«Frammenti»: la risposta di MEDU agli eventi traumatici delle persone migranti. Il web report su migrazioni, trauma e salute mentale
Ciascuna persona migrante è sopravvissuta in media a oltre 7 eventi traumatici, ma mancano servizi di assistenza psicologica, sanitaria e legale nei centri di prima accoglienza, negli hotspot e nei luoghi di sbarco. Il percorso di cura offerto da MEDU deve diventare un approccio sistemico.
I richiedenti asilo che sbarcano in Italia portano con sé un vissuto esistenziale ridotto a frammenti, in cui tortura, detenzione, gravi abusi fisici e violenze sessuali rappresentano tappe “obbligate” delle rotte verso l’Europa. Ne conseguono nella stragrande maggioranza dei casi depressione, ansia, disturbo post-traumatico da stress, forme gravi di disagio psichico.
Dal 2014 Medici per i Diritti Umani, un’organizzazione umanitaria indipendente nata su iniziativa di un gruppo di medici e mediche, cerca di rispondere alle necessità delle persone migranti sul territorio toscano, siculo e laziale attraverso percorsi di cura che avvengono nei centri Psyché per la salute mentale transculturale 1.
Nel corso di nove anni, sono stati assistiti più di 1.500 migranti, richiedenti asilo e rifugiati attraverso 8.000 sedute. Di questi, oltre l’80% ha riportato di aver subito torture o trattamenti inumani e degradanti nei Paesi di origine o durante la rotta migratoria, nei lager libici, in Tunisia o lungo la rotta balcanica.
Il recepimento delle Linee guida ministeriali è ancora lontano
Solo tre regioni – Lazio, Toscana e Piemonte – hanno attualmente recepito le Linee guida per l’assistenza, la riabilitazione e il trattamento dei disturbi psichici dei rifugiati e delle vittime di tortura 2 (in attuazione dell’articolo 27 comma 1 bis del D.Lgs n. 18/2014) emanate dal Ministero della Salute nel 2017. Si prevedono indicazioni sull’emersione, la presa in carico e l’accompagnamento all’autonomia di persone migranti sopravvissute a violenza intenzionale e a tortura, attraverso il lavoro congiunto del sistema di accoglienza per i rifugiati e del sistema di assistenza socio-sanitaria.
Nel 2023 il quadro d’intervento è stato ulteriormente rafforzato dal Vademecum per la rilevazione, il referral e la presa in carico delle persone portatrici di vulnerabilità in arrivo sul territorio e inserite nel sistema di protezione e accoglienza 3 del Ministero dell’Interno in raccordo con enti del Terzo settore, ONG, istituzioni e stakeholder. Ancora una volta, si ribadisce l’importanza della connessione tra il mondo dell’accoglienza e quello socio-sanitario, così come la centralità di un approccio multidisciplinare integrato nei confronti delle persone migranti.
Ad oggi, la concreta attuazione delle Linee guida ministeriali appare distante. Con poche, sporadiche eccezioni, mancano fondi strutturali per formare e predisporre équipe stabili sui territori, che possano intervenire con un approccio sistemico, e non una tantum, sulle vulnerabilità delle persone accolte in Italia.
Il depotenziamento e l’indebolimento dei servizi nei CAS e SAI ha avuto – e sta avendo tutt’oggi – come conseguenza un netto deterioramento delle condizioni di benessere psico-fisico delle persone accolte. A seguito del Decreto Cutro (legge n. 50/2023) si è assistito a un ulteriore taglio dei servizi nei centri di accoglienza straordinaria, in particolar modo quelli di assistenza legale e psicologica, mentre nella rete SAI dei 38.367 posti attivi solo il 2% (757) è dedicato a persone con disturbi mentali e disabilità 4.
I Centri Psyché: luoghi sicuri e percorsi di cura
«Sentivo la mancanza di tutto, dei miei cari, dell’odore della mia terra. Adesso mi sento meglio, sento che i giorni difficili sono diventati di meno e che la terapia mi ha dato degli strumenti per sapere cosa fare quando arriva la paura, la tristezza»
Rosa (nome di fantasia), assistita dal Centro Psyché Roma
In questo quadro frammentato e disomogeneo, MEDU ha fondato nel 2014 tre Centri Psyché, che oggi sorgono in altrettante regioni caratterizzate da una consistente presenza di richiedenti asilo e rifugiati: Lazio, Toscana e Sicilia. A Roma, Firenze e Ragusa i centri forniscono «assistenza psicologica, psichiatrica e psico-sociale a tutte le persone che presentano disagio psichico di natura post-traumatica, qualunque sia la loro condizione giuridica, economica, sociale», in particolare persone migranti. MEDU agisce attraverso la commistione di due elementi, complementari e interconnessi: un elemento clinico-riabilitativo, volto a «favorire la rielaborazione delle memorie traumatiche e a promuovere il benessere psicologico», e uno psico-sociale, con lo scopo di «accompagnare il paziente nella riattivazione delle proprie risorse per costruire il proprio progetto di vita nel nuovo contesto».
