Giubileo 2015: a chi spetta l’indulgenza?

«Sentire misericordia, questa parola cambia tutto. È il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto.». A sentire le parole del cardinale Kasper pare che questo Giubileo della misericordia sia l’occasione per uscire da quella crisi che da anni ha colpito il nostro paese ed in particolare la Capitale fra debiti, scandali e disservizi, che oltre ad essere economica è politica e sociale.
Da quando a Marzo 2015 Papa Francesco ha indetto l’Anno Santo straordinario, però, tutte le delibere, i bandi e gli accordi fatti da Governo e Comune sembrano andare in un’altra direzione.

Per ricordare i fatti recenti, il 24 Novembre scorso è stato firmato da Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Cgil, Cisl e Uil di settore e associazioni datoriali un “Protocollo di intesa per il Giubileo straordinario della Misericordia”, che prevede l’istituzione di una cabina di regia presso il ministero “pergestire e prevenire le vertenze conflittuali“, ovvero gli scioperi, in tutto il sistema nazionale dei servizi del trasporto pubblico, dai bus alle metro, alle ferrovie e agli aerei. L’accordo individua trenta date legate a grandi eventi dell’Anno Santo in cui scatta la franchigia.
Il 10 Dicembre la Commissione di garanzia sugli scioperi ha poi esteso l’accordo sugli scioperi nei trasporti “ai sindacati non firmatari e lo ha allargato a tutti i servizi pubblici essenziali”. Sul fronte scioperi a Roma, ha assicurato il garante degli scioperi Roberto Alesse a Radio Radicale, “ci saranno pochi problemi durante il Giubileo”.
Ci viene spontaneo chiedere: e su tutti gli altri fronti?
Perché anche volendosi limitare al solo trasporto pubblico locale, il fatto che gli autobus passano una volta ogni 20 minuti quando va bene, che ad inizio anno siano state tagliate molte linee periferiche per ‘razionalizzare’ il servizio, il fatto che i mezzi romani abbiano in media più di 11 anni ed il 36% delle vetture resta ferma nei depositi per mancanza di fondi, il sottorganico costante per cui non si riescono a coprire le corse, sono problemi che non dipendono certo dagli scioperi dei dipendenti ATAC. Anzi, se c’è una qualche possibilità che questa situazione cambi in meglio essa passa necessariamente per l’interessamento diretto dei lavoratori che ogni giorno mettono a rischio la propria sicurezza per fare andare avanti l’azienda. E’ esattamente quello che è successo nel caso delle lotte durissime e difficili dei lavoratori della Roma TPL, come evidenziato bene dall’USB nel suo comunicato.

Lo stesso Alesse ha dichiarato a Radio Radicale che nel settore dei trasporti pubblici a Roma “si è arrivati a una situazione così drammatica certamente per una questione di mala-gestione, e anche per una restrizione massiccia delle risorse pubbliche. Quindi abbiamo autobus rotti, che non sono più efficienti, manutenzione sporadica. E’ un sistema che rischia di collassare in maniera definitiva. Gli scioperi sono una spia di profondi malesseri in questo settore. Erano notevoli con Veltroni, così come con Alemanno e da ultimo sotto la giunta Marino. Lo sciopero è spia della profonda crisi che è in atto tra azienda e lavoratori.
Ma se gli scioperi sono una spia e non una causa perché non cercare di porre rimedio alle cause e decidere di spegnere soltanto la spia?
Perché è certamente più comodo e semplice.

E così politici, televisioni e giornali con una prodigiosa inversione del rapporto causa-effetto, dimenticano i problemi strutturali della città – come il debito comunale ed il decreto Salva Roma che dovrebbe risanarlo con cui da ormai 2 anni si impongono tagli a servizi, salari e diritti, o il costante sottorganico di moltissime aziende pubbliche – e l’unica cosa di cui vale la pena preoccuparsi sono i disagi legati agli eventuali scioperi dei lavoratori, alla loro ‘fannulloneria’ o a cose simili. E nessuna indulgenza, per carità!, per chi fa arrivare i pellegrini in ritardo perché sta scioperando contro il rischio di licenziamento – come accaduto nella vicenda dei lavoratori dell’azienda Caf che si occupa della manutenzione dei mezzi dell’ATAC – o perché non gli pagano lo stipendio – come successo agli autisti della Roma Tpl.
Così si impone ai vigili urbani di rendersi sempre reperibili fino al 1 gennaio 2016 “per motivi organizzativi”, rendendo di fatto una formula a carattere volontario (a fronte del pagamento di una voce salariale mensile si da la disponibilità a presentarsi in servizio in caso di emergenze cittadine), quale la reperibilità,un obbligo. Non sia mai che un pellegrino si perda per Roma!

