Gkn, il piano per rifarla

Il 18 maggio di nuovo a Firenze accanto al collettivo operaio che invita a manifestare anche per la Palestina. C’è un piano per la reindustrializzazione, mancano la volontà e l’impegno delle istituzioni

La generosità è una dote operaia e così la manifestazione di sabato 18 maggio a Firenze, indetta dal Collettivo di fabbrica ex Gkn e dalla Soms Insorgiamo, che lottano da quasi tre anni per il proprio posto di lavoro, è messa a disposizione anche della causa palestinese.

«Siamo consapevoli che questo nostro dramma è nulla in confronto a quanto sta accadendo in Palestina» scrive il Collettivo, «non possiamo neanche immaginare, una casa bombardata, l’odore di carne umana bruciata, i tuoi figli sotto un carro armato. Non lo immaginiamo e per questo non parliamo al posto di chi lo vive».  Ma senza «nemmeno lontanamente» mettersi sullo stesso livello di drammaticità di quanto accade in Palestina, «possiamo solo ricordarci che tutto questo è pure, in fondo, interconnesso. Che questa nostra piccola lotta fa parte di un tentativo di resistenza e cambiamento più globale. Che si tratta in fondo della stessa economia, quella che qua attacca salari e diritti. E in altre parti del mondo, determina ormai il baratro dello sterminio del genere umano». E così sabato 18 maggio si manifesta, ancora una volta «per questo, per altro e per tutto» sapendo che «il movimento contro il genocidio e contro l’escalation bellica mondiale è fondamentale» e il corteo non dovrebbe avere nessuno specifico «spezzone» sulla Palestina «perché ci auguriamo che questo tema attraversi l’intero corteo».

Allo stesso tempo si manifesterà per dare forza all’incredibile resistenza che il Collettivo sta compiendo da quasi tre anni. E che passa anche per il nuovo, ancora più completo ed esaustivo, «Progetto industriale per la fabbrica socialmente integrata» a cura della cooperativa Gff (Gkn for future), la struttura societaria creata per portare avanti la battaglia che è ancora vista con molti mal di stomaco da proprietà, governo, partiti e forse anche da una parte del sindacato: il rilancio della fabbrica su iniziativa operaia.

Il nuovo progetto

Il progetto industriale, infatti, «delinea un’alternativa socialmente desiderabile, economicamente ed ecologicamente sostenibile e immediatamente praticabile alla devastante catena di effetti altrimenti innescata dalla decisione del fondo finanziario Melrose di delocalizzare la Gkn di Campi Bisenzio (Fi) nel luglio 2021». L’alternatività è netta: i progetti devastanti dei fondi internazionali il cui unico imperativo è il massimo profitto per gli azionisti, e la capacità progettuale di un Collettivo operaio che per redigere il piano ha messo in piedi una rete articolata di studio, inchiesta, mappatura, scouting, e anche stesura di business plan. Della rete fanno parte il Collettivo di fabbrica e tutti i e le ricercatrici solidali coinvolti nel Comitato tecnico-scientifico che – singolarmente e di concerto con le organizzazioni di appartenenza (Rete italiana delle imprese recuperate, Rete Fuori Mercato, Rimaflow, Co.Mu.Net-Officine Corsare) – «hanno prestato le loro competenze professionali e disponibilità di tempo extra-professionale per assicurare continuità occupazionale e appropriate condizioni retributive, economiche, sociali e professionali dei lavoratori». La gestione diretta, insomma, in continuità con quella tradizione, nascosta, di autogestione operaia più volte praticata nella storia.

