Gaza. “L’inverno sta arrivando” è ormai una frase da incubo.
La stagione dei sognatori e dei poeti, della cioccolata calda e dei colori scuri e intensi, ha perso la gioia che portava con sé.
Fonte: English version
di Aya Al-Hattab, 1 novembre 2024
Immagine di copertina: Una serata invernale vista dall’ingresso dell’edificio nel quartiere di Tal Al-Hawa, a Gaza City, dove viveva Aya. Foto: Aya Al-Hatta
L’inverno è la stagione dei sognatori e dei poeti. Ogni anno aspettavo con ansia di camminare sotto la pioggia e di addormentarmi al ticchettio delle gocce di pioggia che battevano sulla finestra. Questo periodo dell’anno era particolarmente speciale e affascinante nella città costiera di Gaza, ancor più nel quartiere di Tal Al-Hawa, dove vivevo prima della guerra, vicino al mare.
Le prime piogge dell’inverno portavano una grande gioia nel mio cuore. Sentire qualcuno dire “L’inverno sta arrivando” mi riempiva di felicità. La stagione era dipinta con una tavolozza di tonalità scure e ricche di marrone, rosso e viola. L’inverno significava riunioni di famiglia, barbecue, cioccolata calda nelle notti fredde e, soprattutto, salep, una bevanda calda invernale a base di latte, zucchero, acqua di rose e amido, a volte con l’aggiunta di miele, mandorle e pistacchi.
Amiamo i dolci orientali come la basbousa (torta di semolino) e la torta dolce all’arancia. Ma in particolare, ai palestinesi piace il knafeh, un dolce di pasta filata, imbevuto di uno sciroppo dolce a base di zucchero e ricoperto di formaggio o di panna montata. Il knafeh era particolarmente delizioso in inverno.
L’inverno significava ascoltare Fairuz in cuffia mentre attraversavo la piazza dell’università sotto la pioggia per incontrare i miei amici in un accogliente caffè di Gaza City, dove insieme ci godevamo le serate musicali. Gennaio significava avvolgersi in una calda kaffiyeh per sostenere gli esami finali all’università.
Un bel ricordo di pioggia invernale
In un giorno ventoso, io e la mia sorella gemella Amal siamo uscite a camminare per le strade di Tal Al-Hawa. L’aria profumava di pioggia. Ci siamo dirette verso il lungomare di Gaza City, dove siamo rimaste a osservare i venti forti e le alte onde, un panorama invernale infinitamente affascinante che mi liberò la mente prima del ritorno a casa, al nostro caldo rifugio familiare.
Mentre pioveva a dirotto e le gocce di pioggia scendendo diventavano dei cristalli, scattammo foto della strada, foto di delicati fiocchi di neve che cadevano a terra.
Ho a cuore questi momenti, i ricordi della mia casa e della mia famiglia. Non c’è niente di più confortante di una casa calda e piena di sentimenti altrettanto caldi.
Non posso pensare che questi tesori siano scomparsi.
Prima dell’arrivo dell’inverno, mi ero preparata acquistando un nuovo guardaroba: cappotto, scarpe, maglioni e, soprattutto, libri da leggere durante le vacanze invernali. Lo scorso ottobre avevo comprato un gran numero di libri in previsione di molte ore piacevoli di lettura e di sogno.
Ma non sono mai riuscita a rannicchiarmi su un accogliente divano per leggerli.
L’inverno diventa minaccioso
Quando nell’ottobre del 2023 improvvisamente iniziò la guerra e fummo costretti a lasciare la casa, non portai con me né i libri né i vestiti, pensando che sarei tornata prima dell’inverno. Tutto quello che potei fare fu esaminare rapidamente il mio guardaroba prima di uscire. Avevo pianificato meticolosamente tutta la stagione, ma la pianificazione si è rivelata inutile.
L’inverno è arrivato all’improvviso, portando con sé il suo freddo gelido. Ci siamo ritrovati in un luogo desolato e incolore, chiedendoci dove fossero finiti i colori caldi che ci sono cari. La pioggia fredda ci cadeva addosso mentre dormivamo, perché non c’erano né finestre né porte a proteggerci. Abbiamo usato acqua gelida che pungeva la pelle e congelava le ossa; non c’era nessuna fonte di calore.
Ci piaceva mangiare tutti insieme, soprattutto durante l’inverno. Ordinavamo hamburger o preparavamo fettuccine con il pollo, assaporando piatti occidentali e arabi, insieme a molta frutta. Il cibo ci dava energia e teneva il nostro corpo al caldo.
Ma questa è una guerra di fame. Stiamo vivendo un genocidio e un modo sinistro di perpetrarlo è quello di distruggere le scorte di cibo. Da ottobre a dicembre, la Striscia di Gaza è stata sottoposta a un assedio totale; non è stato permesso l’ingresso di cibo; assicurarsi anche un solo pasto al giorno è stata una sfida.
Mi sono seduta sul pavimento, lottando per tenermi al caldo senza vestiti invernali e incapace di muovermi a causa del freddo pungente, ho sopportato i mesi invernali sentendomi male e diventando esile di corpo e di spirito. I ricordi del mio letto caldo e delle morbide coperte e sciarpe di lana riempivano i miei pensieri. Desideravo ardentemente poter tornare lì, anche solo per un giorno. Ma i giorni sono diventati mesi.
L’occupazione israeliana continua a tormentarci in ogni modo possibile: ci bloccano, ci negano il cibo e aggravano la carestia. Ci aggrediscono psicologicamente, ci intimidiscono con ripetuti ordini di evacuazione e hanno bloccato l’ingresso di qualsiasi indumento per un anno intero.
L’inverno è per me la parte più insopportabile di questa guerra.
La pioggia ha un nuovo significato
Ora, quando sento il rumore della pioggia, la mia mente si volge immancabilmente verso le famiglie sfollate nelle tende. La pioggia non porta più dolci profumi e strade lucide; si infiltra nelle tende, lasciando le persone bagnate e le loro cose inzuppate, senza un altro posto dove andare e senza altra scelta che aspettare che smetta di piovere. Un forte temporale comporta rischi ancora maggiori. È molto probabile che le tende vengano strappate, danneggiate o rovesciate, trasformando una situazione già difficile in una catastrofe.
La cosa peggiore è che nessuno di noi può stare al caldo. Vivere in una tenda è come stare all’aperto. I genitori usano sacchi di nylon per coprire i loro bambini mentre dormono, nel tentativo di tenerli asciutti e di proteggerli dalle malattie. Non sono l’ unica a non avere vestiti invernali: tutte le famiglie gazawi hanno dovuto abbandonare le loro case e tutti i loro averi sotto la minaccia di sparatorie o bombardamenti.
Dopo un anno intero di guerra, l’inverno sta arrivando di nuovo, ma non lo aspetto con gioia. Il pensiero di dover affrontare un altro rigido inverno mi spaventa terribilmente. Mi rifiuto di vivere di nuovo le stesse privazioni e sofferenze. Il mondo forse dimentica che noi, come famiglie, un tempo avevamo case che ci proteggevano dalla durezza dell’inverno, vestiti caldi in cui avvolgerci, cibo per sostenerci e fonti di calore per tenerci al caldo?
Ho nostalgia del calore della nostra casa, ora distrutta. Desidero che tutte le famiglie tornino nelle loro case calde, tutte distrutte.
Per la prima volta, temo l’arrivo dell’inverno e vorrei che se ne andasse.
Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org
16/12/2024 https://www.invictapalestina.org
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