Eternit, licenza di uccidere. Per la strage silenziosa dell’amianto, una sentenza che fa molto rumore: nessuna condanna. Il Pm Guariniello: “Andiamo avanti. Non bisogna demordere”
L’effetto della decisione della Cassazione sul processo Eternit, che ha seppellito con la prescrizione – maturata già prima della conclusione del primo grado – il reato di disastro ambientale doloso con il quale la Procura di Torino aveva mandato sotto processo il magnate elvetico Stephan Schmidheiny e la Corte di Appello, il 3 giugno del 2013, è l’annullamento della condanna a 18 anni di reclusione e il pagamento di 89 milioni di euro di indennizzi.
Per il pm Raffaele Guarinello, però, “non bisogna demordere. Non è una assoluzione. Il reato c’è. E adesso possiamo aprire il capitolo degli omicidi”. “La Cassazione – ha commentato Guariniello – non si è pronunciata per l’assoluzione. Il reato evidentemente è stato commesso, ed è stato commesso con dolo. Abbiamo quindi spazio per proseguire il nostro procedimento, che abbiamo aperto mesi fa, in cui ipotizziamo l’omicidio”. “Questo non è – ha aggiunto il magistrato – il momento della delusione, ma della ripresa. Noi non demordiamo”.
Un po’ sulla stessa lunghezza d’onda anche Sergio Bonetto, che rappresenta 400 famigliari delle vittime, secondo il quale “ci sono altri processi in corso e la Cassazione ha in sostanza detto che il maxi processo doveva svolgersi con l’accusa di omicidio, e dunque tenderei a non escludere che il procedimento aperto con questa imputazione possa avere un esito migliore”.
Sulla prescrizione si pronunciò già la Corte d’Appello, che rigetto la tesi. Anzi, “il particolare evento di disastro verificatosi anche negli altri siti oltre a quelli piemontesi siti – hanno scritto i magistrati – ha preso la forma di un fenomeno epidemico che, esattamente come in quelli di Casale Monferrato (Alessandra) e Cavagnolo (Torino), si è esteso lungo l’asse cronologico con durata pluridecennale”.
Intere famiglie sono state decimate dalla morte silenziosa: quella di Romana Blasotti, ottantacinquenne presidente del comitato delle vittime di Casale Monferrato che è il territorio più colpito, conta ad esempio ben cinque vite spezzate. Marito, sorella, figlia, nipote e una cugina. “Vergogna, vergogna”, hanno urlato nell’aula magna della Suprema Corte alla lettura del verdetto che ha mandato in fumo anche la speranza dei risarcimenti e ha dato ragione alla disillusione dei familiari di altre duemila vittime che, invece, hanno accettato dai legali dell’ex ad svizzero un accordo economico extragiudiziario.
Negli anni sessanta i primi studi sulla nocività dell‘amianto
A dimostrare per la prima volta la nocività dell’amianto, negli anni Sessanta, fu lo scienziato statunitense Irving Selikoff, ‘pioniere’ nel settore della Medicina del lavoro tanto che, nel 1966, fondo’ la prima divisione ospedaliera in Usa dedicata a questo ambito presso il Mount Sinai Hospital di Manhattan.
Nel 1970 l’Occupational Safety and Health Administration impose limiti di esposizione per i lavoratori e nel 1989 l’Environmental Protection Administration emano’ nuove norme per il graduale arresto della produzione di prodotti con asbesto. Le prove scientifiche fornite da Selikoff aprirono anche la via alle prime cause legali per malattie attribuite all’esposizione all’amianto sul lavoro. Gli studi sulla correlazione tra amianto e cancro al polmone, fruttarono a Selikoff premi e riconoscimenti dalla American Public Health Association, la New York Academy of Sciences e la American Cancer Society.
Il caso italiano
Fuori legge in Italia dal 1992, l’amianto e’ stato pero’ largamente utilizzato fino agli anni ’80 per produrre la miscela cemento-amianto (Eternit). Un nemico silente che ha causato 3.000 morti ogni anno in Italia. Una sola fibra di amianto, infatti, e’ 1.300 volte piu’ sottile di un capello e penetrando nei polmoni, puo’ causare tumori devastanti. Un tragico trend con un picco di vittime fino al 2015, quando la curva epidemiologica comincera’ a ridursi.
La mappatura del territorio italiano mostra come le zone con mortalità da amianto più elevata sono quasi tutte costiere con cantieri navali e porti, come Monfalcone (in provincia di Gorizia) e Trieste nel Nord-Est; Genova e La Spezia nel Nord-Ovest e Taranto al Sud. “Fra le altre province interessate da altre lavorazioni -si legge in un dossier dell’Inail – figurano Casale Monferrato (in provincia di Alessandria), Bari e Pavia (Fibronit), Bagnoli (Eternit e Italsider), Siracusa (Eternit) e Pistoia, sede di Breda Costruzioni Ferroviarie”. Dal dossier emerge anche che “sono 34mila i siti contaminati da amianto in Italia, una cifra destinata a crescere perché frutto di una mappatura ancora in corso da parte di Inail, ministero dell’Ambiente e Regioni”. “Agli attuali ritmi di bonifica, secondo l’Ispra ogni anno vengono smaltite 380mila tonnellate di rifiuti, serviranno ancora 85 anni per completare la dismissione degli oltre 32milioni di tonnellate di amianto presenti nel nostro territorio (dati Cnr)”, si spiega.
Fabio Sebastiani
20/11/2014 www.controlacrisi.org
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