Fuori dalle secche. Il teatrino politico-mediatico e l’autonomia della lotta notav

Non nascondiamocelo: il movimento No Tav ha passato un «brutto quarto d’ora» lungo un anno. Ne sta uscendo, non senza fatica ma con una nuova consapevolezza.

Domenica 31 marzo 2019, al Cinema Massimo di Torino si è svolto l’incontro «La fabbrica del consenso», organizzato dal Controsservatorio Valsusa. Sottotitolo: «Realtà/reality, vero/falso nella rappresentazione mediatica della Nuova Linea ferroviaria Torino-Lione (TAV)». Quasi tre ore di impietoso smontaggio del muro di disinformazione eretto da TV e giornali nell’autunno 2018, prima, durante e dopo la manifestazione sìTav delle cosiddette «Madamin». Un periodo di Totale Mobilmachung, di vera e propria militarizzazione dei media, di bombardamento a difesa della Grande Opera come da tempo non si vedeva.

In origine, l’incontro era nel programma di Biennale Democrazia, ma all’improvviso gli organizzatori della kermesse – tra i cui sponsor c’erano Eni, Intesa San Paolo, Compagnia di San Paolo e Fondazione CRT – hanno posto al Controsservatorio condizioni inaccettabili, e si è giustamente deciso di tenere l’iniziativa altrove, in autonomia. Amen.

Sul sito del Controsservatorio sono già disponibili → i video di tutti gli interventi: hanno parlato Gianna De MasiEzio BertokLivio PepinoWu Ming 1 e Tomaso Montanari.

Rispetto all’impostazione generale, Wu Ming 1 ha spostato lievemente il focus, cercando di rispondere alla domanda: che immagine di sé ha dato il movimento No Tav per gran parte del 2018 e almeno fino al febbraio scorso?

Ci si può fare una prima idea della risposta leggendo titolo e sottotitolo di uno dei riquadri della presentazione multimediale:
«L’inverno del nostro scontento. Estate 2018 – Febbraio 2019: calo di autonomia nell’immagine della lotta, calo di universalità del significante “No Tav”».
Immagine di sfondo: la faccia del ministro Toninelli.

Contro il movimento, in tutti questi anni, sono stati usati, per dirla con Alain Badiou, «nomi separatori» («i violenti», «gli antagonisti» ecc.) e, per dirla con… Wu Ming, «nomi omologanti», come «Nimby» e, con una nettissima prevalenza negli ultimi mesi, «grillini».

La tesi di WM1 è questa: mentre i No Tav non sono mai caduti nella trappola dei nomi separatori, il cui uso da parte del nemico è ogni volta caduto nel vuoto, purtroppo il nome omologante «grillini» ha fatto seri danni.

Nulla di irreparabile, ma molto su cui ragionare, mentre quella fase termina. Termina, sì, e vediamo già il ritorno all’altra strategia, quella basata sui nomi separatori, con il ritorno del frame della «violenza».
Paradossalmente, è un buon segno.

Grazie al Controsservatorio Valsusa per l’invito e l’occasione di poter dire cose che evidentemente «stavano sul gozzo» a molte e molti, a giudicare dalle reazioni in sala (che sentirete) e dai commenti ricevuti in seguito.

→ Buona visione e buon ascolto.

P.S. La presentazione – senza la voce di WM1 a commentare – è navigabile a piacimento qui.

4/4/2019 www.wumingfoundation.com

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *