 2017 |
Liberi professionisti | 8.309 | 10.342 | 10.614 |
A chiamata | 2.078 | 2.454 | 2.579 |
Lavoro temporaneo nei Servizi di assistenza (CES)* | 2.189 | 2.549 | 2.927 |
Lavori a contratto vincolante | 652 | 813 | 933 |
Totale dei lavori alternativi | 13.228 | 16.158 | 17.053 |
Totale occupati | 123.208 | 138.952 | 153.331 |
% lavori alternativi sul totale | 10.7% | 11.6% | 11.1% |
(% lavori alternativi BLS) | 10.0% | 10.7% | 10.1% |
*Ho sostituito i dati del BLS Current Employment Statistics (CES) per servizi di assistenza temporanea, che è significativamente più grande del dato del BLS /Current Population Survey (CPS) e ha maggiori probabilità di essere accurato poiché si basa sulle risposte del datore di lavoro piuttosto che su una combinazione tra un proxy server e le risposte dirette.
Sfortunatamente, non esistono dati equivalenti delle CES per le altre categorie di lavoro alternativo nel rapporto BLS / CPS. Nel caso dei “liberi professionisti”,tuttavia, le cifre BLS per i “lavoratori autonomi senza personalità giuridica”, la maggior parte dei quali sono liberi professionisti nella definizione BLS, sono quasi sempre le stesse nel tempo, quindi i dati BLS relativi ai liberi professionisti è probabilmente piuttosto accurata.
Inoltre, come osserva l’Economic Policy Institute, la stima BLS dei liberi professionisti è simile a quella che esclude quei lavoratori autonomi che impiegano altri lavoratori10. (Il numero dei lavoratori “a chiamata” e di quelli “a contratto” è relativamente modesto, pertanto è un numero che non influisce seriamente sul risultato).
La versione modificata dei dati BLS riprodotti per tutte e tre le indagini BLS nella tabella I mostra un aumento dei lavori irregolari pari a 3,8 milioni dal 1995 – un incremento significativo, ma un paradigma che difficilmente possa alterare gli aumenti di una forza lavoro occupata di oltre 150 milioni. Tuttavia, non mostrano nessun aumento significativo del lavoro precario rispetto alla forza lavoro occupata. Il BLS fornisce altri dati a prova del fatto che la crescita del lavoro irregolare è piuttosto modesta e che la “gig economy” continua ad essere un sottoinsieme relativamente piccolo della forza lavoro totale.
Significativamente, i dati BLS / CPS nella Tabella II per i “Millennial”11, che a volte si dice siano le principali vittime della precarietà, non mostrano alcun aumento ed essendo al 7,2% sono in realtà inferiori alla media della quota complessiva di tutti coloro che fanno un lavoro alternativo.
Naturalmente, il periodo di lavoro, che non viene contemplato nel sondaggio BLS, è molto più breve della media per quelli nella colonna “Millennial” di 20-34 anni, il che significa che l’esperienza della precarietà è piuttosto reale12.
Tabella 2. Millennials, età 20-34 (in migliaia).
Tipo di occupazione | 1995 | 2005 | 2017 |
Liberi professionisti | 1.839 | 1.876 | 1.923 |
A chiamata | 772 | 890 | 77 |
Temporanei nell’assistenza (BLS)** | 636 | 564 | 498 |
A contratto | 337 | 292 | 277 |
Totale lavori alternativi | 3.584 | 3.622 | 3.477 |
** In questo caso sono stati utilizzati i dati originali CPS del BLS poiché i dati CES non includono l’età.
Fonte: BLS (2005). Contingent and Alternative Employment Arrangements, February 2005, USDL 05-1433, July 27, 2005, Tables 1 & 5; BLS (2018) Contingent and Alternative Employment Arrangements Summary, USDL 18-0942, June 7, 2018, Tables 1 & 5; BLS (2018) Current Employment Statistics—CES (National) Establishment Data, Table B-1b, Employment and earnings on nonfarm payrolls by industry sector, disponibile nel sito https://www.bls.gov/web/empsit/ceseeb1b.htm.
Il mancato aumento significativo dei posti di lavoro irregolari viene ulteriormente supportato dagli “altri” dati sulla precarietà presenti nella tabella 3, che non mostrano alcun aumento complessivo dei lavori nella “gig economy”. La relativa stabilità dei titolari di più posti di lavoro, un dato BLS che conta tutti i lavori ricoperti da persone intervistate ela sua progressiva diminuzione rispetto all’occupazione totale, non indica alcun aumento reale di coloro che lavorano più di un “gig”.
