Presstv.ir. Nel territorio palestinese assediato di Gaza, devastato da 14 mesi di guerra genocida, Abubaker Abed, giornalista ventunenne di Deir al-Balah, è diventato una potente voce che racconta la realtà della Striscia in modo onesto e veritiero.
Il giovane giornalista ha documentato senza alcuna paura gli orrori quotidiani del genocidio, incarnando al contempo lo spirito indomito del suo popolo. Ha raccontato la sua storia e quella del suo popolo.
Nei 455 giorni del genocidio israelo-americano nel territorio costiero, almeno 201 giornalisti sono stati uccisi, con un bilancio complessivo delle vittime che ha superato le 45.600, il 70 percento delle quali bambini e donne.
I reportage di Abed mettono in luce la sofferenza inimmaginabile, il coraggio indomito e la speranza collettiva di pace e normalità presenti nel più grande campo di concentramento all’aperto del mondo.
La settimana scorsa, in un reportage per Press TV, Abed ha raccontato le sfide enormi che i giornalisti devono affrontare mentre documentano il genocidio. Nonostante gli alti rischi, il coraggio di questi guerrieri dei media è sbalorditivo.
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Nato e cresciuto a Deir al-Balah, Abed ha assistito a numerose aggressioni israeliane nel corso degli anni – nel 2008, 2012, 2014 e 2021. Ma la guerra genocida in corso, iniziata 455 giorni fa, è stata la più devastante per lui e per tutta la sua generazione.
Noto grazie anche alla sua grande passione per il calcio, Abed una volta sognava un futuro nel quale avrebbe scritto e commentato questo gioco, molto popolare a Gaza. Non avrebbe mai immaginato che un giorno avrebbe raccontato gli orribili massacri del suo popolo, i crimini di guerra genocidi di un regime di apartheid.
A fine agosto, in un’intervista col sito web di Press TV, Abed aveva parlato con entusiasmo del suo amore per il calcio e della sua ammirazione per la squadra del Chelsea FC, prima che il club della Premier League con sede a Fulham sostenesse apertamente la campagna genocida del regime israeliano contro i palestinesi.
Fluente in inglese, Abed ha affinato le sue competenze linguistiche guardando le partite del Chelsea e seguendo alcuni giocatori iconici come Frank Lampard e John Terry e allenatori come José Mourinho e Roberto Di Matteo.
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Abed ora invece racconta di vite distrutte, case demolite e di una popolazione sotto assedio.
Circostanze impreviste hanno costretto il giovane uomo dai sogni semplici a indossare un gilet con la scritta PRESS e a raccontare i crimini genocidi quotidiani commessi contro il suo popolo: amici, familiari e altri cittadini di Gaza.
A soli 21 anni, ma più maturo rispetto alla sua età, Abed è il corrispondente più giovane di Press TV. I suoi resoconti inviati dal nord di Gaza hanno esposto i crimini di guerra genocidi del regime israeliano evidenziando al contempo la straordinaria resilienza del popolo palestinese.
Dai bambini scalzi che sfidano le notti gelide in tende di fortuna alla scomparsa forzata di un amato medico, alla distruzione di ospedali e università, al massacro di giornalisti e atleti, i racconti di Abed rompono il silenzio con cruda verità e incrollabile determinazione.
I suoi reportage ispirano anche speranza: la speranza di un domani migliore, la speranza di una Palestina libera.
Attraverso i suoi intensi reportage, gli scritti evocativi, i post sentiti e le immagini strazianti, il giornalista ventunenne non solo testimonia, ma amplifica anche le voci dei palestinesi, assicurandosi che il mondo ascolti le loro grida, ammiri la loro forza e li sostenga nella lotta contro l’occupazione.
In un post su X (ex Twitter) del 25 ottobre, Abed ha condiviso una toccante foto sua mentre è seduto accanto ad un’anziana donna palestinese, con un quaderno e una penna in mano.
“Ascoltare e trasmettere le storie delle persone al mondo mentre si è traumatizzati e affamati non è giornalismo. Va oltre, molto oltre”, ha scritto.
“Continuiamo a scrivere e a difendere la nostra patria e apprezziamo molto il supporto di giornalisti umani e veri in tutto il mondo”.
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I resoconti di Abed dal nord di Gaza sono strazianti e profondamente stimolanti. Nel suo ultimo reportage dell’anno inviato a Press TV martedì scorso, ha riflettuto sull’anno solare di tragedie e orrori per la sua sanguinante patria.
“La gente di Gaza spera in un nuovo anno pieno di pace e benedizioni, poiché il loro dolore è peggiorato durante l’anno passato”, ha scritto, aggiungendo di sentirsi “privilegiato e onorato per essersi unito” a Press TV.
L’articolo ha ripercorso gli eventi dell’anno, caratterizzati dalla peggiore catastrofe umanitaria col genocidio in corso e i massacri quotidiani, nei quali la maggior parte delle vittime sono bambini e donne.
Un anno da dimenticare che è iniziato con il genocidio e si è concluso con il genocidio.
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Il giorno precedente Abed aveva riferito della scomparsa forzata dell’amato medico di Gaza, il dottor Hussam Abu Safiya, direttore dell’ospedale Kamal Adwan.
Fino a poco tempo fa, era l’unico ospedale parzialmente funzionante nel nord di Gaza.
Il dottor Abu Safiya, che aveva già perso il figlio nel genocidio in corso e riportato gravi ferite durante i raid militari contro l’ospedale, si è rifiutato di abbandonare i suoi pazienti nonostante le minacce.
