Fiom, cresce il dissenso al contratto voluto da Landini

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Erano tanti anni che non si teneva una assemblea che coinvolgeva i delegati e le delegate dell’opposizione in questa categoria della CGIL. Erano presenti almeno settanta lavoratrici e lavoratori di RSU di fabbriche importanti, dove i settori critici e di opposizione in FIOM hanno sempre avuto ampio consenso e radicamento, Gkn, Same, Piaggio, Fincantieri, Motovario, Marcegaglia, Continental, Thyssenkrupp, Perini. Presenze da Trieste, Parma e Pisa. Hanno partecipato e portato il loro contributo anche delegati del settore pubblico e della sanità, oltre che i Clash City Workers. Si riparte dal contratto nazionale (leggi qui perché non piace quell’accordo) e dall’impegno condiviso di portare avanti la campagna per il NO nella consultazione del 19.20.21 dicembre come base per una prospettiva più lunga. «L’intenzione è di avviare un confronto tra i delegati e le delegate, che vada oltre questa scadenza per affrontare il tema di come continuare l’attività rivendicativa e conflittuale, all’interno dei posti di lavoro (in rapporto alle condizioni e ai bisogni dei lavoratori e delle lavoratrici) e all’interno dell’organizzazione – dice Eliana Como, coordinatrice dell’area Il sindacatoaltracosa-OpposizioneCgil  – il clima di tutti gli interventi è stato molto determinato. Tutti condividono che non è il momento di deprimersi né tanto meno di tirarsi indietro. Sosterremo il NO alla consultazione, spiegando nelle fabbriche la nostra valutazione di merito sull’accordo. Sappiamo che sarà  difficile. A partire dal fatto che il NO non avrà agibilità in tutte le assemblee, che nei tempi ristrettissimi che le tre organizzazioni si sono imposte ci sarà pochissimo tempo per fare le assemblee e che molte delle fabbriche nel periodo in cui si voterà saranno già chiuse. Tanti lavoratori e lavoratrici voteranno senza aver sentito tutti i punti di vista, tanti senza aver fatto l’assemblea. Tanti, come in Piaggio che sarà già chiusa, rischiano di non votare proprio. Queste considerazioni sono gravi, ma non ci demoralizzano. Faremo in queste settimane quanto possibile per informare i lavoratori e le lavoratrici. Faremo quanto più possibile affinché i lavoratori votino nel modo più consapevole possibile. Nelle fabbriche dove si è presenti e si ha significativi rapporti di forza si punta in modo deciso a far prevalere il NO, affinché arrivi un messaggio forte e chiaro a FIM FIOM UILM che hanno firmato l’accordo, ma anche alle rispettive proprietà, affinché sappiano da subito che non si ha intenzione di accettare un brutto accordo e si proverà a contrastarlo anche dal punto di vista sindacale e contrattuale».

L’assemblea si è chiusa con l’impegno a riconvocarsi entro i primissimi mesi dell’anno, per valutare l’esito della consultazione, porre le basi di una prospettiva contrattuale e sindacale di resistenza e proseguire il confronto per creare una rete più salda possibile tra i delegati e le delegate per sviluppare e radicare, dentro la CGIL, una linea ed un’impostazione sindacale alternativa a quella della maggioranza.

L’idea è che, dopo il No al referendum costituzionale, bisogna sviluppare una nuova stagione di lotta. Questo governo lascia infatti un’eredità pesante: Jobs Act, Buonascuola, tagli alla sanità e regalie al padronato. Solo una ripresa del conflitto sociale e un nuovo protagonismo del movimento dei lavoratori può sconfiggere un’ulteriore deriva reazionaria. Per tutto questo è necessario riprendere una grande mobilitazione di massa, costruire uno sbocco per questa vittoria dalla parte del lavoro e dei diritti sociali.

Per questo, secondo l’opposizione in Cgil, è stato sbagliato voler chiudere rapidamente, e forzatamente, le vertenze dei metalmeccanici e del settore pubblico pochi giorni prima di questa scadenza. «Non serve firmare intese scritte sull’acqua – continua Eliana Como – per pochi euro e con tante ambiguità (pubblico impiego e scuola) o contratti che non difendono diritti e salari (metalmeccanici). Per questo è necessario esprimersi oggi contro la fragile intesa nei settori pubblici, che distribuisce elettoralmente spicci, mette in discussione l’organizzazione del lavoro e la composizione dello stipendio (produttività, sanità e welfare integrativi). Per questo è fondamentale continuare a dire NO  anche sul CCNL metalmeccanico: un accordo che smantella la contrattazione nazionale trasferendo ogni possibile redistribuzione sui livelli aziendali (dividendo lavoratori e lavoratrici), sulla parte variabile dello stipendio (impendendo ogni consolidamento del reddito), sul welfare contrattuale (contribuendo allo smantellamento del sistema sociale pubblico e riducendo il salario globale).