Come aveva già mostrato il caso EXPO basta un’eccezione per cambiare le regole e trasformare un diritto in un privilegio, che si tratti della crisi, del debito o di un grande evento. Nel giro di 1 anno è il secondo ‘evento eccezionale’ per cui dobbiamo sacrificarci e, lo sappiamo, i governanti sono facili alle proroghe.
E’ esattamente ciò che è avvenuto in occasione del Giubileo del 2000 in cui per rafforzare la rete dei trasporti pubblici locali il Comune di Roma creò le cosiddette Linee J che vennero affidate ‘provvisoriamente’ ad aziende private con il compito di trasportare i turisti venuti a Roma per il giubileo e non solo loro verso i punti di attrazione civile e religiosa in affiancamento alle linee dell’ATAC, inoltre mediante il piano “Pullman Check Point”, mai entrato in funzione pienamente, era previsto che queste linee servissero anche ad evitare l’entrata in città dei pullman carichi di turisti. Col passare degli anni l’affidamento è continuato e quelle aziende si sono ad oggi trasformate nella Roma Tpl, la società che gestisce il 25% dei 28 milioni dei chilometri/vettura della Capitale (vale a dire che 1 autobus che prendiamo su 4 è privato). Un’occasione ‘eccezionale’ diviene la scusa per far passare misure e provvedimenti che altrimenti non verrebbero accolti facilmente dai cittadini.

E’ chiaro, quindi, che l’indulgenza è richiesta a noi nei confronti dei padroni che, dopo essersi arricchiti mentre noi ci impoverivamo, dopo aver fatto affari illeciti con criminali di ogni risma svendendo il pubblico a discapito dei servizi e dei lavoratori, ci chiedono ancora una volta di accettare supinamente ed aspettare perché un giorno le cose si sistemeranno. Eppure loro non aspettano e anzi, grazie all’Anno Santo,aumenteranno i profitti, visto che, è bene ricordarlo, il Giubileo è anche e soprattutto un evento turistico e mediatico in cui c’è tanto da guadagnare per alcuni e tanto da perdere per altri (militarizzazione, aumenti dei carichi di lavoro, impossibilità di godere dei riposi, abolizione della libertà di sciopero, oltre a traffico e caos) e non saranno i 120 ‘volontari per la sicurezza’ non pagati -quelli sì misericordiosi!- a poterci aiutare. Del resto, tutti gli introiti in più che deriveranno da questo grande evento non saranno certo distribuiti fra i lavoratori e le lavoratrici privati e pubblici nonostante saranno costretti a lavorare molto di più! Anche la speranza di nuove assunzioni legate a questo evento vengono meno perché la Regione ed il commissario Tronca preferiscono utilizzare dei ‘volontari competenti’ oppure ‘chiedere’ a chi già lavora di lavorare di più e di rinunciare ai propri giorni di riposo per coprire le giornate clou in cambio di un indennizzo che può andare dai 70 agli 80€ in base a quanti turni ci si rende disponibili (pensare che a guidare un autobus ci sia un autista che non riposa da chissà quanto fa aumentare decisamente la sicurezza percepita!).

Per riprendere le parole del cardinale Kasper, secondo noi non è la misericordia a cambiare il mondo ma la solidarietà, la risposta di chi sente sulla propria pelle un’ingiustizia fatta ad un altro perché domani, l’altro, potremmo essere noi stessi. Perché la misericordia è un atto morale, la solidarietà è un atto politico. E solo un atto politico può cambiare il mondo e renderlo meno freddo e più giusto. Non è la moraledei padroni a far si che venga concesso o rispettato un diritto ma i rapporti di forza presenti nella società, fra chi le leggi le scrive e chi le subisce o le conquista. E’ per questo che facilmente una norma può trasformarsi nel suo opposto e la libertà di sciopero esercitata da alcuni viene attaccata in quanto diventa d’ostacolo alla ‘libertà di lavorare’ di altri.
Dobbiamo però anche ricordarci che tanto il futuro quanto il presente ed il passato, dipende da noi, da quanto siamo disposti ad aspettare, a non cedere alla paura, a lottare uniti ed organizzati.

Come dice un avvocato a noi molto caro, “quello tra popolo e padroni è un tiro alla fune” e le legge ed i diritti sono la formalizzazione di dove sta il punto di equilibrio delle forze. Oggi l’equilibrio non è a nostro favore ma dal nostro capo della fune tiriamo in tantissimi, in tante parti d’Italia, tocca solo organizzarci e farlo insieme scambiandoci le informazioni, socializzando le pratiche e condividendo gli strumenti.
Cominciamo da subito!

19/12/2015 http://clashcityworkers.org

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