Follie belliche: USA ordinano, “marina militare italiana contro la Cina”. E il governo ubbidisce
La NATO – ovvero l’organizzazione degli Stati vassalli di Washington che mettono le loro forze armate a disposizione degli interessi americani, in nome delle nuova strategia marittima definita “Mediterraneo allargato“, amplia in maniera surreale la cosa inviando navi da guerra nell’indo-pacifico, comprese quelle italiane, nella prospettiva di un futuro conflitto con la Cina.
USA ordinano, “marina militare italiana contro la Cina”
– Francesco Dall’Aglio*
Io capisco certamente l’entusiasmo di Di Feo (vicedirettore di Repubblica, ndr), per il quale è tutto un bellissimo gioco di soldatini (vedi foto e link 1 in fondo all’articolo), e capisco anche l’entusiasmo di Alessio Patalano che torna a scrivere per War on the Rocks dopo tre anni (link 2) e intanto è diventato un attimo Professor of War & Strategy in East Asia al King’s College di Londra e proprio di marina militare e Indo-Pacifico si occupa, e con ottimi risultati.
Pur capendo, però, non sono affatto felice che una nostra squadra navale, per la precisione quella del Cavour con i suoi F-35B e i suoi Av-8B Harrier II Plus, sia in missione nell’Indo-pacifico, anche se Di Feo e Patalano mi dicono che invece è una bellissima cosa, che è la prima volta che il Cavour si affaccia in quei mari, che l’esercitazione in Australia è stata importantissima e altrettanto importante è ora l’arrivo in Giappone, perché il tutto si inserisce nel concetto bellissimo del ‟Mediterraneo allargato” nel quale l’Italia deve fare la sua parte e anzi è la più qualificata a farlo (ed è pure vero).
A me questo concetto del ‟Mediterraneo allargato” (link 3) un po’ mi disorienta, ma l’articolo di Patalano prova a confortarmi con tutte le buzzword che si devono dire, interoperabilità, proattività, nuovo ruolo da protagonista, rinascimento Meloniano, rinvigorire i rapporti economici internazionali, ponte con l’Africa, ‟piano Mattei bis” eccetera, ma il fatto che il Cavour e la sua squadra sono navi militari viene lasciato nel vago, un po’ come fa Di Feo.
Però a differenza dei modellini di Di Feo, Patalano sa benissimo a che serve una flotta militare, anche se in un pezzo celebrativo non si può dire: a fare a guerra con la Cina.
E nel suo articolo, che è lunghissimo e densissimo e va letto con l’attenzione che merita, la Cina è nominata solo due volte (l’India 10, il Giappone 13) e bastano quelle: la prima per segnalare con soddisfazione l’abbandono della Belt and Road, la seconda, ed è quella che conta veramente, per chiarire che, visto che le prove di rapporti militari tra Russia, Cina, Corea del Nord sono in aumento, ‟this wider canvass of initiatives stands as a force multiplier in the ability to meet challenges from authoritarian regimes”.
Ah, ecco a che serve allora, a ‟moltiplicare la forza” contro ‟le sfide dei regimi autoritari” e a farlo, bada bene, nell’Indo-Pacifico – che tanto è il ‟Mediterraneo allargato”, giusto qualche miglio più in là dello Ionio, diciamo il Lebensraum naturale dei nostri marinai.
La cosa che mi lascia meno entusiasta, ad ogni modo, non è la questione del nostro ruolo ‟proattivo”, è lo schema che vedo delinearsi in quell’ottimo think-tank atlantista che è War on the Rocks: che ha la forma del blog, ma sul quale scrivono le migliori teste della NATO, quelle che delineano, almeno in via teorica (poi si deve vedere se ci sono i solidi) la linea dell’Alleanza.
E questa linea va, pericolosamente, in direzione di una iperspecializzazione delle FFAA dei membri dell’Alleanza non in base a quelli che sono gli interessi strategici dei singoli paesi, per quanto armonizzati in quelli dell’Alleanza, ma agli interessi del suo azionista di riferimento, che sono gli Stati Uniti – perché è sempre il caso di ricordare che la NATO è un’alleanza come lo era la Lega di Delo, con uno che comanda e gli altri che obbediscono, con uno che ha interessi strategici e gli altri che subordinano i propri, ammesso che ne abbiano, ai suoi.
Al di là della proattività e del ponte con l’Africa, mandare la flotta militare nell’Indo-Pacifico non rientra negli interessi strategici dell’Italia in quelli statunitensi, e siccome gli USA, tapini, non possono mica gestire tutto il globo da soli dobbiamo dare una mano: e non dove converrebbe a noi ma dove conviene a loro.
Quindi da un lato possiamo respirare, perché un nostro impegno in Ucraina non è evidentemente previsto, se le cose si mettessero male; però dobbiamo anche considerare che se si mettono male più a est tocca a noi. Nella futura compartimentazione degli alleati ci spetta, evidentemente, il ruolo marittimo.
Questo è infatti il terzo articolo in cui chi scrive su WotR ‟suggerisce” come devono essere organizzate per il futuro le FFAA di altri paesi, e quale strada devono prendere per restare ‟rilevanti”, ovvero utili a chi le comanda.
Ha cominciato Eliot Wilson (link 4), ex segretario della delegazione britannica all’Assemblea parlamentare della NATO e membro del RUSI, scrivendo che la Gran Bretagna, ahimè, non è più in grado di dominare mari, cielo e terra, e deve necessariamente specializzarsi: ad esempio nelle operazioni speciali, in particolare quelle contro ‟bersagli di alto valore” che sono da sempre uno dei suoi punti di forza (e infatti sono loro che addestrano i reparti ucraini nelle operazioni speciali e nell’uso dei droni navali e aerei, e forniscono materiale e intelligence).
Così potrà continuare a dare un contributo fondamentale, anzi addirittura essere ‟la punta della spada americana”, come scrive nel titolo (Eliot non ha problemi con la subordinazione agli interessi altrui, è una persona pragmatica).
Lo stesso discorso lo ha fatto Richard Shimooka, Senior Fellow al Macdonald-Laurier Institute, stavolta per il Canada (link 5). È lui che ha usato l’espressione ‟restare rilevanti”, e l’unico modo in cui lo vede possibile è, anche qui, la specializzazione (e la subordinazione agli interessi USA, cosa che a lui personalmente e all’Istituto che lo paga non pare affatto dispiacere).
Se Wilson faceva l’esempio dei Cahallenger come spesa inutile, perché gli USA hanno molti più carri di quanti la Gran Bretagna possa mai schierare e quindi è inutile continuare a produrne, Shimooka se la prende con la marina, che l’anno prossimo dovrebbe ricevere due nuove navi di classe Protecteur. Anche qui, a che servono due navi in più?
È una spesa inutile, e meglio sarebbe spendere quei soldi specializzandosi nelle forze di terra ‟leggere e mobili”, da integrare ‟armoniosamente” con quelle pesanti degli alleati che le manterranno (gli USA ovviamente). Tanto, lui non lo dice ma ci ha pensato Patalano, la marina sarà affare dell’Italia.
Come ai bei tempi antichi l’impero manterrà la fanteria pesante e la direzione strategica, e i federati forniranno le truppe ausiliarie: frombolieri cretesi, catafratti della Battriana, forze speciali inglesi, unità leggere canadesi, e navi italiane.
Fonti
- Link 1: https://www.repubblica.it/…/giancarlo_ciappina…/…
- Link 2: https://warontherocks.com/…/what-is-an-italian…/…
- Link 3: https://www.ispionline.it/…/rethinking-italys-enlarged…
- Link 4: https://warontherocks.com/…/the-tip-of-the-american…/
- Link 5: https://warontherocks.com/…/keeping-canada-relevant…/…
* Articolo originale su War Room – Russia, Ucraina, NATO di Francesco Dall’Aglio ricercatore dell’Istituto di Studi Storici dell’Accademia delle Scienze di Sofia (Bulgaria).
2/9/2024 https://www.kulturjam.it/
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