Come sottolineato in precedenza, il lavoro autonomo deriva esclusivamente dai “liberi professionisti”. “Il part-time per motivi economici” mostra un certo incremento, ma è un fenomeno ciclico che aumenta nelle recessioni e diminuisce nelle fasi di ripresa. Questi dati non possono essere aggiunti al totale di quelli disponibili sull’occupazione alternativa perché si sovrappongono in modi che non possiamo valutare.
Pertanto, sebbene sia possibile che nei sondaggi del BLS vi siano dati sottostimati o sovrastimati, a meno di non ipotizzare che tutti i dati del BLS degli ultimi decenni siano inutilizzabili, non emergono prove concrete di un’espansione della gig economy.
Tabella 3 Altri dati sull’occupazione irregolare (in migliaia).
Tipo di occupazione | 2005 | 2017 | +/- |
Titolari di più lavori | 7.546 | 7.545 | -1 |
Lavoratori autonomi e non facenti parte di società | 10.464 | 9.526 | -938 |
Part time per ragioni economiche | 4.352 | 5.252 | 900 |
Fonte: BLS (2018) CPS, Databases, Tables & Calculators by Subject, https://data.bls.gov/pdq/SurveyOutputServlet.
La tabella IV mostra che le occupazioni della classe media e della classe operaia sono state influenzate in proporzioni dello stesso tipo, sebbene il numero di operai che facevano un lavoro alternativo fosse molto più grande e vi fosse una notevole variazione a seconda del tipo di occupazione. In altre parole, l’espansione del lavoro irregolare ha avuto un impatto su tutte le classi tranne gli strati più alti del capitale.
L’aumento dei lavori della piattaforma digitale come Uber o Task Rabbit non ha ancora avuto un impatto sui dati. Secondo un’indagine nel 2015 rappresentavano lo 0,05% di tutti i posti di lavoro13. Sebbene da quell’anno queste fonti siano certamente aumentate, hanno finora avuto un impatto su una piccola parte della forza lavoro. La BLS promette di pubblicare a settembre una rilevazione di tali lavori.
Tabella 4. Dati sul lavoro alternativo e i principali tipi di occupazione, 2017 (in migliaia)
Occupazione | Totale | Alternativa | % sul totale |
Classe media | |||
Management, professionale e affini | 60.901 | 6.277 | 10,3% |
Classe operaia | |||
Servizi | 26.751 | 2.949 | 11,0% |
Vendita- Ufficio | 33.566 | 2.312 | 6,9% |
Risorse naturali, costruzioni ed affini | 14.193 | 2.310 | 16,3% |
Produzione, trasporti, movimento materiali | 17.927 | 1.693 | 9,4% |
Totale Classe operaia | 92.437 | 9.264 | 10,0% |
Fonte: BLS (2018) Contingent and Alternative Employment Arrangements—May 2017, USDL 18-0942, June 7, 2018; Labor Force Statistics from the Current Population Survey, Table 11. “Employed persons by detailed occupation, sex, race, and Hispanic or Latino ethnicity” 2017, disponibile nel sito https://www.bls.gov/news.release/conemp.nr0.htm.
Sondaggi contrastanti
Naturalmente, il dibattito sulla precarietà non finisce qui. L’indagine alternativa più frequentemente citata sui tipi di lavoro precario è quella di Lawrence Katz di Harvard e di Alan Krueger di Princeton14.Fatta nel 2015, utilizzando le stesse categorie e le domande leggermente modificate impiegate dal BLS nei sondaggi del 1995 e del 2005, i suoi autori affermano che coloro che lavorano in ” tipologie di lavoro alternativo” nel 2015 costituivano il 15,8% della forza lavoro – mostrando un balzo di quasi il 50% rispetto a quello del BLS pari al 10,7% per il 2005 e un valore molto più elevato rispetto al 10,1% del dato BLS per il 201715.
Cosa potrebbe giustificare un aumento così radicale? Sebbene le domande nel sondaggio di Katz e Krueger (K&K) fossero per lo più le stesse del sondaggio BLS, non lo erano il campione e il metodo di raccolta dei dati. Come sottolineato dagli autori, il loro campione era molto più piccolo, 3.850 intervistati rispetto ai circa 60.000 per il BLS / Current Population Survey (CPS).
Inoltre, il loro campione era “un po’ più giovane” e i loro “guadagni settimanali erano considerevolmente più alti rispetto agli intervistati CPS”16. Quest’ultima differenza farebbe aumentare il numero di liberi professionisti, lavoratori a chiamata e quelli forniti da un’impresa appaltatrice a causa dell’elevata percentuale di “occupazioni da manager, professionali e correlate” in queste categorie (43,4%, 35,6% e 49,1% rispettivamente secondo i dati BLS)17.
