Gli esodati delle biblioteche
Passato il Primo maggio, ancora una storia di lavoro. Il Comune di Firenze dopo anni lotte internalizza i servizi bibliotecari e archivistici. Ma cento precari e precarie rischiano di pagarne le spese
Dopo quasi vent’anni di appalti, e molti di lotte, il Comune di Firenze ha deciso di riportare «in house» i servizi bibliotecari e archivistici della città, ponendo fine a un’era caratterizzata da rinnovi al ribasso, lotte sindacali, problemi contrattuali e precarizzazione cronica. Questa notizia potrebbe apparire come un passo in avanti positivo, un cambio di marcia importante per un’amministrazione che finalmente decide di assumere propri dipendenti con un investimento sano e virtuoso. Tuttavia, in questa lieta novella ci si è dimenticati di qualcosa, evidentemente ritenuta di poco conto dalla governance cittadina: i cento lavoratori e lavoratrici delle cooperative attualmente impiegati nelle biblioteche e nell’archivio storico fiorentino.
Sono coloro che cercano e prestano libri, aprono e chiudono le strutture, organizzano e allestiscono eventi, curano, costruiscono e catalogano le collezioni, forniscono assistenza informatica. Sono coloro che di fatto mandano avanti i cosiddetti servizi «essenziali» per la cittadinanza. Questi cento lavoratori e lavoratrici sono un residuo, un dettaglio trascurabile, qualcosa dal quale distogliere lo sguardo perché disturba. La reinternalizzazione del servizio, a cui si è giunti anche grazie alle loro lotte, li esclude da ogni possibilità di stabilizzazione e non solo: di fatto, li licenzia.
Le prime avvisaglie di questo processo risalgono al 2020, l’anno della pandemia. In primavera, insieme alle altre attività, anche le biblioteche ripresero parzialmente a riaprire, senza però i lavoratori delle cooperative che fino a pochi mesi prima avevano tenuto aperto i battenti. Per risparmiare denaro dalle casse comunali, fu la motivazione , senza però nessuna forma di previdenza sociale. Fu questo schiaffo sociale a dare vita al movimento dei Biblioprecari, un gruppo informale che si attivò insieme a realtà come Mi Riconosci, Assolettori, il Collettivo di Fabbrica Gkn con presidi, manifestazioni e raccolta di firme che alla fine valsero una significativa vittoria. Non solo riuscirono a rientrare al loro posto di lavoro, ma costrinsero anche l’amministrazione a riaprire tutti i servizi sospesi, un risultato che non passò inosservato nel panorama nazionale, poiché ogni scintilla di protesta può rappresentare una luce di speranza per i tanti sfruttati del settore culturale.
Nel 2022, la situazione assunse un’altra piega, con un cambio di appalto che rimetteva sul piatto tutte le questioni che erano state congelate fino a quel momento. . All’inizio sembrò che la lotta avesse prodotto risultati e anche in questo caso si riuscì a tutelare posto di lavoro e garanzie contrattuali. Allo stesso tempo, quel cambio di appalto segnò l’inizio del processo di internalizzazione che ha visto i lavoratori e le lavoratrici dei servizi completamente esclusi. Anzichè , intraprendere un percorso già promesso di stabilizzazione dei precari, l’amministrazione aveva scelto di «pescare» i nuovi lavoratori da una graduatoria di amministrativi. Un passo comunque piccolo e inconsistente perchè avrebbe riguardato due biblioteche sulle tredici del patrimonio fiorentino. Ma oltre al danno anche la beffa. Le cooperative e il comune chiesero agli stessi «biblioprecari» di formare questo personale che delle scienze archivistiche non sapeva nulla. Oggi il Comune ha bandito un concorso per funzionari bibliotecari senza alcun punteggio premiante per chi già lavora sui servizi, e presto bandirà concorsi per assistenti bibliotecari e funzionari archivisti, probabilmente con le stesse condizioni del bando attualmente aperto per il quale si sono presentate 1.200 candidature per 8 posti.
Il Comune ha bandito e bandirà concorsi per figure di funzionario e assistente bibliotecario, senza di fatto nessun punteggio premiante per chi già è attivo sui servizi. L’amministrazione – marchiata Partito democratico – sta trattando chi da oltre dieci anni ha contribuito al benessere culturale di migliaia di persone come qualcosa da «rottamare», scorie residuali in un processo di riorganizzazione che nella teoria sarebbe l’unica via d’uscita dalla precarizzazione ma che lascia a casa chi ha dedicato la propria vita lavorativa al servizio della cultura cittadina e che non ha scelto scelto di lavorare per cooperative. Parliamo di lavoratori e lavoratrici che si barcamenano in contratti non idonei e paghe risicate in una città con costi di vita tra i più elevati in Italia. Personale già qualificato, già formato, con esperienza pluriennale sul territorio, titoli e formazione specifica. E se possibile, la beffa non finisce qui. Perchè nonostante i numerosi presidi, le manifestazioni, le richieste di tavoli di contrattazione, l’amministrazione continua a essere sfuggente, a rifiutare negoziazioni, a fare un plauso a sé stessa per l’operazione (parziale) di stabilizzazione provando a ignorare le macerie che si è lasciata appresso. Ma queste macerie sono uomini e donne, lavoratrici e lavoratori che non hanno nessuna intenzione di tacere. E ora come allora, nonostante la precarietà, l’individualizzazione e la frammentarietà alla quale si vogliono condannare, sono pronti a scendere in piazza. Insieme a tutte le realtà che li hanno sostenuti in questi anni e con le quali hanno costruito legami e battaglie.
Alessio Nencioni delegato Cobas, lavoratore in appalto nelle biblioteche fiorentine, regista indipendente.
2/5/2023 https://jacobinitalia.it/
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