Le persone assistite provengono dai circuiti di accoglienza o da segnalazioni di associazioni e reti territoriali. Come Zacharia, rifugiato somalo in Italia dal 2020, dopo un percorso migratorio difficile caratterizzato da tre anni di prigioni libiche. O Fatima, rifugiata afghana, che nel suo paese d’origine faceva la calciatrice. Loro, come tanti, hanno trovato assistenza e supporto nei Centri Psyché di MEDU 5.
Il percorso terapeutico qui si sviluppa in tre fasi: si parte dalla «costruzione dell’alleanza terapeutica, della stabilizzazione sintomatologica e della creazione della rete di sostegno psico-sociale», si continua con la «rielaborazione delle memorie traumatiche», e si termina con «l’integrazione delle esperienze traumatiche in una coerente autobiografia della persona». In tutti i centri, poi, il supporto psicosociale si svolge parallelamente all’attività clinica e a quella di orientamento ai servizi del territorio,verso l’autonomia personale e sociale.
Le persone migranti assistite da MEDU sono sopravvissute in media a oltre 7 eventi traumatici pre-migratori, migratori e post-migratori. Perlopiù tortura, detenzione e gravi abusi fisici. Per questo, il più alto numero di diagnosi nel corso del 2023, e in generale nei centri, è quella di disturbo post-traumatico da stress (PTSD), con alcune differenze tra i territori.
A Roma, infatti, le diagnosi depressive hanno superato quelle di PTSD, che restano comunque alte. Questo perché, spiega MEDU, «il percorso di integrazione sociale in una grande città come Roma risulta spesso problematico ed è proprio sul medio periodo, superate le prime fasi dell’accoglienza, che queste difficoltà contribuiscono a far emergere quadri depressivi di interesse clinico».
Nel corso del 2023 nel Centro romano il team di MEDU ha assistito 78 pazienti, di cui 38 donne e 40 uomini, per un totale di 790 colloqui. La maggior parte delle persone migranti proveniva da Afghanistan, Nigeria e Egitto. Sul territorio laziale esistono anche altre esperienze virtuose pubbliche dedicate alla salute mentale delle persone migranti e rifugiate.
Tra queste, il centro SaMiFo (Salute Migranti Forzati) 6 e l’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà 7 (INMP). Entrambi si occupano di assistenza medico-psicologica rivolta specialmente a persone migranti con forti vulnerabilità. MEDU segnala poi l’esperienza del Centro di Prevenzione Psicosociale “Nodo Sankara” della Cooperativa Aelle il Punto, che offre assistenza legale gratuita e interviene sulle prime manifestazioni del disagio psichico.
A Firenze il centro Psyche ha adottato un approccio marcatamente etnopsicologico, in cui la terapia si basa sulla «co-costruzione del significato, in cui terapeuta e paziente collaborano nel comprendere i sintomi e le difficoltà del paziente alla luce della sua cultura d’origine». Qui, il team MEDU ha condotto nel corso del 2023 circa 500 colloqui psicologici con 80 persone, di cui la maggior parte (64%) donne. Le persone assistite provenivano principalmente da Afghanistan, Nigeria e Pakistan.
Nel capoluogo toscano non esistono altri servizi dedicati oltre al centro e all’Ambulatorio Stenone, che fornisce assistenza a senza fissa dimora e persone migranti. Nonostante il recepimento delle Linee guida ministeriali, quindi, la regione Toscana rimane comunque priva di servizi strutturati in maniera omogenea sul territorio: gli unici due servizi pubblici dedicati alla presa in carico di persone migranti con vulnerabilità sono il centro di etnopsicologia clinica e di comunità dell’U.F.C. S.M.A. di Prato e il servizio di etnopsichiatria all’interno del CSM (Centro di Salute Mentale) di Grosseto.
La Sicilia, invece, presenta necessità e servizi diversi rispetto agli altri territori, proprio per la sua natura territoriale di luogo di primo arrivo e sbarco. Il Centro a Ragusa ha effettuato 574 sedute nello scorso anno, assistendo 82 pazienti. Per la maggior parte (82%) si trattava di uomini migranti provenienti da Tunisia, Nigeria e Gambia.
«Assistiamo persone che portano molti sintomi post traumatici, vittime di trattamenti degradanti e tortura. Costruiamo luoghi sicuri, luoghi in cui c’è accoglienza, parola, diritto a essere visti, considerati. Un lavoro lungo, complesso, difficile ma possibile», racconta Giuseppe Cannella, psichiatra e psicoterapeuta.
MEDU effettua poi attività di Psychological First Aid negli hotspot di Cifali e Pozzallo, accompagnando principalmente minori stranieri non accompagnati (65%). Nonostante sul territorio ragusano non esistano altri servizi di supporto psicologico, psichiatrico e psicoterapeutico per persone migranti con vittime di tortura e trattamenti crudeli, inumani e degradanti, nella regione sono attive diverse altre esperienze virtuose. Primo fra tutti, il servizio SoT (Sopravvissuti a Tortura) realizzato a Palermo in collaborazione tra il Policlinico “Paolo Giaccone”, il Dipartimento PROMISE e MSF, attraverso assistenza sanitaria, psicologica e legale. A Catania è poi attivo un ambulatorio di psichiatria transculturale.
Verso un approccio sistemico di presa in carico delle persone migranti
Il modello dei Centri Psyché, così come degli altri network territoriali in cui MEDU opera sul territorio nazionale, rappresentano esperienze virtuose, ma sporadiche. Appare quanto più urgente, vista anche la direzione delle politiche migratorie italiane ed europee – che attraverso accordi con paesi Terzi spingono le persone migranti a scegliere rotte migratorie sempre più pericolose e violente – rendere questo approccio di cura un modello sistemico.
Per farlo, però, secondo MEDU occorre «agire sui sistemi di accoglienza, sulle tempistiche e le caratteristiche della procedura di asilo, mitigare i fattori di incertezza sul futuro, favorire la costruzione di un progetto migratorio e di reti affettive, garantire in tutte le fasi del percorso di riabilitazione medico-psicologica un approccio complementare – basato sulla compresenza di servizi territoriali di base e servizi specialistici per la presa in carico specializzata, la ricerca, la formazione, la supervisione – e culturalmente sensibile».
Mancano risorse umane ed economiche, formazione e servizi accessibili. Occorre una formazione costante degli operatori e delle operatrici nei luoghi di sbarco e prima accoglienza, affinché il percorso di decostruzione del trauma possa essere affrontato il prima possibile.
Va riformato il sistema di accoglienza, in cui da decenni si sta compiendo un lavoro politico di depotenziamento dei servizi di assistenza psicologica, legale, di orientamento ai servizi e alle opportunità. I posti SAI per richiedenti asilo e rifugiati con bisogni specifici non sono sufficienti, costituiscono infatti oggigiorno una parte irrisoria sul totale delle seconde accoglienze.
C’è bisogno di investire sulla mediazione interculturale nei servizi sanitari pubblici, negli sportelli di avviamento al lavoro, nei centri di accoglienza. «Non è possibile che in un ospedale oppure in un consultorio non ci siano i mediatori», denuncia Najla Hassen, mediatrice linguistico interculturale a Ragusa. «La mediazione linguistica è un’interpretazione, un costruire un dizionario per ogni persona che incontriamo. La capacità di non traumatizzare ulteriormente la persona, di limitare il dolore».
Le esperienze positive dei centri Psyché devono diventare un modello virtuoso di pratiche di cura replicabili su tutto il territorio nazionale, affinché si preveda una presa in carico integrata, clinica e psico-sociale, per tutte le persone migranti che arrivano nel nostro Paese. L’accesso alla cura per le persone sopravvissute a tortura e trattamenti inumani e degradanti è un diritto sancito a livello internazionale. Che facciamo ancora molta fatica a garantire.
- Web report Frammenti, Oltre a presentare il modello di intervento dei centri Psychè, Medu cerca di offrire in questo rapporto – realizzato con il sostegno di UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati – una panoramica della complessità attuale del rapporto tra migrazioni, trauma e salute mentale nei paesi di accoglienza
- Consulta le linee guida
- Consulta il vademecum
- Dati RETE SAI
- Le loro testimonianze sono contenute all’interno del web report “Frammenti. Migrazioni, trauma e salute mentale: una risposta possibile” curato da MEDU con il sostegno di UNHCR
- Il Centro nasce nel 2006 dal protocollo di intesa tra ASL Roma 1 e il Centro Astalli. Si occupa di diversi servizi, tra cui orientamento socio-sanitario, ambulatori di Medicina Generale, Psicologia, Psichiatria, Medicina Legale, Ginecologia e Ostetricia, Ortopedia
- L’INMP inaugura le sue attività nel 2007, è un ente pubblico che interviene nell’assistenza in campo socio-sanitario legate alle popolazioni migranti e alla povertà, ed è altresì centro nazionale per la mediazione transculturale in campo sanitario
Albertina Sanchioni
31/7/2024 https://www.meltingpot.org
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