Fukushima chi?
Fukushima? Ho provato a chiedere in giro e alcuni non sanno di che cosa si tratti, alcuni ricordano che deve essere qualcosa che ha a che fare con il nucleare. Eppure quell’11 marzo di quattro anni fa, alle due del pomeriggio ora locale, un fortissimo terremoto nel Mare del Giappone, proprio davanti alle coste di Fukushima, ha provocato una delle più grandi tragedie industriali della storia e ha fatto crollare un mondo di affari e illusioni.
Il terremoto fece sollevare l’acqua marina in una onda alta 15 metri (tsunami, le chiamano) che ha invaso la terra ed è penetrata nella centrale nucleare della cittadina. L’acqua di mare ha allagato e interrotto il funzionamento delle pompe di circolazione dell’acqua di raffreddamento dei tre reattori in funzione; immediatamente sono intervenute le barre che fermano il flusso dei neutroni e la fissione nucleare. Per la mancanza di acqua i reattori però hanno continuato a scaldarsi per il calore liberato dal decadimento spontaneo delle diecine di tonnellate di materiali radioattivi, uranio, plutonio e prodotti di fissione, contenuti nel loro nocciolo che è fuso. Il calore ha provocato la formazione di idrogeno che è esploso distruggendo le strutture di acciaio e cemento contenenti i tre reattori con dispersione nell’ambiente delle sostanze radioattive.
I soccorritori si sono trovati davanti a rottami, aria, terreno e acque contaminati; ci sono stati episodi di coraggio e di sacrificio di operai e tecnici che si sono esposti ad alta radioattività per riattivare la circolazione dell’acqua dell’oceano in modo da disperdere almeno una parte delle sostanze radioattive nel grande mare, evitando conseguenze che avrebbero colpito un gran numero di abitanti dell’intero Giappone.
La fusione del nocciolo dei reattori è il grande pericolo temuto dai costruttori di impianti nucleari, un evento, considerato quasi impossibile e che invece si è verificato tre volte in 15.000 anni-reattore, il numero di anni di funzionamento per il numero dei reattori funzionanti, oggi circa 450. Infatti è successo nel 1979 in un reattore americano, senza contaminazione radioattiva esterna (la radioattività era stata trattenuta all’interno del reattore); poi è successo ancora nel 1986 nel reattore a Chernobyl in Ucraina, con incendio e liberazione di radioattività nell’aria; tale radioattività si era sparsa su parte dell’Europa (era arrivata anche nell’Italia settentrionale). In seguito a questo incidente, peraltro previsto dai movimenti antinucleari, in Italia si tenne nel 1987 un referendum che, a larga maggioranza, impose la cessazione delle attività nucleari in Italia.
Dopo Chernobyl è rallentata la costruzione di nuove centrali in tutto il mondo, ma la potente industria nucleare ha lentamente ripreso fiato; di due centrali, dichiarate ultrasicure, progettate in Francia è stata iniziata la costruzione in Finlandia e in Francia. La cosa sembrava così allettante che nel maggio 2008 il IV governo Berlusconi, appena insediato, annunciò di voler costruire anche in Italia centrali nucleari di “nuova generazione” capaci di “produrre energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto dell’ambiente”. Ci furono accordi fra le società elettriche Enel italiana e Electricité de France, francese, e poi leggi e decreti che avrebbero dovuto regolare le localizzazioni delle future centrali e garantire la sicurezza attraverso nuove agenzie.
Nel 2010 il movimento antinucleare depositò una richiesta di referendum per l’abrogazione di tali leggi; contro il referendum, fissato per il giugno 2011, nel gennaio-febbraio dello stesso anno ci fu una forte propaganda filonucleare; nel marzo la catastrofe di Fukushima dimostrò ancora una volta la fragilità della tecnologia nucleare. L’alta partecipazione al referendum del successivo giugno e la grande maggioranza antinucleare fecero tramontare del tutto, di nuovo, il sogno del nucleare italiano. Per fortuna, perché oggi i famosi reattori francesi ultrasicuri sono ancora da completare e non si sa quando entreranno in funzione.
Comunque le industrie nucleari non mollano, sostenendo che solo il nucleare può far diminuire i pericoli dei mutamenti climatici dovuti al crescente uso di carbone e petrolio e può far fronte ad un aumento del prezzo del petrolio; l’agenzia internazionale per l’energia ha di recente previsto che possa essere necessaria, da oggi al 2050, la costruzione nel mondo di altre 400 centrali nucleari: una previsione assurda sul piano della disponibilità delle risorse naturali, della sicurezza dell’ambiente e ancora più sul piano economico, soprattutto davanti al trionfale cammino delle fonti energetiche rinnovabili.
Queste brevi considerazioni si propongono di dimostrare quanta cautela occorra nelle scelte dei governi in materia di energia e di materie prime; molte tecnologie, dietro promesse meravigliose, nascondono spesso delle trappole da cui poi è difficile uscire. E’ il caso delle fonti di energia fossili, le cui riserve non sono illimitate e il cui crescente uso provoca inquinamento locale e contribuisce ad aggravare i mutamenti climatici a livello planetario. E’ il caso dell’energia nucleare che, anche quando non serve più, lascia delle scorie radioattive di cui è difficile liberarsi per secoli; lo dimostra il dibattito appena cominciato in Italia sul deposito delle diecine di migliaia di tonnellate delle scorie radioattive presenti nel nostro paese. Da qui l’importanza, a livello parlamentare, di un controllo tecnico-scientifico delle prevedibili conseguenze ambientali e sociali di scelte che, a prima vista, sembrano tanto promettenti.
Giorgio Nebbia
12/3/2015 fonte: eddyburg
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