L’età più giovane degli intervistati sarebbe la causa di una durata del lavoro inferiore alla media. Inoltre, mentre i sondaggi BLS sono stati condotti a febbraio e a maggio, quelli di K&K sono stati condotti a ottobre e novembre. K&K sostengono che in quei mesi non vi è alcun aumento del lavoro precario. Tuttavia, questo è un periodo dell’anno in cui i dati sull’occupazione nei settori della vendita al dettaglio e delle imprese connesse, in gran parte temporanea, nonché le cifre relative a coloro che fanno più lavori mostrano ogni anno aumenti consistenti dovuti ai consumi legati alle festività18. Infine, un sondaggio online ha sicuramente influenzato la crescente massa di lavoratori a basso reddito nei lavori “tradizionali”19.
Date queste differenze significative nei campioni, sembra probabile che se K&K avessero usato un campione simile nel 1995 e nel 2005 avrebbero avuto un risultato simile ed estremamente più ampio rispetto ai sondaggi BLS / CPS per quegli anni. Di conseguenza, la tendenza nel tempo non avrebbe visto un grosso aumento nel 2015, per cui verrebbe invalidato il confronto tra i dati BLS del 2005 e quelli del 2015.
I confronti BLS / CPS sono coerenti nel tempo, mentre quelli di K&K no, ed è questo confronto discutibile che consente a K&K di affermare che il 95% di tutti i nuovi posti di lavoro tra il 2005 e il 2015 erano “lavori alternativi”. Ancora una volta, essi usano per il 2005 un valore dell’occupazione totale diverso e maggiore rispetto al BLS in modo da ottenere un aumento totale inferiore con cui confrontare il loro dato relativo al 2015 molto più grande per i “lavori alternativi”.
I dati BLS / CPS mostrano dal 2005 al 2017 i posti di lavoro alternativi sono aumentati di 656.000, che equivale al 4,6% dell’aumento dell’occupazione totale. Anche la mia cifra di 895.000 unità che è più alta sarebbe solo il 5,5% della crescita dell’occupazione totale.
Un rapporto della Federal Reserve del maggio 2018 sul “benessere economico” nel 2017 sostiene che quasi un terzo (31%) degli adulti è occupato in un “lavoro gig”. L’indagine della Fed è stata condotta da una società privata e non sembra essere davvero casuale.
Questa ditta ha utilizzato un processo di reclutamento molto impegnativo per il campione del sondaggio. Di conseguenza, solo il 12% di coloro che sono stati contattati ha accettato di partecipare e solo la metà di quelli (circa 12.000) ha effettivamente compilato le domande del sondaggio. Inoltre, il sondaggio della Fed riguarda principalmente le entrate e considera “una visione ampia della gig economy” che include attività che di solito non vengono considerate come posti di lavoro, come vendere degli oggetti direttamente o su eBay, partecipare a un mercato delle pulci o affittare una stanza attraverso Airbnb (un portale online che mette in contatto persone in cerca di un alloggio o di una camera per brevi periodi NdR.), ecc.
La maggior parte di queste attività “gig” che generano reddito, viene osservato, non si aggiunge e non è in alternativa ad un normale lavoro “tradizionale”20. Quindi, per esempio, attraverso questo metodo, le minuscole entrate che ho derivato dai diritti d’autore su un libro che ho scritto precedentemente mentre lavoravo a tempo pieno a Labor Notes o successivamente al Brooklyn College, con questo standard, sarei stato inquadrato nella “gig economy” se qualcuno avesse utilizzato i termini di allora. Questa, a mio avviso, non è una misura reale del lavoro precario o alternativo o addirittura freelance21.
Infine, la tabella I mostra che i maggiori aumenti del lavoro irregolare si sono verificati tra il 1995 e il 2005, prima che qualcuno parlasse di “gig economy”. Credo che questa sia stata una conseguenza della rapida ristrutturazione del capitale negli anni ’90.
Il tempismo è importante in questo senso. È significativo che la prima serie di indagini incentrate sul lavoro precario è stata fatta negli anni ’90, quando ormai il declino dei lavori nella manifattura degli Stati Uniti risultava evidentemente essere permanente e si era consolidato lo spostamento dei lavoratori in lavori a basso reddito o al di fuori della forza lavoro. Ciò si è verificato anche in occasione della più grande ondata di fusioni e acquisizioni (M & As) nella storia degli Stati Uniti che ha raggiunto il suo punto più alto nel 2000 e stabilizzandosi successivamente22.
L’andamento delle fusioni è stato ovviamente accompagnato da un significativo ridimensionamento e riorganizzazione del lavoro. Come hanno sottolineato Cappelli e Keller non solo le indagini BLS, ma tutte le indagini nazionali sui datori di lavoro del Census Bureau’s National Employer Surveys sul lavoro irregolare o sulle fonti di reddito, sono state formulate negli anni ’90. La terza e più completa di queste indagini, condotta nel 2000, è stata quella in cui si afferma sia stata “motivata dalle preoccupazioni per la ristrutturazione aziendale degli anni ’90”23.
