GIORNALISTI CON LA BAIONETTA
In questo articolo vogliamo provare a ragionare sulle motivazioni che si celano dietro il dibattito portato avanti nel nostro paese sul conflitto tra Ucraina e Russia. Il dibattito pubblico in queste settimane oltre a essere di un livello drammaticamente basso, qualsiasi pensiero che sia più articolato del concetto buoni e cattivi o occidente baluardo dell’umanità viene ostracizzato ed esposto alla pubblica gogna, è dominato da un giornalismo con l’elmetto che sta creando l’humus ideologico per giustificare l’invio di armi e soldati nelle zone di conflitto e per l’aumento al 2% del PIL delle spese militari. Abbiamo i principali programmi TV e le più importanti testate giornalistiche che avallano e portano avanti posizioni guerrafondaie, con l’assurdo che generali o ex generali (1) facciano delle dichiarazioni che possono apparire più moderate rispetto a quelle dei giornalisti con la baionetta.
Ma perché avviene tutto questo? Da anni abbiamo notato come il dibattito pubblico si sia impoverito finendo spesso per banalizzare e accettare una visione manichea di tematiche complicate, il dibattito sul conflitto in Ucraina appare come un’impennata nella capacità del sistema mediatico di sviluppare narrazioni ed “analisi” all’insegna dell’unilateralità. Col risultato che questo connubio fra racconto unilaterale della stampa, a smaccate tinte interventiste, non solo produce la già citata polarizzazione dell’opinione pubblica nel tentativo di spingerla ad accettare sacrifici in nome della guerra ma si traduce anche nella legittimazione ad un enorme regalo all’industria degli armamenti. Da comunisti non abbiamo alcuna illusione sull’ idea che possa esistere una stampa super partes, sappiamo bene che i vari gruppi editoriali rispondono alle necessità dei grandi gruppi che hanno alle spalle, ne abbiamo parlato qualche tempo fa (2).
( Andamento del valore delle azioni di Leonardo nel periodo Gennaio 2022 Marzo 2022. Fonte “borsaitaliana.it”)
La guerra in Ucraina da un lato sta favorendo la creazione di profitti immediati per settori particolari del capitale, Leonardo, per fare un esempio, dall’ inizio della guerra ha visto le sue azioni aumentare di circa il 30%, dall’altro lato il deterioramento di rapporti economici con la Russia è andato invece a danneggiare nell’immediato altri settori economici, fra cui strati di piccola borghesia, che vedono in questo periodo straordinario una minaccia ai loro interessi e alla loro condizione. Se si amplia il ragionamento oltre il breve termine, un contesto di riarmo generalizzato delle nazioni europee è un contesto che, superata la crisi in Ucraina, favorirà i monopoli che potranno godere delle risorse militari per la difesa e l’espansione dei propri interessi in giro per il mondo. Ad esempio, i monopoli tedeschi che nell’ immediato sono quelli che subiscono maggiormente l’arresto dei rapporti economici con la Russia, grazie al raddoppio dei fondi per le spese militari, fino a 100 miliardi, godranno nel prossimo futuro di un supporto militare che per ovvie ragioni storiche la Germania non aveva potuto garantire fino ad oggi.
(Giornali cartacei e online, settimanali, mensili e radio del gruppo Gedi, fonte:http://www.gedispa.it/it/il-gruppo/brand.html)
Tra le testate giornalistiche più aggressive in queste lunghe settimano troviamo “Repubblica” e “La Stampa” che appartengono al gruppo Gedi, uno dei principali gruppi editoriali in Italia. Questo gruppo editoriale possiede 26 tra quotidiani e periodici, tra i principali oltre La Repubblica e La Stampa ci sono Il secolo XIX, L’espresso e Limes, 3 radio tra cui Radio Capital e Radio DeeJay e alcuni giornali online, tra cui l’Huffpost. Il gruppo Gedi(3) fa parte del Gruppo Exor una holding finanziaria olandese controllata dalla famiglia Agnelli che oltre ad essere la principale azionista del gruppo Gedi ha anche investimenti in altre società quali Ferrari, Juventus, Stellantis, Iveco e Rolls-Royce. Soffermandosi su queste ultime due si scopre come, oltre alla produzione civile, queste due società siano interessate nella produzione di veicoli bellici(4). La Iveco tra i suoi marchi vede la Iveco Defence Vehicle, che produce veicoli per scopi speciali. Iveco ha poi costituito con Leonardo, gigante nazionale della difesa, il Consorzio Iveco Oto Melara (Cio), una joint venture che produce autoblindo Centauro II e veicoli di combattimento fanteria Vbm Freccia, forniti oltre che all’ esercito Italiano anche a Spagna, Giordania e Oman(5). Dall’ altro lato la Rolls-Royce che ha ricevuto commesse militari da Germania, Sud-Corea e Gran Bretagna è il partner di Leonardo nel programma “tempest” per la produzione di caccia di nuova generazione. (6)
(Le principali aziende coinvolte nell’ export di armi, dati 2020 fonte www.archiviodisarmo.it)
Ridicolizzano e sbeffeggiano qualsiasi opinione provi a smontare o mettere in dubbio questa escalation militarista con un bombardamento continuo (7,8). Urlano che se non si rifornisce di armi l’Ucraina si è filorussi e sostenitori di una criminale invasione, trasformano personaggi come il professor Orsini, notoriamente filo americano, in uno strenuo sostenitore di Putin. L’obiettivo è creare un clima per cui sia inevitabile l’aumento delle spese militari nonostante la pandemia da Covid-19 abbia evidenziato lo stato emergenziale in cui versa il nostro paese date le carenze dei servizi pubblici, a partire dalla sanità.
Ecco, quindi, alcuni mezzi di informazione legati direttamente o indirettamente ai profitti dell’industria bellica alimentano questa marea guerrafondaia per poterne cavalcare l’onda in vista di un profitto immediato, altri che in un prossimo futuro godranno di questo clima per estendere la propria aggressività internazionale. Nonostante la stragrande maggioranza degli italiani sia contraria a un qualsiasi intervento del proprio paese nel conflitto, si sta preparando ideologicamente il terreno alla guerra, il tutto sia per il beneficio di quel pezzo di capitale italiano direttamente coinvolto nella produzione bellica sia per quella fetta di padronato che ha tutto da guadagnare dal mantenimento del conflitto in Ucraina, pensiamo ad esempio all’ Eni che ha schierato sin da subito l’AGI in prima linea in questa crociata guerrafondaia (9).
Come comunisti dobbiamo denunciare questo contesto di riarmo e di propaganda di guerra. Siamo tornati a sentire frasi come “lottare per la difesa dei nostri valori”, siamo consapevoli della tendenza alla guerra del capitalismo come conseguenza della competizione tra i vari poli imperialisti e, proprio in virtù della fase multipolare presente oggi giorno, questo montante clima di guerra non lascia ben sperare. In questo contesto in cui i padroni adoperano al massimo la propria potenza di fuoco mediatica e ideologica risulta ancora più evidente l’insufficienza da parte di un polo di classe che sia in grado di rompere con i propri mezzi l’omologazione mediatica e far avanzare una posizione coerente con gli interessi dei lavoratori di ogni nazionalità su questa e sulle future guerre.
Riccardo Beschi
Note:
2 www.gedispa.it/it/il-gruppo/brand.html
9 https://www.agi.it/estero/news/2022-03-21/diretta-guerra-ucraina-russia-zelensky-16083649/
10/4/2022 https://www.lordinenuovo.it/
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