GIULIA

di Alba Vastano

Riflessioni libere sul fenomeno della violenza sulle donne e sul patriarcato

C’è da chiedersi come sia possibile che il fenomeno della violenza di genere stia precipitando, in modo inversamente proporzionale alla conquista (ndr,apparente?) dei diritti delle donne derivanti da decenni di lotte per la parità, in una escalation ancora più copiosa di violenze sulla donne fino al femminicidio. Perché così tanti uomini non si sono ancora emancipati dalla misoginia, dal sessismo , dal patriarcato?

In alcune rare circostanze succede che chi scrive abitualmente avverta che è in atto un richiamo strano da qualche parte e scopra, straordinariamente, che è la penna a reclamare di essere usata, sostituendosi all’input naturale che appartiene a chi è dedito alla scrittura. Ѐ meramente una sensazione, ovvio. Oggi si verifica quella rara situazione in cui la penna agitata, metafora dell’impellente desiderio di scrivere di un accadimento che si avverte importante, salti alla mano e cerchi la carta dove poter riversare, sotto forma di parole: pensieri, emozioni, rabbia, dolore e solidarietà. Tutte sensazioni che si agitano da ore nella testa in forma scomposta. Oggi è quella penna agitata a darmi una mano, affinché il caos di emozioni che sto avvertendo si trasformi in pensieri ordinati, così che si ricompongano con chiarezza le idee scomposte e il dispiacere e la rabbia lascino il posto al ragionamento su un più proficuo ‘che fare’ davanti a tanto sfacelo.

Scrivo quindi a braccio e d’impeto per liberarmi di un coacervo di sensazioni tumultuose che da qualche giorno e nelle ultime ore, si accavallano e si intrecciano nella mia mente. Non è il compitino da giornalista di cronaca nera, tantomeno da cronaca rosa, perché di cronaca rosa qui non c’è nulla. Mi sento semplicemente chiamata come donna, madre, sorella, compagna e amica di tutte le donne (ndr, che hanno il mio stesso pensiero sulla questione femminile) a scrivere di Giulia. dell’amica, compagna sorella, figlia Giulia. Della Giulia che si è trasformata, con la sua atroce fine, in un’idea sublime e importante che è quella della liberazione della donna dal patriarcato. Ed è anche una visione allargata alla Giulia che s’incontra nei cortei politici e nei movimenti studenteschi. Così come della Giulia che incrociamo per la strada e ride a crepapelle con le sue giovanissime amiche. E poi si affaccia alla mente la vera Giulia, quel volto dolcissimo da bambina che ci rimandano i social in questi giorni e tutte le informazioni sulla sua vita, fino ai dettagli, fornite dal tam tam delle news h.24. E poi La Giulia che abbraccia il suo fidanzatino, fiduciosa, con gli occhi sognanti e pieni di vita.

E la Giulia che si sta per laureare a 22 anni, perché non ha saltato un esame, ha già consegnato la tesi e stava per discuterla. E ancora la Giulia più tenera che ha perso da poco la mamma e che si stringe ancora di più ai suoi affetti più cari. Mi sembra di percepirla come l’avessi conosciuta realmente, la vedo e la sento Giulia, la vera Giulia. La sua breve vita mi scorre oggi tutta davanti come in un bel film pieno di progetti e di speranze. Un film ingannevole che riserva il peggiore dei finali. E pensando così intensamente alla sua breve e sfortunata vita, sento che la penna si sta muovendo da sola e mentre fermo, tramite la scrittura, le mie emozioni ho gli occhi appannati dalle lacrime.

Giulia non c’è più. Incollati al susseguirsi al nano secondo delle informazioni abbiamo sperato in un esito diverso, anche se in molti avevamo previsto la sua fine, ma si sperava che, almeno per una volta, la mano assassina si fermasse a metà, prima di compiere l’ultimo atto criminale e ci togliesse la nostra Giulia. Nostra perché Giulia ci appartiene, come simbolo di tutte le donne che chiedono ciò che dovrebbe essere naturalmente dato, senza chiedere appunto. Chiedono rispetto, chiedono libertà d’azione, chiedono di essere ascoltate, chiedono parità di genere, collaborazione e affettività. Chiedono che si accolga come valore prezioso la loro intelligenza, la loro arguzia, la loro operosità. E che si accolga e si condivida il sacrosanto desiderio di autodeterminazione e di sentirsi persone libere dalla gabbia dei mali che ha prodotto il patriarcato.

Giulia non c’è più, lo ripeto da ore, come una nenia, per il dispiacere. La sua giovane vita è finita sotto una serie forsennata di colpi inferti dal suo primo amore. Il giovane Filippo, di ottima famiglia, bene educato, gentile, forse anche un parrocchiano fra i più fedeli (ndr, è una mia deduzione). Faccetta ancora imberbe, innocuo a detta del suo giro di amicizie. ‘ Non avrebbe infierito neanche su una mosca,’ dicono i suoi. Quando si parla di identità fragili, disturbate, pericolose per sé e per chi li avvicina, con l’aspetto di angeli guida che ci preparano i biscottini, perché ci vogliono tanto bene. Ma qui, sulla personalità di Filippo intendo, c’è dell’altro. Filippo non ha solo una personalità fragile e insicura, geloso di un competitor femmina che si laurea prima di lui e se ne sente superato. Filippo è culturalmente figlio del patriarcato e quindi nei suoi geni recessivi da maschio c’è il virus primitivo e letale della misoginia e la convinzione, a volte inconscia, mai elaborata, che la donna è un essere minoritario e come tale non può mai precederlo in nulla. ‘ Un passo indietro, please,’, sembra vogliano dire alcuni uomini, partner nella vita privata, nel lavoro, nello studio, nelle promozioni , nelle funzioni, nelle nomine, nelle retribuzioni, nelle onorificenze, nelle libertà di espressioni, nell’uso delle parole, nella quantità delle parole.

E se ridi troppo sei esagerata, se parli un tantino in più sei noiosa, se provi ad affermare il tuo pensiero è solo il pensiero di una donna e a volte sei schernita, anche in pubblico. E così per ogni azione femminile, tranne quelle storiche che il patriarcato approva dalla notte dei tempi e le assegna, come uniche funzioni alla donna. Ovvero, la cura. La cura dei figli, della casa, creatura parsimoniosa e silenziosa, devota e discreta, sempre al posto suo (ndr,ovvero ai fornelli) e accomodante sempre. Senza mai un rigurgito di risentimento o di rabbia. Modesta, umile, solerte, fedele e felice. Questa è l’immagine della donna ideale del maschio erede della subcultura patriarcale.

C’è da chiedersi come sia possibile che il fenomeno della violenza di genere stia precipitando, in modo inversamente proporzionale alla conquista (ndr,apparente?) dei diritti delle donne derivanti da decenni di lotte per la parità, in una escalation ancora più copiosa di violenze sulla donne fino al femminicidio. Perché così tanti uomini non si sono ancora emancipati dalla misoginia, dal sessismo, dal patriarcato?

Qui non parliamo di visioni o di esagerazioni per odio pretestuoso verso gli uomini, ma di fatti reali. Dal primo gennaio 2023,nel nostro Paese, sono state uccise dai loro compagni (età media 18/ 35 anni dicono le statistiche) ben 102 donne. E sempre per lo stesso motivo: l’impossibilità dell’uomo di accettare la separazione dalla propria compagna (ndr, perché lo ha deciso lei, non per amore) o l’impedimento da parte della partner alla libertà del compagno di condurr, oltre quella ufficiale, una o più relazioni contemporaneamente. Altro motivo che emerge è la competizione culturale o nel lavoro, quando la partner dimostra maggiore efficienza organizzativa e culturale. Parliamo di patologie psicotiche che accomunano molti uomini, di cui coram populo si dice:‘Eppure è una persona tanto gentile e mite. Mai arrogante, sempre sorridente, sempre disponibile. Persona discreta, e nel lavoro molto serio e professionale’. No, è solo un violento maschilista, con turbe adolescenziali mai superate, cari miei.

C’è da dire che nel comportamento usuale della donna, in relazione con un partner, si affaccia e si ripete spesso una modalità un po’ perversa e che, infine, le rema contro. Ѐ un fragilità che ha come connotazione la storica pazienza infinita della donna in modalità ‘crocerossina’ quando non riconosce, o non vuole riconoscere e si dà tempo, i prodromi che si svilupperanno poi nella violenza estrema. Spesso non riesce a girare i tacchi e fuggire alla prima offesa, al primo schiaffone, alla prima spinta, alle prime violenze verbali.

Ecco, è forse la nostra unica responsabilità. Siamo pazienti quando non è il caso, motiviamo la violenza come uno scatto d’ira comprensibile : ‘Forse era molto stanco, lavora troppo povero amore. Forse gli ho fatto saltare i nervi, perché volevo parlare un po’ con lui e lui voleva solo riposare. Forse dovevo tacere, non era il momento’. E scatta il senso di colpa, quel maledetto senso di colpa che non ci fa fuggire in tempo e a gambe levate. Pensieri in modalità ‘Sia fatta la tua volontà. Sono la tua serva mio signore’. E intanto , la violenza dapprima soft, aumenta sempre più e si trasforma da colpetti, a schiaffetti a schiaffoni che partono da mani sempre più pesanti e che aumentano sempre più d’intensità il colpo. Allora dopo l’ennesima violenza verbale e fisica subita, la crocerossina decide di scappare. E lui non ci sta, perché perde lo sfogatoio gratuito. Inizia a farle stalking e in alcuni casi arriva a colpirla a morte. Così è accaduto a 102 donne italiane, nostre sorelle, figlie, compagne amiche, vittime della violenza maschile, generata da una subcultura che nessuna di noi vorrebbe fosse ancora presente. E invece è così.

Abbiamo perso Giulia per questa subcultura. Ora è d’emergenza prendere coscienza piena del fenomeno e dei prodromi e continuare a lottare fin quando finisca questo sterminio di genere. Ѐ assolutamente necessario che collaborino, come non hanno mai fatto, tutte le istituzioni e si attivino tutti i canali di intermediazione a sostegno delle donne in difficoltà. Urgente come non mai che si attivino nelle scuole di ogni ordine e grado progetti intensivi, in collaborazione con le famiglie, di educazione all’affettività e alla sessualità di genere, considerando anche un altro aspetto importante: la sessualità è sempre in divenire e non un dato anagrafico permanente e immodificabile nel genere. E abbiamo bisogno, come non mai, di voi cari uomini affinché condanniate apertamente il sessismo e il maschilismo ancora troppo presente nel tessuto sociale e ci aiutiate finalmente a scardinare il patriarcato.

Con Giulia e tutte le vittime del patriarcato, sempre. Con rabbia e per amore

Alba Vastano

Giornalista. Collaboratrice redazionale del mensile Lavoro e Salute

20/11/2023

Foto: Il Gazzettino/ Padova oggi/ Il Resto del Carlino/Tg24.it/Creative/Domani

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