Europa, le donne un passo indietro


I risultati delle ultime elezioni europee forniscono un quadro preoccupante sulla composizione di genere del nuovo parlamento. Non solo per l’Italia

Le persone interessate alle dinamiche e alle politiche di parità di genere, o semplicemente alla domanda “come stanno le donne?” sanno che spesso devono guardare in alto per avere una risposta – non verso Dio, ma verso i cosiddetti paesi scandinavi.

Sono da poco usciti i dati sulla composizione di genere del nuovo parlamento europeo ed ecco alcune conferme: Svezia e Finlandia sono i paesi che hanno eletto più donne (rispettivamente 62 e 60 percento), seguiti però dal mediterraneo: la delegazione francese e quella spagnola sono composte per metà da donne. 

La media europea di presenza femminile passa dal 41% del 2019 al 39% nel 2024: per la prima volta nella storia del Parlamento la presenza delle donne non cresce e si registra un passo indietro. Una dinamica che riguarda anche l’Italia, che dopo queste elezioni risulta ben al di sotto della media Ue con il 33% (nel 2024 le donne erano il 41%). Le due cose sono connesse.

Il partito della presidente Meloni fa incetta di voti ed elegge pochissime donne – solo 5 su 24 – e il partito dei Conservatori e Riformisti europei di cui è leader non supera il 20% di presenza femminile. 

A pesare sulla riduzione delle elette è proprio l’avanzata delle destre in diversi paesi. Il parlamento si presenta nettamente diviso: a eleggere più donne sono i partiti di sinistra con i Verdi in testa (al 51%) e a eleggerne meno – tutti sotto la media europea – sono i partiti di centro destra e destra (fatta eccezione per il nuovo partito dei Patrioti europei, dove i francesi di Rassemblement national con il 50% di rappresentanza femminile portano la percentuale complessiva di donne sopra la media).

Donne parlamento europeo

A partire da questi dati si possono fare diverse le considerazioni. La prima è che sappiamo che essere donne non è condizione necessaria e sufficiente per avere avanzamenti per tutte: Meloni è una donna, ma le sue scelte e le sue politiche non vanno a favore delle donne. 

La seconda è che Meloni è una donna sola: il suo partito è un partito di uomini che promuove altri uomini. 

La terza è che il sistema dell’alternanza delle preferenze di genere nelle liste elettorali è uno strumento che, ormai abbiamo visto più volte, può essere manipolato a vantaggio degli uomini. Il sistema “vota Giorgia” ha funzionato per ottenere voti, oscurando i candidati e le candidate reali, ma un’unica donna capolista ovunque ha avuto come effetto quello di far eleggere i secondi: tutti uomini.

Ora bisognerà vedere se l’aumento di uomini di destra apertamente ostili ai diritti delle donne e alle politiche di genere avrà un impatto sulle politiche europee. Non sarebbe una sorpresa.

Barbara Leda Kenny

31/7/2024 http://www.ingenere.it

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