Fino alla vittoria: la Francia frena sul Tav e le lotte si uniscono oltre le Alpi
In questi giorni di terribile disastro ambientale che sta sconvolgendo diverse aree dell’Emilia Romagna la certezza delle proprie ragioni si fa più forte. La gestione criminale dei territori e la sete di grandi opere che implicano cementificazione, consumo di suolo e devastazione delle falde rispondono alle cause di quanto accaduto, scagionando immediatamente il dubbio che si sia trattata di una tragedia imprevedibile dalle origini funeste. Anche per questo motivo, in un momento in cui il governo italiano pone come unica priorità il rifornimento di armi nella guerra in Ucraina non destinando un soldo a ciò che è indispensabile per i territori in cui viviamo, fortificare la lotta contro il tav approfondendo legami con i cugini d’oltralpe assume un importante significato.
La data di mobilitazione internazionale e popolare del 17 e 18 giugno in Val Maurienne sarà dunque un nuovo inizio per andare in questa direzione, come è stato sottolineato a più riprese durante l’assemblea popolare a Bussoleno, il 25 maggio scorso.
Proprio in queste settimane il governo francese si è lasciato scappare che la realizzazione della linea sul lato francese ha i contorni sempre più pallidi: dal rapporto del COI uscito a mezzo stampa su La Repubblica dell’11 maggio scorso, si evince che Parigi potrebbe attendere oltre il 2043 per effettuare i lavori per la tratta nazionale in quanto la priorità verrà data all’ammodernamento della linea Modane-Digione. Non è un fulmine a ciel sereno, dato che i freni in Francia sono stati tirati a più riprese a partire da quest’ultimo anno, ciononostante il ministro dei Trasporti Clement Beaune non ha tardato a ritrattare rimandando l’ufficialità della decisione al 22 giugno a Lione durante la Conferenza Intergovernativa Italo Francese.
In ogni caso, secondo le informazioni apparse sui giornali, Parigi intende realizzare una delle tratte di accesso del tav in Francia solo dopo l’entrata in funzione del tunnel del Moncenisio, a fine 2032. Il che implica che, senza la tratta nazionale francese, anche l’argomentazione dei promotori dell’opera riguardante il risparmio di tempo di percorrenza finisca contro un muro. Il motivo? Gli eccessivi costi dell’opera. Tale fuga di notizie ha scatenato reazioni nervose da una parte all’altra, Salvini ha colto la palla al balzo per prendersela con Macron (piccato dalle posizioni francesi in materia di migrazioni), la Transalpine Lione-Torino (comitato in favore dell’opera) ha sottolineato all’ANSA che il governo non prende decisioni sulla base del rapporto del COI, in quanto si tratta soltanto di una consulenza di un gruppo indipendente che analizza gli investimenti sulle infrastrutture di trasporto. Eppure, il funzionario della Commissione UE in merito al COI spiega come questo debba servire a delineare i principali orientamenti sulla pianificazione degli investimenti e che deve servire da supporto alle decisioni del governo sugli investimenti prioritari da fare. Non potevano mancare le affermazioni di Mario Virano che banalmente ha dichiarato che la Francia non potrà non rispettare gli accordi con l’Italia e con l’UE. Perché sennò..?
La storia della Francia che rallenta sull’alta velocità insegna però che, già a gennaio 2023, era stato presentato un appello lanciato al presidente Macron da 60 parlamentari francesi di diversi partiti politici per fermare l’opera, che faceva seguito alle dichiarazioni del maggio 2022, quando veniva già paventata l’ipotesi del 2045 e il venire meno del 50% dei finanziamenti europei in caso la Francia si fosse tirata indietro. In quel frangente l’Italia aveva rilanciato con l’ordinanza firmata dal nuovo Commissario straordinario del governo, Calogero Mauceri, che autorizzava la Rete Ferroviaria Italiana a riprendere i lavori sviluppando il progetto della linea Avigliana -Orbassano. Inoltre, come già scrivevamo qui, “la Francia continua a rimanere in un limbo in cui si tiene a distanza dai grandi entusiasmi, a partire dal timore di non avere la garanzia di rientrare negli extra costi a seguito degli aumenti dei prezzi delle materie prime e dell’energia, dall’altro lato non ufficializza nessuna inversione di marcia, così come l’Europa. Il governo italiano, dalla sua, tenta di ringalluzzirsi grazie al fatto che siano riusciti a portare avanti i lavori del tunnel di base, dimenticando la vicenda degli appalti per l’autoporto a San Didero.”
La preoccupazione dei promotori nostrani non teme di dover negare l’evidenza, come dimostrano le dichiarazioni di Marco Gay, presidente di Confindustria Piemonte che dice “finalmente abbiamo una data di conclusione della Torino-Lione, ovvero il 2032”. Commenti che fanno da eco a ciò che si prospetta per il Nord Ovest dell’Italia, in quanto, come sostenuto dal leader della Camera di Commercio di Torino, Dario Gallina, grazie alla sinergia con la Francia, si punta all’aerospazio, mobilità e agrifood. Secondo Gallina, il tasso di crescita nel 2022 si è alzato per Torino e prevede che continui questo trend grazie alle infrastrutture e alla logistica che permetterà il collegamento con la regione Rhone-Alpes. Il sinistro figuro prospetta, nel frattempo, un lavoro di attrazione degli investitori sul territorio piemontese nell’attesa di veder realizzato il tav nel 2033, oltre al Terzo Valico e alla diga di Genova. Insomma, quando la propaganda finisce per convincere anche se stessi nonostante l’evidenza dimostri il contrario. Le parole d’ordine? Turismo dei grandi eventi, agrifood (?), mobilità sostenibile, aerospazio e intelligenza artificiale. Secondo gli industriali il PIL della città di Torino dovrà basarsi oltre che sulle grandi opere, propedeutiche a questo scenario, sulla cittadella dell’Aerospazio di corso Marche (che implica l’arrivo della NATO a Torino) e sulla riconversione dell’industria automobilistica in produzione di batterie e auto elettriche. Questa dovrebbe essere la prospettiva alla quale mirare per Confindustria, il che non stupisce ovviamente, ma dimostra la cecità e l’invadenza della legge del profitto a discapito dei territori. L’apoteosi di ciò che il tav rappresenta è ciò che nelle parole di chi dirige gli affari del sistema Torino si prefigura come l’orizzonte trito e ritrito al quale guardare. L’ennesima riprova di quanto la lotta del movimento notav oggi sia preziosa e fonte inesauribile di strumenti di lettura di sul funzionamento del mondo a noi nemico.
In Italia oggi la propaganda per le grandi opere non si ferma al tav, basti pensare al passaggio al Senato del progetto per il ponte sullo Stretto di Messina, fortemente agognato da Salvini il quale si è aggiudicato pieni poteri nel dirigere i lavori. Ma anche ai rigassificatori come fonte energetica alla quale il governo tenta di appiccicare un’etichetta ecologica, inserendo nel Decreto Alluvione di questi giorni la semplificazione dell’iter per la loro messa in campo, un vero e proprio inno al negazionismo climatico. La crisi climatica oggi è presente sotto i nostri occhi, nella siccità delle nostre montagne e dei nostri fiumi, nello spreco delle risorse idriche ancora esistenti a causa dei lavori del tav, nei progetti di bacini idrici per la produzione di neve artificiale per sostenere turismo insostenibile, nella difficoltà dei contadini di vivere dei propri frutti e nella cementificazione data dai lavori per le opere inutili. Anche in Francia sin da due anni fa la questione della mancanza d’acqua veniva denunciata dai comitati locali, come Vivre et Agir en Maurienne. “Il tunnel è stato scavato solamente 50m sotto le abitazioni”, spiega Philippe Delhomme, in un articolo tradotto da Reporterre, vicesindaco del comune del 2008 al 2020 “Dall’inizio dei lavori, nel 2002, le fontane del villaggio hanno smesso di funzionare. È un fenomeno conosciuto perché nel momento in cui si scava la montagna il percorso dell’acqua, che si infiltra naturalmente lungo alcune falde, è deviato. Le fonti sono dunque risucchiate dal tunnel che diventa il nuovo luogo in cui l’acqua defluisce. Questo ha per forza di cose impattato anche sulla popolazione dato che l’acqua è una risorsa vitale”. Secondo Xevier Darmendrail, che vanta i meriti di queste nuove infrastrutture, ossia intercettare l’acqua di un torrente a 2 mila metri di altitudine e costruire un condotto di 5km oltre a una cisterna sotterranea per alimentare il villaggio per il costo di 1,2 milioni di euro, questa sarebbe una soluzione sostenibile. Una pezza che non soddisfa affatto Philippe Delhomme, che è anche co-presidente dell’associazione ambientalista Vivere e Agire in Maurienne (vam): “La fonte intercettata è ai bordi della Vanoise, uno dei parchi nazionali più protetti in Francia! Secondo noi sarebbe stato meno dannoso per l’ambiente pompare l’acqua intercettata dal tunnel”.
Nel comune di Villarodin-Bourget, trent’anni dopo l’inizio del progetto, meno del 20% delle gallerie è stato scavato, intanto Telt ha ridisegnato gli argini del fiume Arc che scorre in mezzo alla valle, sono state costruite nuove strade per permettere l’accesso ai cantieri ai mezzi di lavoro e per costruire il tunnerl geognostico che, terminati i lavori nel 2007, ancora oggi fa pagare le sue conseguenze sulle fonti d’acqua.
Sono proprio questi i temi che muovono i comitati locali della Val Maurienne e che verranno portati alla manifestazione del 17 giugno, mettendo all’ordine del giorno ancora una volta la lotta contro il sistema di profitto sulle vite rappresentato dal treno ad alta velocità. Il trait-d’union da un lato all’altro delle Alpi significa unire le forze, in modo da dare slancio alle lotte territoriali, indicando nell’esigenza di un vivere sostenibile in sintonia con i territori e chi li vive l’unico orizzonte possibile oggi.
11/6/2023 https://www.notav.info
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