Facciamo rinascere la 833! L’unico modo per difendere il diritto alla SALUTE
Riabilitare il dibattito e le azioni di lotta per la riqualificazione della sanità pubblica come bene primario, in particolare per le fasce di popolo in crescente sofferenza a causa delle politiche di tagli dei presidi territoriali delle giunte regionali e del definanziamento crescente operato dai governi. Per smettere di considerare la sanità pubblica la cenerentola delle politiche di governo ma anche delle opposizioni politiche e delle azioni sindacali. Il protagonismo degli operatori, depurato dagli egoismi professionali, è fondamentale per concretizzare pensieri e azioni. Quindi, non solo dire ma fare sanità pubblica, come la legge 833 insegna. Oggi, in Italia l’assalto alla sanità pubblica c’è, ma non si deve vedere. I governanti nazionali e locali, ben assistiti dai media, dicono e non dicono, dicono e si contraddicono, promettono e smentiscono, gettano cortine fumogene per coprire l’enorme danno che stanno infliggendo ai cittadini.
Quest’anno il Servizio sanitario nazionale compie quarant’anni, quindi giovane nonostante abbia subito nella sua vita attacchi virali dall’esterno, ma anche dall’interno dalle proprie articolazioni, boicottaggi pro privato e revisioni legislative che ne hanno peggiorato la funzionalità ed efficacia.
Prima del 1978 c’erano le casse mutue, oggi si torna a un sistema sanitario “corporativo” e non universalistico attraverso il predominio delle assicurazioni che fanno capo al welfare aziendale di dipendenti semipaganti e alla spartizione dei finanziamenti pubblici in Fondi regionali che aggravano le disparità geografiche.
Da oltre dieci anni è sempre più spudoratamente aggredito, anche da chi dovrebbe salvaguardarlo, da tagli e svendite di pezzi ai privati e sventrato dall’interno a tal punto che oggi, tanto da dare un’idea, mancano oltre 80mila operatori tra infermieri e oss, costringendo i sopravvissuti anche a turni di 16 ore che mettono a rischio la sicurezza di malati e operatori.
Da quando è cominciata la truffa dei tagli, abbiamo 70 mila posti letto in meno, 175 ospedali chiusi, macchinari nell’83% dei casi obsoleti. Considerando i dati del Consiglio dei Ministri nel Documento di economia e finanza, nel 2018 il rapporto tra la spesa sanitaria e la ricchezza prodotta nel Paese, cioè il Pil, scenderà a quota 6,5 per cento, soglia limite indicata dall’Oms.
La conseguenza? E’ sempre più difficile, nonostante gli sforzi di medici e infermieri, garantire un’assistenza continuativa e di qualità, a volte neppure l’accesso alle cure, con una conseguente riduzione dell’aspettativa di vita.
Oggi, a pochi giorni dall’anniversario dell’approvazione della Legge 833 di Riforma Sanitaria, l’inchiesta di Cittadinanzattiva sullo stato del Servizio Sanitario pubblico fotografa un’allarmante stato di cose che non rappresenta una novità per chi come noi da decenni fa inchiesta dentro i luoghi di lavoro e di cura. Sono decenni che il SSN viene sistematicamente indebolito dai governi succedutosi (nonostante lodevoli parentesi, ad esempio, il ministero di Rosy Bindi) del resto assegnarono il ministero al partito Liberale che aveva votato contro l’approvazione della legge 833 in Parlamento.
L’inchiesta citata parla, ancora una volta, alla politica che appare indifferente di fronte al drammatico aumento delle diseguaglianze in generale ed in particolare nella salute. L’ulteriore e costante negli anni de-finanziamento del sistema sanitario pubblico che investe il nostro Paese da almeno un decennio. I dati Ocse dimostrano che dopo il 2009 il nostro Paese è entrato a fare parte di quel ristretto novero di stati che hanno ridotto la spesa sanitaria mentre l’incremento medio dei paesi Ocse dell’1,4%, guadagnandoci quindi come stato il fanalino di coda dei paesi Ocse.
Le diseguaglianze, in generale ed in particolare sulla salute nel nostro paese si vanno fortemente ampliando. I dati Istat confermano una differenza enorme tra Regioni: la maggiore speranza di vita si registra nelle regioni del Nord Est: per gli uomini è di 81,2 e per le donne 85,6. Mentre nelle Regioni del Mezzogiorno si riduce a 79,8 anni per gli uomini e 83,3 per le donne.
Anche la mortalità prematura (tra i 30 e 69 anni) presenta forti divari a livello territoriale e parliamo di morti evitabili con idonee politiche di prevenzione. I determinanti della salute vanno rivisti sulla base di relazioni sociali, oggi sono determinati da politiche regressive, che incidano sui seguenti fattori: differenze geografiche, classe sociale, istruzione, condizione lavorativa, abitativa. Detta in parole povere, per fare prevenzione bisogna indagare (preventivamente) prima (all) l’esigenza di cura i bisogni di salute della popolazione.
Delle diseguaglianze di salute, della mortalità evitabile e dei milioni di italiani che hanno ridotto le cure, o addirittura rinunciato, dobbiamo anche parlarne considerando quanto emerge dallo studio ‘Osservatorio sui tempi di attesa e sui costi delle prestazioni sanitarie nei Sistemi Sanitari Regionali’, condotto da Crea, commissionato dalla Funzione Pubblica Cgil e dalla Fondazione Luoghi Comuni, che prende a riferimento un arco temporale che va dal 2014 al 2017. Un’indagine effettuata su un campione di oltre 26 milioni di utenti, pari al 44% della popolazione totale. Cosa registra questo studio? Sempre più lunghi i tempi di attesa per effettuare visite mediche nella sanità pubblica, con una media di 65 giorni, a fronte di un’offerta privata ben più rapida, circa 7 giorni di attesa per una visita, e costi sempre meno distanti tra pubblico e privato.
Un capitolo a parte è rappresentato dalla libera professione intramuraria che non ha affatto diminuite le liste d’attesa e si è sempre più caratterizzata come un canale obbligato di accesso in tempo brevi alle prestazioni. Una modalità cui le persone sono costrette e che mette in questione l’equità del servizio sanitario e introduce intollerabili discriminazioni tra i cittadini e le cittadine. Una pratica, questa che Dovrebbe essere abolita, perché costosa e incompatibile con l’idea di fondo della 833, nell’immediato e’ assolutamente urgente una revisione di questo strumento, che ne vincoli l’applicazione alla riduzione reale delle liste di attesa.
Va proposto un nuovo rapporto tra operatori, servizio sanitario nazionale e cittadini: un new-deal della sanità che, sulla base di una autentica applicazione della legge 833, che sia un modello per tutto il welfare in crisi, includa il potenziamento degli organismi sulla sicurezza del lavoro e la promozione di una lotta unitaria per il salario delle professioni, come base di azione per promuovere l’occupazione per tutte le figure sanitarie e favorire l’umanizzazione dei servizi e delle cure, insieme all’appropriatezza condivisa tra operatori e utenti.
Riteniamo vitale per la sopravvivenza e la riqualificazione del S.S.N. la costruzione di spazi di confronto tra operatori e cittadini per affrontare il tema della sicurezza psicofisica degli operatori durante il loro lavoro di cura e assistenza. Il tema del conflitto sempre più evidente tra i cittadini e gli operatori considerati responsabili dei disservizi è da non sottovalutare altrimenti si rischia di non cogliere, e derubricare in “menefreghismo”, quelle che, invece, sono coercitive condizioni di lavoro imposte da politiche di tagli al personale che costringono a carichi di lavoro insostenibili che producono stress e disaffezione alla professione; di repressione della libertà di parola e della stessa agibilità sindacale, pienamente riconosciuta sulla carta ma ostacolata nei fatti, anche sulla sicurezza del lavoro, a partire dalle malattie professionali. Gli atti di violenza fisica, cui sono fatti oggetto molti operatori e operatrici hanno dei “mandanti” verso i quali dovremmo indirizzare la rabbia e la protesta più che legittima delle persone.
Della sanità italiana, del destino del servizio sanitario nazionale, del diritto alla salute sempre più sotto scacco, è necessario parlare e discutere apertamente. Per un dovere d’informazione e di verità e per vincere quel senso di rassegnazione e d’impotenza che attanaglia la società italiana. La mancanza di una rappresentanza politica e la rinuncia sindacale al conflitto inibisce il dissenso dei milioni di persone che hanno enormi difficoltà ad accedere al Servizio sanitario nazionale e che alla fine rinunciano a curarsi per motivi economici, per gli infiniti tempi di attesa.
Quali obiettivi per alcune campagne nazionali che coinvolgano operatori, studiosi, associazioni e cittadini?
Combattere le iniziative di privatizzazione e mercificazione della salute promuovendo il ritorno alla Legge 833 nella definizione degli obiettivi di salute.
Demistificare l’induzione politica mediatica a favore delle assicurazioni sanitarie integrative, denunciandone il ruolo corrosivo nei confronti del Servizio Sanitario Pubblico Universale fondato sulla Fiscalità progressiva.
Rivendicare un finanziamento congruo del SSN, con una percentuale sul PIL almeno simile a quella media degli altri Paesi dell’Europa Occidentale, cominciando da subito ad interrompere i tagli nelle risorse destinate alla sanità. Insomma, smettendola con la pratica del de-finanziamento del Sistema Sanitario Nazionale praticato da questo governo come da quelli precedenti!
Segreteria PRC-S.E. DIpartimento Sanità e Welfare
Franco Cilenti
Responsabile Rete Sanità PRC-S.E.
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