Europa fra crediti di guerra e banca delle armi
Foto: Arena di Pace e Disarmo 2014 (CC BY 2.0)
di Marco Bersani
Il Parlamento europeo ha dato il proprio benestare al piano “Rearm Europe”, proposto dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, sostenendo che le risposte ai rischi e alle minacce alla sicurezza devono essere “simili a quelle in tempo di guerra” e, perché sia chiaro quello di cui stiamo parlando, bocciando la proposta (in realtà, una foglia di fico) di ri-denominare il piano “Defend Europe”.
Il piano proposto, del valore di 800 miliardi di euro (quando si vuole i soldi ci sono!), si sviluppa in cinque punti e rende l’idea di come l’Europa, il cui ruolo di coesione sociale è stato trascinato verso il baratro da tre decenni di politiche liberiste, abbia deciso di fare un passo avanti -definitivo- nella medesima direzione.
Il primo punto prevede l’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale del Patto di stabilità per permettere agli Stati membri di spendere per la difesa sforando il 3% del rapporto deficit/Pil; ovvero, quello che non si è mai potuto fare per scuola, sanità, lavoro, ambiente e diritti potrà essere fatto per le armi e per la guerra.
Il secondo punto prevede un nuovo strumento finanziario per fornire 150 miliardi agli Stati per investimenti nella difesa. Non trattandosi di denaro già presente nei bilanci, significa che la Commissione prenderà in prestito denaro sui mercati finanziari per poi prestarlo agli Stati membri, generando per questi ultimi nuovo debito, il cui rientro, grazie al patto di stabilità, comporterà tagli alla spesa pubblica, sociale e ambientale.
Il terzo punto prevede la flessibilità nel bilancio europeo affinché i Paesi che lo vogliano possano dirottare i fondi strutturali di Coesione sugli investimenti per la difesa. La “volontarietà” nell’utilizzo non maschera la ferocia e il cinismo di questo provvedimento, essendo i fondi strutturali di Coesione ordinariamente rivolti alle aree più povere e disagiate di ogni Stato europeo.
Gli ultimi due punti mirano a mobilitare il capitale privato nella corsa al riarmo attraverso sistemi di garanzia finanziaria per gli investimenti nella difesa e attraverso l’utilizzo della Banca europea degli investimenti.
Un piano per un’Europa di guerra a tutto tondo, di fronte al quale la posizione di chi si dichiara contro il riarmo ma per la “difesa comune” fa finta di non sapere sia che quest’ultima è già prevista, come mutua assistenza in caso di aggressione, dal Trattato di Lisbona (art. 42 par. 7), sia che il concetto di “difesa comune” è definito dai trattati come “il rafforzamento della capacità militare dell’Ue e il dispiegamento di missioni al di fuori dell’UE”, ovvero nulla che abbia a che fare con l’idea della difesa, bensì col suo contrario.
La direzione bellicista è tale che è addirittura aperta da tempo la possibilità di costituire una banca per le armi. Essendo l’ipotesi dell’utilizzo della Bei (Banca europea per gli investimenti) tuttora soggetta a importanti limitazioni, dal divieto di finanziare le spese per la difesa ai vincoli legati al fatto che una sua eventuale estensione comporterebbe comunque la necessità che gli investimenti finanziati abbiano la doppia modalità d’uso civile-militare, ecco allora spuntare la DSR Bank (Defence, Security and Resilience Bank). Promossa da ex esponenti Nato ed ex funzionari di Morgan Stanley, si tratta di una banca unicamente destinata al riarmo, che ancora prima di essere operativa potrà contare su un rating AAA (eccellenza) per emettere obbligazioni garantite dagli Stati membri allo scopo di finanziare i nuovi acquisti militari, l’innovazione tecnologica delle forze armate e il supporto finanziario alle catene di approvvigionamento militari.
Siete così sicuri di voler Serra-re le fila intorno a questa Europa?
15/3/2025 https://attac-italia.org
*articolo pubblicato su il manifesto del 15 marzo 2025 per la Rubrica Nuova finanza pubblica
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