Il progetto presentato nei giorni scorsi è solo l’ultimo di una serie di tentativi analoghi. Il primo piano risale a marzo 2022 ed era denominato «Piano multilivello per la stabilità occupazionale e la reindustrializzazione del sito produttivo ex-Gkn: proposte per la mobilità pubblica e la sostenibilità ambientale» pubblicato poi nel Quaderno di Fondazione Feltrinelli, Un piano per il futuro della fabbrica di Firenze

A dicembre 2022 viene presentato poi il secondo piano, a seguito di un referendum popolare autorganizzato dal Collettivo di fabbrica che coinvolse 16.700 cittadine e cittadini dell’area metropolitana fiorentina dichiaratisi a favore del progetto rinominato «fabbrica pubblica e socialmente integrata». Gli operai, insomma, la volontà e la determinazione di recuperare la fabbrica, convertendone la produzione ed elaborando quei business plan che al mercato piacciono tanto, ce l’hanno messa tutta. Non così le istituzioni che finora si sono rimpallate inutili tavoli di consultazione con un gioco al rimando da parte della proprietà che, evidentemente, punta sul lento disimpegno operaio e che non a caso ha soppresso da ormai quasi 5 mesi il pagamento degli stipendi dovuti dopo la sentenza di dicembre 2023 che ha annullato i licenziamenti per condotta antisindacale, e la fine della Cassa integrazione. 

La cooperativa Gff ha già raccolto attraverso un crowdfunding 156.300 euro di capitale ed è partito l’azionariato popolare 100X10.000 (ad aprile 2024 le azioni prenotate ammontano a poco più di 700.000 euro) oltre alle necessarie interlocuzioni con centrali cooperative, fondi mutualistici, istituti di credito, piattaforme di crowdfunding e fondi di investimento sociale, «culminate a settembre 2023 in un protocollo di intesa da 6 milioni di euro». I numeri vengono snocciolati nell’ultimo piano, quello di cui ci stiamo occupando, proprio per far capire che il progetto è stato impostato seriamente e che solo l’indisponibilità della «cosa pubblica» di fare i conti fino in fondo con la proprietà inadempiente rende al momento impossibile avviare nuove produzioni e mettere al lavoro circa 150 lavoratori e lavoratrici.

All’ultima versione del progetto industriale hanno contribuito Daniele Bricca (Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale della Sapienza Università di Roma), Eliana Caramelli (Soms Insorgiamo), Francesca De Giorgio (Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturali), Emanuele Genovese (Fridays for Future Italia), Stefania Grillo (Lita, Laboratorio Itinerante Tecnologie Appropriate), Marco Lomuscio, Andrea Marcucci (Lita), Sara Marullo, Leonard Mazzone (Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Firenze), Carlo Zuccaro (Solmac) e il documento si è avvalso della collaborazione dello Studio Dca – Dottori Commercialisti Associati – di Napoli nella persona del Dott. Roberto Rotolo.

Il progetto punta su settori industriali «fortemente innovativi, strategici e in forte crescita economica in Italia e all’estero» e la missione della cooperativa per statuto è quella di «ottenere, tramite la gestione in forma associata, continuità di occupazione lavorativa e le migliori condizioni economiche, sociali e professionali per il maggior numero possibile di lavoratori e lavoratrici della QF SpA in liquidazione (già Gkn)».  La strategia è esplicita: abbandono del settore automotive «ormai da troppi anni in crisi a causa del disimpegno istituzionale e dell’assenza di una pianificazione pubblica», e rotta verso settori industriali «fortemente innovativi, strategici e in forte crescita economica in Italia e all’estero, orientati ad una produzione in linea con le attuali tendenze mondiali di sviluppo sostenibile». Tali direttrici sono cinque: 1. produzione e commercializzazione di pannelli fotovoltaici in silicio monocristallino; 2. installazione di pannelli fotovoltaici; 3. smaltimento di pannelli fotovoltaici usati; 4. produzione e commercializzazione di cargo-bike, «con formazione di un consorzio per la mobilità leggera che permetta di supplire alla dispersione dei piccoli produttori italiani del settore»; 5. prestazione di servizi tecnici ed amministrativi a imprese che entreranno a far parte del condominio industriale.