La crescente ondata di fusioni e acquisizioni, la ristrutturazione delle catene di approvvigionamento ed altri trasformazioni organizzative hanno prodotto un certo aumento del lavoro irregolare, ma l’impatto sembra essersi dissipato dopo il 2005. Nonostante tutte le ristrutturazioni e le crisi ricorrenti, la stragrande maggioranza dei posti di lavoro rimane “tradizionale” nel quadro dei rapporti di lavoro capitalistici.
La grossa tendenza della classe lavoratrice verso l’insicurezza.
Un aspetto importante della ristrutturazione post-1980 e delle ricorrenti crisi del capitalismo USA è stato il rapido declino del tasso di partecipazione della forza lavoro maschile, dal 75,1% nel 1994 al 69,0% nel 2014, mentre quello delle donne è diminuito solo leggermente dal 58,8% al 57,0% in quello stesso periodo. Il “mistero” del declino del tasso di occupazione di genere è quindi un fenomeno in gran parte maschile.
Forse quello più significativo è stato il declino del gruppo maschile più importante degli “adulti” tra 25 e 54 anni, con meno probabilità di andare in pensione, di andare a scuola o di assumersi la responsabilità dell’assistenza familiare, che in quegli anni è passato dal 91,7% all’88,2%, mentre quello delle donne adulte è sceso solo leggermente passando in quel periodo dal 75,3% al 73,9%24.
Inoltre, il rapporto del 2016 della Casa Bianca, durante l’amministrazione Obama, sulla caduta della partecipazione della forza lavoro maschile in età adulta ha rilevato che l’83% dei rinunciatari non aveva lavorato nell’anno precedente, rispetto al 73% nel 198825. Mentre il tasso di disoccupazione tendeva a salire e a scendere in modo significativo con gli alti e i bassi dell’economia, il numero di coloro che hanno abbandonato la forza lavoro è aumentato nel tempo con solo delle lievi fluttuazioni.
I “flussi” in uscita dalla forza lavoro e coloro che hanno rinunciato alla ricerca di un lavoro identificati dal BLS ci danno una idea abbastanza buona di questa tendenza. Le tabelle V e VI mostrano che nel corso degli anni sempre più persone hanno lasciato la loro occupazione e le liste dei disoccupati uscendo così dalla forza lavoro. Negli anni successivi alla recessione, dal 2010 al 2017, quasi tre milioni di maschi hanno lasciato in media ogni anno la forza lavoro per arruolarsi nell’esercito industriale di riserva nonostante ci fosse un periodo di “ripresa” economica.
Per la maggior parte, questo non era essenzialmente un atto volontario. Tra coloro che sono già usciti ma vogliono un lavoro vi è un numero crescente di scoraggiati, così come quelli che vogliono lavorare e si reputano “disponibili al lavoro” ma hanno rinunciato a cercarlo.
Tabella 5. Flussi medi annuali di coloro che entrano “Non nella forza lavoro”.
Anni* | Dalla disoccupazione | Dalla occupazione |
2010-2017 | 1.114.500 | 1.742.625 |
2000-2009 | 867.000 | 1.565.800 |
1994-1999 | 680.500 | 1.281.666 |
*Dicembre di ogni anno.
Fonte: BLS (2018) “Labor Force Flows Unemployment to Not in Labor Force, Men,” “Labor Force Flows Employment to Not in Labor Force, Men,” Databases, Tables & Calculators by Subject, https://data.bls.gov/pdq/SurveyOurputServlet
Tabella 6. Media annuale di quei maschi non nella forza lavoro che “Vuoi un lavoro ora, scoraggiato rispetto alle prospettive di lavoro” o “Vuoi un lavoro ora, sei disponibile a lavorare subito”.
Anni* | Scoraggiati | Disponibili a lavorare subito |
2010-2017 | 390.125 | 1.038.250 |
2000-2009 | 261.500 | 776.400 |
1994-1999 | 222.166 | 693.500 |
*Media annuale
Fonte: BLS (2018) “Not in Labor Force, Searched for Work and Available, Discouraged Reasons for Not Currently Looking, Men,” “Want a job now, Available to work now,” Databases, Tables & Calculators by Subject, https://dtat.bls.gov/pdq/SurveyOutputServlet.
Questo continuo aumento dell’esercito industriale di riserva non è stato determinato dall’aumento del lavoro irregolare, che è una forma di occupazione, ma soprattutto dal declino, verificatosi a partire dagli anni ’80, nei lavori della produzione manifatturiera in cui i maschi costituivano più del 70% della forza lavoro e da un recupero molto limitato, in particolare dal 2000.
Uno studio della Federal Reserve di San Francisco ha rilevato che il maggiore calo demografico di coloro che sono nell’età adulta tra 24 e 54 anni (sia uomini che donne) non è stato più modesto rispetto a quelli del quartile a basso reddito (25%), ma rispetto ai due quartili a reddito medio. Quelli del secondo quartile da 21.241$ a 41.160$ hanno subito tra il 2004 e il 2013 un calo di 2,4 punti percentuali nel loro tasso di partecipazione, mentre quelli del terzo quartile da 41.161$ a 71.916$ hanno subito un calo di 3,2 punti percentuali26.
Entrambi, ma in particolare l’ultimo quartile, indicano nei lavoratori manifatturieri sindacalizzati un elemento importante nel calo della partecipazione. Ciò viene ulteriormente supportato da uno studio di Brookings del 2016 che mostra un basso tasso di partecipazione tra i maschi adulti in “molti piccoli ex centri industriali in stati come il Michigan, l’Indiana e l’Ohio”27.
Come viene affermato in modo piuttosto incisivo nel rapporto della Casa Bianca di Obama, “un relativo declino della domanda di lavoro per occupazioni con competenze intermedie o a medio reddito potrebbe aver contribuito al declino della partecipazione negli anni ’90”. Il rapporto continua citando altri studi sulle conseguenze secondo cui “negli ultimi decenni il calo del grado di partecipazione alla forza lavoro per i maschi può essere spiegato dal declino delle opportunità di lavoro per i lavoratori di media professionalità e dalla loro riluttanza a trovare lavoro in altri settori e di professionalità diversa”.
Viceversa, negli stati in cui le quote di occupazione “attribuibili all’edilizia, all’estrazione mineraria e, in misura minore, all’industria manifatturiera sono più elevate, un numero maggiore di maschi in età adulta partecipa alla forza lavoro”28.
L’appartenenza all’esercito industriale di riserva, tuttavia, non è uno status permanente per molti di coloro che escono dalla forza lavoro. Ogni anno, nel periodo compreso tra il 2005 e il 2016, ad esempio, una media di circa il 7% di coloro che “non fanno parte della forza lavoro” rientra nella forza lavoro, sebbene tale percentuale sia scesa da un massimo del 7,8% nel 2011 al 6,8% nel 201629.
Mentre la maggior parte sembra aver rinunciato al lavoro per lunghi periodi, alcuni permanentemente, altri potrebbero aver svolto lavori “non tradizionali”; ma la maggior parte di coloro che alla fine hanno trovato lavoro sono stati costretti a lavorare per salari più bassi e meno benefit in quasi il 90% dei posti di lavoro considerati “tradizionali”.
In altre parole, il declino strutturale dell’industria manifatturiera che tra il 1979 e il 2017 ha subito l’eliminazione di 5,7 milioni di posti di lavoro non produttivi e non commerciali (26) è una fonte esageratamente grande del calo della partecipazione tra i maschi che occupavano in precedenza lavori a reddito medio e, di conseguenza, sono andati ad accrescere l’esercito industriale di riserva. Tuttavia, i flussi annuali in uscita dalla forza lavoro dei lavoratori di sesso maschile sono di gran lunga maggiori, in termini di dimensioni e conseguenze sociali, rispetto alla modesta crescita del lavoro “non tradizionale” o precario verificatasi negli ultimi due decenni.
La tendenza più significativa che riguarda coloro che appartengono alla classe lavoratrice di tutte le età e di tutti i sessi, tuttavia, è la crescita di posti di lavoro “tradizionali” a basso reddito, principalmente nel settore dei “servizi” e la conseguente stagnazione dei salari reali della classe lavoratrice iniziata molto tempo prima degli anni ’70.
Come ha dimostrato l’Economic Policy Institute per il periodo 1979-2007, le industrie che si sono espanse, principalmente nei servizi, hanno regolarmente pagato i lavoratori meno di quelle che hanno subito perdite di lavoratori, come l’industria manifatturiera30. Il National Law Employment Law Project ha stimato che dalla fine del 2014 il 42% dei lavoratori statunitensi guadagnava meno di 15 $ l’ora, una quota che sarebbe stata più elevata se i dati avessero incluso solo i lavoratori della produzione e di quelli senza compiti di supervisione31.
Nonostante qualche aumento a partire dagli anni ’90, i salari settimanali reali medi di tutti i lavoratori della produzione e senza compiti di supervisione si sono stabilizzati a 312,18 $ all’inizio del 2018 rispetto ai 315,44 $ del 197232.