Per questo serve riprendere subito l’iniziativa sindacale, uscire dall’immobilismo di questi mesi, costruire uno sciopero generale contro la legge di stabilità, per arrivare a cancellare tutte le controriforme del governo Renzi (anche con i prossimi referendum Cgil). Dalla NOstra parte, la parte del lavoro».

Il contesto, nella confederazione, è pessimo: nell’ultima Assemblea Generale della CGIL, il segretario generale della FIOM ha concluso il suo intervento affermando il voto dei lavoratori sul nuovo CCNL dei metalmeccanici è anche merito del Testo Unico del 10 gennaio. Affermazione ripresa nelle conclusioni di Susanna Camusso che ha rimarcato esplicitamente come sia molto positivo il fatto in sé ma anche che finalmente Maurizio Landini riconosca l’importanza del Testo Unico del 10 gennaio.

All’epoca della firma dell’accordo, il giudizio della FIOM sul TU fu infatti molto duro e su quella vicenda lo stesso segretario generale sfidò apertamente l’organizzazione, tanto che Susanna Camusso avviò contro di lui una procedura di contestazione agli organismi interni.

«È bene ricordare ogni tanto la storia – avverte Como – non soltanto per il merito (visto che oggi la maggioranza della FIOM firma una ipotesi di accordo per il rinnovo del ccnl dei metalmeccanici che recepisce il TU) ma anche per il metodo. Si può forse cambiare idea sui contenuti di un accordo, ma è meno comprensibile come si possa cambiare idea sulle pratiche di dissenso interne all’organizzazione.

Oggi che non è più lui a non approvare una decisione presa da un livello superiore, è lo stesso segretario della FIOM a invocare quelle regole di “democrazia” interna che rendono difficile dissentire da una decisione assunta a maggioranza. Una circolare della FIOM nazionale (leggi qui sotto, ndr) di pochi giorni fa vieta di presentare ordini del giorno o documenti sul ccnl dei metalmeccanici nei direttivi territoriali e ricorda che i dirigenti della FIOM e le strutture sono vincolate dal voto del Comitato Centrale a sostenere nelle assemblee quanto deliberato. Fermo restando il contenuto della circolare della FIOM, ecco cosa accedeva invece tra gennaio e febbraio del 2014.

A pochi giorni dalla firma del TU da parte della CGIL, il Comitato Centrale della FIOM del 16 gennaio approvò un ordine del giorno della Segreteria nazionale in cui si esprimeva fermamente contro l’accordo appena firmato. Il Comitato Centrale chiese in quel documento “che la Cgil ritiri la firma al Testo unico sulla rappresentanza Confindustria, Cgil Cisl Uil e si chieda la riapertura del negoziato”.

Sulla stessa vicenda, la segretaria della Cgil Susanna Camusso il 22 gennaio, in pieno Congresso, arrivò a scrivere di suo pugno al Collegio Statuario che valutasse il comportamento di Landini. Al centro delle polemiche erano ancora le dure critiche del segretario dei metalmeccanici per l’accordo firmato con Confindustria sulla rappresentanza e in particolare le dichiarazioni fatte da Landini nel Direttivo CGIL del 17 gennaio, quello che aveva approvato a maggioranza l’accordo del 10 gennaio. All’epoca la FIOM chiedeva che la consultazione sull’accordo del 10 gennaio avvenisse secondo regole democratiche semplici quanto banali: entrambe le posizioni devono essere rappresentate ai lavoratori e alla lavoratrici. I metalmeccanici e le metalmeccaniche voteranno il loro ccnl avendo invece ascoltato soltanto la posizione del SI.

«Davvero, si può cambiare idea su tutto. Ma quando si invoca un principio democratico per sé e poi lo si vieta agli altri, c’è qualcosa che non torna. In ogni modo, noi non abbiamo cambiato idea. Né nel merito del TU né nel metodo. Il sindacatoaltracosa prosegue la campagna per il NO, tentando come ci sarà possibile di informare al meglio i lavoratori e le lavoratrici», conclude Como.

Giulio AF Buratti

9/12/2016  http://popoffquotidiano.it

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