L’impatto occupazionale

Con le prime quattro direttrici si punta all’impiego «di 136 soci lavoratori e 5 dirigenti» (il piano dettaglia punto per punto il modo in cui i posti di lavoro possono essere prodotti: 70 nella prima direttrice, 21 con la seconda, da 24 a 32 nella terza con la possibilità di arrivare a 41 e 11 nella produzione di cargo-bike). La direttrice 5 vuole invece creare «un condominio industriale» nello stabilimento di Campi Bisenzio per «offrire un’opportunità imprenditoriale ad altre realtà industriali del territorio e «creare nuove opportunità di lavoro ai dipendenti della ex Gkn grazie ai servizi di portierato, mensa, pulizie e amministrazione».

Il progetto infine è solido anche sul piano finanziario. Grazie a una serie di interlocuzioni già avviate, agli «stress test» applicati al business plan e alla sottoscrizione di un Protocollo di intesa con diversi partner finanziari, il progetto prevede che la  cooperativa investa 400 mila euro a cui si aggiungeranno 700 mila euro raccolti dall’azionariato popolare mentre 3,5 milioni di euro sono versati a debito dai partner finanziari e cooperativistici che hanno sottoscritto il Protocollo. Al sistema bancario si chiedono 3 milioni di euro per un totale di capitale da investire di circa 7,6 milioni. Il 60% del progetto è così finanziato direttamente dai soci, sia quelli al lavoro che i solidali tramite l’azionariato e i soci finanziatori. 

Quello che pochi hanno finora notato, lo faceva l’ex presidente Inps Pasquale Tridico in un’intervista a Jacobin, è il ritorno fiscale e contributivo che avrebbe l’operazione. Le previsioni di entrate fiscali per lo Stato ammontano a 66 milioni di euro per i primi dieci anni di attività di cui 16 milioni di contributi Inps versati.

Si tratta però, per rendere operativo il progetto, di acquistare attraverso l’intervento pubblico «la disponibilità di 8.000 mq del plesso industriale», e di ottenere 3 milioni di prestiti bancari, oltre alla traduzione cash delle dichiarazioni di intenti sottoscritte dai soci finanziatori. Il piano prevede una tempistica definita di ricavi e di restituzione dei prestiti al proseguire dello sviluppo produttivo pianificato.

Subito la legge

Un piano c’è insomma, manca solo la volontà di applicarlo. Come scrive il Collettivo di fabbrica «il capitale è muto, il potere politico un muro di gomma, la speculazione rabbiosa, nascosta magari dietro qualche prestanome o qualche fondo fiduciario, il rischio di impresa non vuole rischiare, la proprietà privata non chiarisce quanto ha pagato ciò che ha comprato, chi dovrebbe fare opposizione non si oppone, chi dovrebbe governare governa per i pochi». Anche per questo la proposta di approvare «la legge per un consorzio pubblico» da parte della Regione Toscana «aprirebbe la via a una stagione di vero intervento pubblico qui e ora». Ma la Regione non prende impegni e il progetto di legge presentato dai lavoratori giace per ora inascoltato. Così come sembra del tutto obbligata la strada del commissariamento dell’azienda, dopo 34 mesi di inattività, di prese in giro e di piani fantomatici mai esplicitati ai lavoratori, al territorio e alle istituzioni. 

A due giorni dall’anniversario dello Statuto dei lavoratori (approvato il 20 maggio 1970) quello di sabato 18 maggio sarà quindi anche un corteo per i diritti, a cominciare da quello alla vita, infatti la testa del corteo sarà lasciata alle vittime delle stragi, non solo del lavoro, e il corteo partirà da via Mariti dove si è consumata la recente strage fiorentina nel cantiere di Esselunga. Una giornata importante per la ormai storica vertenza della Gkn e, come sempre da quando il Collettivo di fabbrica ha iniziato il suo percorso, «per questo, per altro e per tutto».

Salvatore Cannavò, già vicedirettore de Il Fatto quotidiano e direttore editoriale di Edizioni Alegre, è autore tra l’altro di Mutualismo, ritorno al futuro per la sinistra (Alegre) e Si fa presto a dire sinistra (Piemme).

14/5/2024 https://jacobinitalia.it

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *