Femministe in Italia oggi
L’indagine diffusa da Semia, primo fondo a sostegno di persone e reti che in Italia si occupano di questioni di genere, racconta il movimento femminista attraverso la mappatura di più di mille organizzazioni attive su tutto il territorio nazionale. Il primo problema è la carenza di finanziamenti
1047 tra realtà formali e informali sono le organizzazioni identificate dall’indagine pubblicata a dicembre da Semia, primo fondo femminista in Italia, nato per sostenere reti e progetti che promuovono attivamente la parità di genere e i diritti di bambine, ragazze, donne e persone trans e non binarie nel nostro paese, che con la diffusione del rapporto ha iniziato ufficialmente le sue attività.
Localizzate in prevalenza al nord (441) rispetto al centro (305) e al sud Italia (297), con una maggiore concentrazione nel Lazio (19,39%) in Lombardia (11,27%) e in Emilia-Romagna (8,9%), oltre il 40% delle organizzazioni femministe mappate si trova nelle aree metropolitane più ricche e servite, spiega il rapporto, con un’aggregazione considerevole nell’area metropolitana della capitale (15,7%), e una minore diffusione nelle città medie e piccole, che si riduce notevolmente nei paesi e nei contesti rurali.
I risultati dell’indagine, presentati alla Casa internazionale delle donne di Roma, restituiscono “la prima inedita fotografia dello stato dell’arte del movimento femminista italiano” presente, una fotografia che parla soprattutto della mancanza di un adeguato sostegno economico da parte delle istituzioni.
Il 61,41% delle organizzazioni intervistate infatti lamenta l’insufficienza di fondi, e il 44,56% deve fare i conti con carenze a livello strutturale e organizzativo. Tutto questo costringe le organizzazioni a lavorare in emergenza invece di poter di pianificare le attività e portare a termine i progetti, e non consente di assumere risorse umane specializzate in aree di vitale importanza per la sopravvivenza stessa di queste realtà, come la ricerca di risorse economiche e la comunicazione.
Del resto, la maggior parte delle associazioni intervistate da Semia (il 67,24%) risulta essere di piccole dimensioni, ovvero con un massimo di 15 persone impiegate, che nell’85% dei casi sono volontarie. L’altro dato interessante è quello relativo alle fonti di finanziamento: l’autofinanziamento, attraverso formule come le sottoscrizioni e il tesseramento, è la principale forma di sussistenza per il 27% delle organizzazioni femministe in Italia. Il 38% afferma di aver avuto accesso a fondi pubblici, mentre solo il 14% ha ricevuto donazioni da fondazioni italiane.
Con l’istituzione di Semia, spiegano le ideatrici del fondo, l’Italia adesso è finalmente sintonizzata con gli oltre quaranta fondi femministi che, in tutto il mondo, operano in sinergia con istituzioni pubbliche e private per rafforzare e connettere movimenti e associazioni che promuovono l’uguaglianza di genere a livello nazionale.
Il nome stesso del fondo è mutuato da quello della dea etrusca della fertilità, con l’idea, quindi, di nutrire e far crescere il movimento femminista nel nostro paese, a fronte di dati come quello dell’Indice europeo di parità del 2023, che colloca l’Italia al di sotto della media europea, delineando una situazione particolarmente critica sul fronte dell’occupazione femminile.
In questo contesto, e anche alla luce del numero allarmante di femminicidi (nel 2023 sono stati 109, secondo i dati diffusi dal Ministero dell’Interno), non sorprende che il contrasto alla violenza di genere sia la missione primaria per la maggior parte delle associazioni femministe italiane (51,3%) mappate dal rapporto, seguita da diritti delle persone Lgbtqia+ (15,3%) e dalla promozione dell’uguaglianza di genere (9,4%).
E se il movimento femminista nel nostro paese conferma, nel suo complesso, una matrice intersezionale, con il 53% delle organizzazioni che include il supporto alla comunità Lgbtqia+ tra le tematiche d’azione principali, c’è ancora molto da fare su fronti come quello del contrasto al razzismo e la difesa dei diritti delle persone migranti e di quelle con disabilità, trattate soltanto da un numero ancora minoritario di organizzazioni.
Con la sua azione, Semia intende colmare questi vuoti ponendosi “come un’alleata del movimento” per riportare le parole della Direttrice Miriam Mastria “al servizio delle realtà territoriali, a supporto materiale delle organizzazioni che si occupano dei diritti delle ragazze, le donne, le persone trans e non binarie, per l’autodeterminazione di tutte. Perché attraverso la libera espressione di ciascuna, si possa realizzare il progresso corale dell’intera società”.
8/1/2024 https://www.ingenere.it/
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