Fannulloni
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“Rivolgo un appello ai ragazzi, non sedetevi su facili situazioni, abbiate la forza di rinunciare ai sussidi facili e mettetevi in gioco. Entrate nel mercato del lavoro, c’è bisogno di tutti e specialmente di voi”.
Dopo aver letto questa dichiarazione su internet, Guido accende la sigaretta, pensa al suo ex collega, lo ha sentito il giorno prima al telefono. Gli ha raccontato che il datore di lavoro per cui lavora quest’estate gli ha subito detto che dei 1200 euro dichiarati nel contratto a tempo pieno ne vuole indietro 400, nessun tampone e le mascherine se le deve procurare lui, 7-21 l’orario con mezz’ora di pausa. Pulire la spiaggia, sistemare ombrelloni e sdraie, scaricare la spesa e caricare il frigo, preparare le colazioni, assistere i clienti, aiutare a preparare i piatti freddi per il pranzo, caffè, poi aiutare con gli apertivi, aprire e chiudere sdraie, portarle, pulire la spiaggia, chiudere gli
ombrelloni, pulire i bagni, pulire il bar e la piazzola del pergolato, fino al tramonto.
Neanche il tempo di goderselo il tramonto.
“Perché hai accettato?” – ha chiesto Guido.
“Perché dovevo, è la chiamata prevista per il reddito di cittadinanza e non potevo rifiutarla. Guarda ho dovuto far intestare il motorino a mia mamma, perché altrimenti rischiavo di perdere anche i requisiti.”
“Ma a Scuola?”
“Ancora nulla, ho fatto ancora domanda. Perché ho fatto Lettere? A chi cazzo frega cosa avevano da dire tutti quei fannulloni come noi? ahahah”
“La Cultura rende liberi, com’era?”- aggiunge Giudo – “Guarda io ho deciso che quest’anno non accetto più nulla, io gli mando i controlli se mi pongono ancora quelle condizioni, stavolta faccio un casino!”
“ Si, ma gli altri che dicono? Io qui sono da solo, che cacchio devo fare? Pare che vada bene a tutti così.”
“Lasciamo perdere, io stavolta scrivo a tutti, ASL, Ispettorato e metto in mezzo il sindacato!…Vabbè, ti saluto che mi sono agitato. Ciao”
“Ciao bello, a presto. Stai attento”.
“Sto attento”, ripete tra sé e sé Guido, ricordando la telefonata. “A cosa? Per chi? Per questi stronzi? Peggio di così che cosa c’è, la schiavitù? Anzi forse nella schiavitù almeno era interesse del padrone far vivere lo schiavo, dipendeva da lui in fondo, le due vite erano legate. Adesso ti fanno anche credere che puoi scegliere, che sei libero. Vabbè, sto facendo un discorso reazionario”, e ridacchia amaramente da solo.
Fatta colazione, con la rabbia in corpo della sconfitta non accettata, si avvia verso il ristorante. Tra poco aprono e devono preparare la sala e il pranzo per i turisti. Fuori è caldo ma dentro, in cucina, la temperatura sale il fretta e quando esci in sala devi anche stare attento a non risultare sudato e non dimenticarti da qualche parte il sorriso. In fondo la pandemia non c’è più, i problemi neanche e ci vuole un sorriso stampato per far passare con leggerezza anche quest’estate. Chi paga vuole vedere un piatto portato con il sorriso.
Guido sta preparando i tavoli, il proprietario del locale lo fa chiamare in ufficio, vuole parlargli. Guido nota che chiama i dipendenti uno alla volta. Guido immagina, ma vuole scacciare quel presentimento, inizia a ingoiare la saliva in eccesso, il solito dolore in mezzo alla fronte inizia a farsi vivo, era dalla scorsa stagione che non provava questa sensazione.
“Senti Guido, come sai siamo stati chiusi, con i ristori non ci pago neanche la luce, quindi quest’anno facciamo che o ci accordiamo così e se viene qualcuno sparisci o ti faccio un contratto come addetto pulizie, tipo multiservizi. Un part-time o qualcosa del genere. Devo sentire bene il commercialista. Se ti aggancio, comunque poi ti verso e qualcosa me la ridai, tanto poi puoi chiedere la disoccupazione.”
Guido non parla, non risponde, guarda fisso negli occhi il padrone, inizia a divagare con la mente, non ascolta più le parole provenienti da quella bocca avara, mendace. Pensa di aspettare, scrivere, documentare, far intervenire qualcuno. Si, ma chi? Gli risponderanno?
A chi importa di Guido? E poi, quanti saranno come lui, nelle stesse condizioni? I colleghi che ne pensano?
Guido incassa, fa un cenno e prova in sala a cercare la complicità dei colleghi.
Qualcuno lo guarda, un mezzo sorriso d’intesa. Ci si riconosce, a tutti è stato propinato lo stesso copione. Ora l’estate può iniziare, dopo i lamenti dell’ennesimo pingue imprenditore del turismo impomatato, ora si può produrre servizi e felicità di plastica anche sotto questo nuovo sole.
Guido ritorna tra i tavoli che lo attendono, in tv si parla delle condizioni dei lavoratori del turismo, la sua vita proiettata dentro un televisore. “Farò qualcosa, io ora documento tutto e scrivo e provo a coinvolgere queste mummie”. Trovando il coraggio che supera la paura di non essere all’altezza, di desacralizzare e infrangere la parola sacra del padrone, Guido si promette che questa volta non passerà quest’ordine apparentemente immutabile e granitico. La storia deve cambiare e lui proverà a spingerla anche se più grande di lui.
“Mio caro padrone domani ti sparo….” Canticchia Guido mentre distribuisce i piatti tra i tavoli ai turisti. “Domani porterò tutta la documentazione al sindacato vediamo come si mette quest’anno questo stronzo. E se non basterà, perché al sindacato non gliene frega nulla, beh, ci organizzeremo…”.
Racconto a cura di Renato Turturro
Tecnico della prevenzione
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