In generale, l’aumento della forza lavoro a basso salario è stata quasi sicuramente un fattore importante nel contrastare ogni drammatico aumento delle “tipologie di lavoro alternativo”, poiché si è rivelato sostanzialmente più economico assumere un lavoratore a basso salario direttamente e per gli straordinari. Relativamente a quanto sta sperimentando la classe operaia, è più la perdita di un lavoro che in passato era ben retribuito nell’industria, il tempo passato nell’esercito industriale di riserva e il successivo impiego in lavori meno retribuiti rispetto al lavoro di tipo “gig” che definisce questa come un’epoca di crisi ricorrenti e di crescita modesta.
Un settore in espansione dove quasi un milione di lavoratori riescono a malapena a superare i 15 $ l’ora è la logistica33. Di recente, un organizzatore dei Warehouse Workers for Justice con sede a Chicago mi ha fatto notare che, con la diminuzione della disoccupazione, il salario dei magazzinieri peggio pagati è leggermente aumentato durante la lunga e lenta ripresa dal 2009, in quanto per i datori di lavoro del settore è diventato meno allettante pagare il 40% in più ad un’agenzia interinale che procura i lavoratori. Ciò è particolarmente vero in quanto il costo medio dei benefit per tutti i dipendenti non sindacalizzati dei servizi, una cifra gonfiata includendo i manager e professionisti, a marzo 2018 era solo del 29%.
Di conseguenza, è divenuta evidente la tendenza verso un impiego più diretto nei magazzini del gigantesco gruppo logistico di Chicago34. (31) Questo ci suggerisce il motivo per cui le cifre sul lavoro interinale e altre forme di lavoro precario non sono cresciute più rapidamente di quanto è risultato.
Sfortunatamente, il passaggio dai magazzinieri temporanei ai dipendenti veri e propri, con tutti i vantaggi e con salari leggermente più alti, comporta ancora un lavoro a basso costo, pericoloso, senza via d’uscita insieme a milioni di altri lavoratori, almeno fino a quando non si organizzano.
Organizzare in un’era di turbolenza
Se il capitale ha prodotto un’era di turbolenza, di ristrutturazione, di tagli e declino degli standard di vita e di lavoro, questa trasformazione non ha anche reso più difficile l’organizzazione dei lavoratori e più problematico l’esercizio del loro potere?
Il capitalismo con i suoi cambiamenti e le sue riorganizzazioni ricorrenti non è altro se non contraddittorio. Molte delle condizioni che ha creato negli ultimi due o tre decenni, dall’intensificazione del lavoro al calo dei salari reali, sono buoni motivi per ribellarsi, incluso fare dei lavori irregolari. Sono la conseguenza dell’inevitabile riproduzione nel capitalismo della lotta per il plusvalore, condotta in modo nuovo.
Tuttavia l’aggressività dei manager e i confronti legali e politici che ne seguono, particolarmente forti negli Stati Uniti, spesso rappresentano degli ostacoli a tale azione. Allo stesso tempo, la stessa ristrutturazione del capitalismo e il modo in cui produce e muove la ricchezza materiale della nazione (e del mondo) hanno creato nuove vulnerabilità nel sistema e nuove strade per l’organizzazione e l’azione.
Queste vulnerabilità si trovano in contesti lavorativi irregolari, dalla logistica alle pulizie degli edifici, nonché nell’occupazione “tradizionale”. Il consolidamento del capitale attraverso fusioni, riorganizzazioni, trasferimenti e esternalizzazione della produzione hanno portato alla creazione delle reti di logistica Just-In Time altamente vulnerabili che sono alla base dell’intera economia degli Stati Uniti.
In corrispondenza dei “nodi” chiave e degli incroci di queste reti integrate vi è un’enorme concentrazione geografica di lavoratori, dalle decine e persino alle centinaia di migliaia, in aree metropolitane come New York-New Jersey, Los Angeles, Chicago, Memphis, Louisville, Dayton, Dallas-Fort Worth ed altre.
Questi “cluster logistici”, come vengono chiamati, comprendono lavoratori sindacalizzati e non, nei trasporti, nella logistica, nei servizi pubblici, nell’IT, ecc. Dove le pressioni sul lavoro sono tra le più intense dell’intera rete interconnessa delle catene di approvvigionamento (valore), siti di produzione, trasporto intermodale, e-commerce, ecc.
Mentre il capitale ha abbandonato l’enorme concentrazione di lavoratori manifatturieri in località come Detroit, Gary o Cleveland, la necessità di riconcentrare i lavoratori per spostare le enormi quantità di beni e materiali ancora prodotti a livello nazionale e il crescente volume delle importazioni ha creato nuovi e più forti forme di potere contro il capitale per l’organizzazione di milioni di persone impegnate in tutti i tipi di lavoro35.
