Genova: decoro ed esche per turisti
L’immagine di Genova raccontata nei testi di Dè Andrè sembra essersi dissolta, le amministrazioni comunali hanno attuato politiche di turistificazione e gentrificazione. I turisti affollano sempre più i vicoli e le scogliere, il decoro viene imposto lì dove l’indigenza reclama diritti, ai quali si risponde con focacce oblunghe
Se il processo di trasformazione di Genova va avanti da anni, i fine settimana primaverili sono il banco di prova della stagione turistica e l’amministrazione locale ha infilato una riga di azioni più o meno grottesche sintetizzano in maniera clamorosa la piega presa dal millantato “progresso”, la trasformazione di Genova in un parco a tema.
Il 23 aprile è stata celebrata la festa della Bandiera, la festa artificiale inventata dal sindaco Marco Bucci per oscurare l’imbarazzante per lui e per i suoi sostenitori ricorrenza del 25 aprile. L’iniziativa, creata nel 2019, è forse uno dei tentativi più smaccati e più goffi della giunta di attaccare la memoria antifascista della città (già molto annacquata negli anni). Ma non solo: si tratta in generale di comporre una narrazione da parco a tema in cui si affastellano aneddotica storica (più o meno fondata), ostentazione gastronomica, inglesismi taumaturgici e distruzione e ricomposizione della città.
Sull’onda di questa riscrittura storica e urbana altre due iniziative colpiscono l’immaginario.
Da un lato la proposta da parte del presidente del Municipio Centro Est, Andrea Carratù, fedele pretoriano del sindaco Bucci, di apporre una targa celebrativa di chi, nell’epico Medioevo della città, la Superba e Dominante sui Mari, ha contribuito con spirito di abnegazione e duro lavoro alla costruzione delle imponenti strutture del porto Antico: le bagasce, dialetto per prostitute.
Sì, la Repubblica nel XIV secolo riconosceva la professione, la tutelava e tassava e con quelle tasse finanziava opere pubbliche.
La proposta in realtà parte da lontano, da associazioni anche adatte a trattare l’argomento. Il problema è nell’ipocrisia del gesto istituzionale in primo luogo, e in come questa targa sia l’ennesimo tassello di un mosaico complesso, appunto la narrazione adulterata della città. Tralasciando poi le problematiche di Stato pappone che lucra sulle lavoratrici del sesso per pagare lavori pubblici.
Ma il le contraddizioni si accentuano ulteriormente considerato che l’attuale amministrazione comunale si distingue per bigotteria, per aver revocato il patrocinio al gay pride, per aver anteposto il “decoro” al benessere dei cittadini più svantaggiati, per aver multato i clochard, per aver arruolato sempre più agenti della polizia locale incaricandoli di ruoli sempre più di sicurezza e repressione al punto da ottenere la reazione infastidita della polizia di Stato. È alleata politica e sostiene a livello nazionale fascisti e cattolici aggressivamente conservatori, contro educazione sessuale, aborto, politiche sociali, redistribuzione della ricchezza.
Una operazione “à la De André”, il De André ormai davvero sputtanato, che canta in continuazione, schiavo, nei megafoni di via Garibaldi e via del Campo, le sue canzoni più orecchiabili, spuntato di tutti i suoi spigoli critici del potere, trasformato in un mediocre santino. Via il whisky per tollerare la folla, solo uno spritzino con i croceristi. Via le sigarette e l’anarchia, una bella svapata sul Waterfront.
Le puttane restano solo come comparse della cartolina, anch’esse astratte, non esistono davvero nella realtà, solo nella narrazione romanticizzata, senza ricordare da dove venivano quelle tasse, da quale attività.
Questa stessa amministrazione ora, nella sua narrazione grottescamente ibrida di antico grandeur e inverosimile progresso, mentre con sbirri e airbnb (e con il benestare di liberal e moderati) spazza via il tessuto sociale problematico e vivo del centro storico e nel contempo prepara l’ennesimo quadretto souvenir di una città che vuole sempre più morta, insetto nell’ambra o meglio pupazzetto nella boccia di plastica con la neve finta.
Il grottesco raddoppia a stretto giro, con la focaccia più lunga del mondo, una tavolata unta per via XX settembre, un guinness da mostrare come una medaglia, un titolo sui giornali, un’esca in più per i turisti, una manifestazione clamorosa di panem et circenses per i cittadini, nella maniera più letterale possibile. E un modo pacchiano per accogliere la mostruosità galleggiante della nuova ammiraglia di Msc Crociere, la Msc World Europa, un behemot da 6000 passeggeri. Uno scivolo dorato e unto che richiama l’altrettanto bassa carnevalata dello scivolo con cui Costa Crociere ha comprato simpatia e benevolenza nel 2018.
La città scivola quindi, con più rapidità ma con la stessa eleganza di Toti e Bucci in quel 2018, verso le fauci della turistificazione e della gentrificazione più becere.
Ormai nessuno nega che il moltiplicarsi di affitti brevi per i turisti stia riducendo la disponibilità di appartamenti in locazione a prezzi accessibili. I dehors, aumentati a dismisura per aiutare i bottegai a sopravvivere alle limitazioni dell’era Covid, con concessioni gratuite di suolo pubblico che dovevano essere solo temporanee sono state prorogate ormai per il terzo anno consecutivo e certi vicoli ormai sono a senso unico alternato per via di tavolini e sgabelli. Le uniche attività che aprono sono bar e ristorantini, se hanno un nome in dialetto nove su dieci sono nati negli ultimi 5 anni e sono trappole per turisti. Se non sono bar e ristoranti sono gallerie di design artificialmente imposte dall’alto e tutti frignano di essere ostaggio della criminalità e dicono “va sempre peggio” quando chiunque abbia vissuto nei vicoli sa come i vicoli siano sempre meno pericolosi.
E sia chiaro, non si vogliono celebrare disagio, abbandono, droga e violenza. Ma la rabbia nei confronti di chi romanticizza spudoratamente disagio, abbandono, droga e violenza per monetizzare e nel contempo bonifica il quartiere a suon di multe, manganelli e affitti gonfiati semplicemente spostando disagio, droga, abbandono e violenza un po’ più in là, polvere sotto il tappeto, senza intervenire minimamente sulle cause reali, questa rabbia monta.
Il mugugno plebeo, che è stereotipo ligure, ma anche il giusto sintomo del malcontento popolare viene zittito brandendo parole magiche come “progresso”, “lavoro” e soprattutto “denaro”. Brandendole come manganelli, prima di usare davvero i manganelli, screditando chi fa una critica più strutturata con accuse di essere contro il “fare”, di voler tenere la città nella stagnazione. Molti ci credono, soprattutto nei quartieri lontani dai fastidi. I cassoni per i lavori del porto o i lavori per il terzo valico, o la distruzione del tessuto sociale del centro storico piacciono a Carignano, a Nervi, storici bacini di elettori benestanti… e forse anche nei quartieri periferici il malcontento di chi non è direttamente toccato è distratto da promesse di sicurezza brutale e piccole concessioni di parchetti e marciapiedi nuovi.
Ma fino a quando Genova tollererà questa svendita spacciata per progresso? Chissà se “cadrà una bagascia in mare*”
(*espressione genovese per definire una cosa improbabile, visto che alle prostitute non era concesso entrare nell’area del porto).
Federico De Salvo
29/4/2023 https://www.dinamopress.it/
Immagine di copertina da Openverse di Paolo Margari | paolomargari.eu
La prile 2023, https://www.osservatoriorepressione.info/studenti-piacenza-alla-manutenzione-dei-cacciabombardieri-f-35/
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