La scorsa settimana, le forze del regime hanno nuovamente fatto irruzione nell’ospedale, arrestando più di 300 pazienti e personale medico, tra cui il dottor Abu Safiya. Una immagine inquietante di lui mentre cammina tra le rovine dirigendosi verso un carro armato israeliano è diventata virale. Al momento, non si sa dove si trovi.
“Reportage sulla detenzione del dottor Hussam Abu-Safiya e del personale medico, e notizia di Israele che tortura i prigionieri palestinesi”, ha scritto Abed in un tweet.
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Abed ha anche riferito sulle numerose sfide che i cittadini di Gaza devono affrontare durante il rigido inverno, in particolare coloro che vivono nelle tende di fortuna che sono state allagate dall’acqua piovana negli ultimi giorni.
Almeno cinque palestinesi, per lo più bambini, sono morti a causa del freddo intenso la scorsa settimana, mentre le temperature scendevano velocemente, secondo i funzionari locali.
“Sono andato in una tenda di 8 bambini di notte, la cui madre è morta durante la guerra, per avvertirli delle temperature gelide. Ho appena visto bambini scalzi tremare di freddo, paura e fame, che dormivano solo su un paio di materassi con tre coperte”, ha condiviso Abed su X, accompagnando il suo reportage per Press TV.
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Il giovane giornalista palestinese ha anche riferito di attacchi deliberati di Israele contro le moschee di Gaza, della distruzione di scuole e del preoccupante collasso del sistema sanitario in tutta la regione.
Secondo gli ultimi dati pubblicati dal Ministero della Salute di Gaza, un totale di 981 moschee sono state completamente o parzialmente distrutte in 450 giorni di guerra genocida sul territorio assediato.
“Israele ha distrutto oltre l’80 percento delle moschee di Gaza e ucciso molti imam e religiosi, privando le persone del culto. Le poche rimaste sono ora trasformate in rifugi di fortuna”, ha riferito Abed il 28 dicembre dalle rovine di una moschea a Deir al-Balah.
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Abed ha anche trattato ampiamente le uccisioni deliberate di atleti palestinesi, tra cui calciatori, e la distruzione delle strutture sportive di Gaza da parte dell’occupazione israeliana.
Nell’ultima dichiarazione, la Palestinian Football Association ha rivelato che almeno 704 atleti, tra cui 400 calciatori, 94 dei quali bambini, sono stati uccisi dall’ottobre 2023.
La FIFA, l’organo di governo del calcio mondiale, ha dovuto affrontare aspre critiche per aver ripetutamente ritardato la sua decisione sulla richiesta della Palestina di sospendere Israele dal calcio internazionale.
“Noi, calciatori… non rappresentiamo alcuna minaccia per l’esercito israeliano. Il nostro futuro è stato distrutto qui a Gaza… Ora non ci è rimasto più nulla”, ha detto Abed citando Ezz Shaqoura, un difensore del Khadamat Al-Maghazi, in un rapporto di ottobre per Press TV.
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Ha anche raccontato cosa significa per i tifosi essere bloccati in uno stadio a Gaza, vivendo in tende improvvisate e permeabili, evidenziando anche la forza indomabile, la resilienza e la speranza che le persone esprimono nonostante 14 mesi di morte e devastazione ovunque.
Il lavoro di Abed ha guadagnato rispetto e ammirazione da parte di molte persone in tutto il mondo.
“Grazie, @AbubakerAbedW!! Il tuo spirito indomito, il tuo calore, la tua lotta e la tua luce sono un esempio della lotta anticoloniale che senza dubbio trionferà”, ha scritto Meywa Montenegro, un’accademica degli Stati Uniti. “Profonda gratitudine per tutte le storie che hai condiviso quest’anno”.
“In onore del giornalista palestinese Abubaker Abed @AbubakerAbedW, la cui voce risoluta e la cui incrollabile dedizione mettono in luce la resilienza della Palestina e lo spirito indomito di Gaza: le tue parole ispirano speranza, giustizia e unità”, ha scritto l’utente di X e artista Bana Jebreel.
Alcuni hanno persino espresso preoccupazione per l’incolumità di Abed mentre raccontava la guerra genocida dato che molti dei suoi colleghi sono già morti. Tuttavia, egli rimane risoluto e indomito.
“Press TV mi ha offerto tutti i mezzi di protezione e ha mostrato grande interesse per la mia sicurezza. Sono io che mi rifiuto di indossare un giubbotto e un casco come quelli che indossano i giornalisti”, ha scritto in risposta a un utente dei social media che si chiedeva perché non indossasse un giubbotto.
“È inutile dal momento che non hanno protetto 176 colleghi giornalisti. Inoltre, non voglio sentirmi come un corrispondente di guerra”.
Essendo un giovane giornalista sportivo di lingua inglese, nell’agosto dello scorso anno Abed aveva dichiarato al sito web di Press TV di aver avuto “numerose opportunità” per lasciare Gaza, ma non ha voluto lasciare indietro la sua famiglia e i suoi amici.
“Come persona di Deir al-Balah, ho insistito per coprire le notizie da qui perché la maggior parte dei giornalisti sul campo non ha familiarità con la zona come me. Ma ancora più importante, non posso lasciare la mia patria. Devo difenderla con le mie parole, è il minimo che posso fare”, ha affermato.
Ed è esattamente ciò che continua a fare.
Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi
6/1/2025 https://www.infopal.it
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