Il movimento dei lavoratori non cresce grazie a conquiste marginali, ma in periodi di sconvolgimento sociale e della classe operaia come gli anni ’30 per i lavoratori industriali o gli anni ’60 e ’70 per i lavoratori del settore pubblico. Sono il risultato delle crescenti pressioni sulla forza lavoro e della percezione da parte degli attivisti che ci siano leve di potere da trovare nella situazione che si sta sviluppando. Queste rivolte tendono a trascinare sul loro cammino altri lavoratori, compresi quelli precedentemente ritenuti “non organizzabili” in virtù del loro turnover o delle tipologie di lavoro occasionale.
Tali sconvolgimenti sono generalmente imprevedibili. Chi avrebbe mai pensato che gli insegnanti della Virginia Occidentale con dei sindacati deboli avrebbero organizzato uno sciopero di massa che Rosa Luxemburg avrebbe apprezzato? O che gli insegnanti di altri “stati rossi” in circostanze simili avrebbero scioperato a loro volta?
Nessuno si aspettava che migliaia di addetti alle telecomunicazioni della AT&T nel Midwest seguissero l’esempio degli insegnanti e organizzassero uno sciopero a gatto selvaggio di sei giorni, con uno dei leader della base che notava “Era incredibile quanto velocemente si diffondesse”36. (33) Oppure che un video di lavoratori a contratto non sindacalizzati che scioperano al Sito UPS di Indianapolis attirasse milioni di visitatori, con commenti del tipo “Sì, è quello che dobbiamo fare”37.
È tempo di guardare al nuovo terreno di lotta del capitalismo e prepararsi per cose più grandi a venire.
Segnalato da Antonio Pagliarone
Note
1 Pubblicato nella rivista on line Solidarity reperibile https://solidarity-us.org/atc/197/gig-economy/
2 Kim Moody è un attivista americano che produce testi sul lavoro. Nei primi anni ‘60 Kim Moody era un membro degli SDS (Studenti per una Società Democratica) a Baltimora nel Maryland, e scrisse un documento su “L’organizzazione dei bianchi poveri” per l’Economic Research and Action Project. Ha fatto parte degli Independent Socialist Clubs e degli International Socialists, scrivendo articoli e opuscoli sui lavoratori. Dal 1979 al 2001 Moody fece parte dello staff della rivista Labor Notes a Detroit, che ha contribuito a fondare nel 1979. Oggi risiede in Gran Bretagna, dove è ricercatore senior presso l’Università di Hertfordshire ed ha pubblicato numerosi libri come An Injury to All:The Decline of American Unionism (Verso, 1988); Unions and Free Trade: Solidarity vs Competition (Labor Notes, 1992); Workers in a Lean World:Unions in the International Economy (Verso, 1997); From Welfare to Real Estate: Regime Change in New York City, 1974 to the Present (New Press, 2007); U.S. Labor in Trouble and Transition (Verso, 2007) ed interviene su numerose pubblicazioni della sinistra.La sua mail è k.moody@herts.ac.uk.
3 Guy Standing (2011) The Precariat: The New Dangerous Class, London: Bloomsbury Academic; Mike Savage, et al (2013) “A New Model of Social Class? Findings from the BBC’s Great British Class Survey” Sociology 47(2): 219-250.
4 Peter Capelli and JR Keller (2012). A Study of the Extent and Potential Causes of Alternative Employment Arrangements Cambridge MA: National Bureau of Economic Research; Lawrence F. Katz and Alan B. Krueger (2017). The Rise and Nature of Alternative Work Arrangements in the United States, 1995-2015, 3; Eric Morath (2016) “Gig Economy Attracts Many Workers, Few Full-Time Jobs” Wall Street Journal, February 18, 2016; Arun Sundararajan (2015) “The ‘gig economy’ is coming. What will it mean for work?” The Guardian, July 26, 2015.
5 Lawrence Mishel (2015) Despite Freelancers Union/Upwork claim, Freelancing is not Becoming America’s Main Source of Income, Briefing Paper #415, Washington DC: Economic Policy Institute.
6 Geoff Nunberg (2016) “Goodbye Jobs, Hello ‘Gigs’: How One Word Sums Up A New Economic Reality” National Public Radio, January 11, 2016.
7 BLS (2017) Contingent and Alternative Employment Arrangement— May 2017, USDL 18-0942, June 7, 2018.
8 Ben Casselman (2018) “How the Gig Economy Is Reshaping Work: Not So Much” New York Times, June 7, 2018; Doug Henwood (2018) “No, It’s Not a Gig Economy,” Jacobin, June 8, 2018; Lawrence Mishel, “Contingent Worker Survey is further evidence that we are not becoming a nation of freelancers” Economic Policy Institute, June 7, 2018.
9 Col termine proxy server si intende il servizio che permette a tutti i computer di una LAN di comunicare e utilizzare Internet senza collegarsi direttamente con l’esterno (NdR).
10 Mishel, 2018.
11 Sono i nati tra il 1981 e il 1996, ovvero coloro che hanno compiuto il loro primo od ultimo anno da teenager (età 13-19) durante il corso degli anni 2000.
12 BLS (2016) Employee Tenure in 2016, USDL 16-1867, September 22, 2016, Table 1.
13 Katz and Krueger, 2017.
14 Katz and Kreuger, 2017, passim.
15 BLS (1995) New Data on Contingent and Alternative Employment Examined by BLS, USDL 95-318, August 17, 1995; BLS (2005) Contingent and Alternative Employment Arrangements, February 2005, USDL 05-1433, July 27, 2005; BLS (2017) Contingent and Alternative Employment Arrangement—May 2017, USDL 18-0942, June 7, 2018.
16 Katz & Krueger, 2015, 6.
17 BLS, 2018, Contingent, tabella 8. La categoria più piccola di occupazione nei servizi di assistenza temporanea, d’altra parte, ha il suo impatto maggiore su quella della “produzione, trasporto e di traslochi di materiali” con il 39,2% degli occupati in regime di lavoro alternativo.
18 BLS (2018) Databases, Tables & Calculators by Subject, “Employment, Hours, and Earnings from the Current Employment Statistics survey (National)” vendite al dettaglio, https://data.bls.gic/pdq/SurveyOutputServlet BLS (2016) Databases, Tables & Calculators by Subject, “Labor Force Statistics from the Current Population Survey,”lavoratori con più occupazioni, https://data.bls.gic/pdq/SurveyOutputServlet
19 Katz & Krueger, 2015, 4.
20 Casselman, 2018; Board of Governors of the Federal Reserve System (2018) Report on the Economic Well-Being of U.S. Households in 2017, May 2018, Washington DC: Board of Governors of the Federal Reserve System, 18-19, 53.
21 Moody 2017, On New Terrain, 28 (Un lavoratore freelance può essere annoverato tra il popolo delle partite Iva-NdR).
22 Moody 2017, 45-48.
23 Cappelli and Keller, 2012, 10.
24 Mitra Toosi (2015) “Labor force projections to 2024: the labor force is growing, but slowly” Monthly Labor Review December 8, 2018, https://www.bls.gov/opub/mlr/2015/article/labor-force-projectionsto-2014.htm
25 Executive Office of the President of the United States (2016) The Long-Term Decline in Prime-Age Male Labor Force Participation Washington DC: Executive Office of the President of the United States), 7
26 Robert Hall and Nicolas Petrosky-Nadeau (2016) “Changes in Labor Participation and Household Income” FRBSF Economic Letter, February 1, 2016 (San Francisco: Federal Reserve Bank and San Francisco), 2, https://www.frbsf.org?economic-research/files/el2016-023.pdf
27 Alan Berube (2016) “Where are the nonworking prime-age men?” The Avenue, Brookings, June 21, 2016, 4, https://www.brookings.edu/blog/the-avenue/2016/06/21/where-are-the-nonworking-prime-agemen/
28 Executive Office of the President, 2016, 27-29.
29 Harley Frazis (2017) “Employed workers leaving the labor force: an analysis of recent trends” Monthly Labor Review May 2017, https://www.bls.gov/opub/mlr/2017/article/employed-workersleaving-the-labor-force-an-analysis-of-recent-trends
30 Lawrence Mishel, Josh Bivens, Elise Gould & Heidi Shiergholtz (2012) The State of Working America (Ithaca: Cornell University Press), 247.
31 Irene Tung, Yannet Lathrop & Paul Sonn (2015) The Growing Movement for $15, New York: National Employment Law Project, 1, 4.
32 BLS (2018) Real Earnings—May 2018, USDL 18-0996, June 12, 2018, Table A-2; Kim Moody (2007) US Labor in Trouble and Transition, London: Verso, 80.
33 Tung, Lathrop & Sonn, 2015, 8; BLS, Industries at a Glance, Warehousing and Storage: NAICS 493, disponibile in https://data.bls.gov/cgi-bin/print.pl/iag/tgs/iag493.htm.
34 Intervista con gli organizzatori e gli attivisti del Warehouse Workers for Justice condotta in occasione della Conferenza di Labor Notes a Chicago il 7 Aprile, 2018; BLS (2018) Employer Costs for Employee Compensation—March 2018, USDL 18-0944, June 8, 2018, Table 13.
35 Questa analisi è stata affrontata in maniera più dettagliata in Kim Moody (2017) On New Terrain: How Capital is Shahaping the Battleground of Class War (Chicago: Haymarket Books).
36 Rebecca Burns (2018) “Rank-and-File Union Members Are Leading Another Massive Strike” In These Times, June 5, 2018.
37 Antoine Dangerfield (2018) “We Rise Together, Homie” Jacobin August 3, 2018.
26/12/2019 www.sinistrainrete.info
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