Gli occhi di cielo che urlano: «Giustizia per Bhopal». Da quasi trent’anni le donne di Bhopal sfilano a ogni anniversario della strage con il pugno alzato chiedendo giustizia

Quegli occhi non te li aspetti. Perlomeno non te li aspetti lì, in quel posto e addosso a una bambina indiana, dalla pelle color delle nocciole. Occhi azzurri profondi, come il cielo e la camicetta che indossa. Due occhi che parlano come purtroppo non può fare lei, Sheela (è il nome che le ho dato io), nata a Bhopal oltre vent’anni dopo la strage di 25mila innocenti avvenuta la notte del 3 dicembre 1984, ma che porta addosso l’eredità di quel gas, l’isocianato di metile, fuoriuscito dallo stabilimento della multinazionale americana Union Carbide. Una nube mortale che ha soffocato un’intera città e che ancora intossica il suo suolo e la sua aria.

Le mamme di Bhopal di oggi continuano a partorire figli affetti da numerose gravi sindromi (soprattutto a livello cerebrale). La bimba con il cielo negli occhi frequenta il Chingari Trust, un centro che aiuta le piccole vittime del disastro con classi speciali e riabilitazione, a seconda delle loro esigenze. Il centro è stato messo in piedi da due donne forti come l’acciaio, Champa Devi Shukia e Rashida Bee. Loro hanno voluto coinvolgere altre donne nella lotta.

«Sono le donne che portano dentro il gas assassino e purtroppo lo lasciano poi in eredità anche ai loro figli. Per questo a Bhopal la lotta per la giustizia è soprattutto un affare di donne. Giovani che allora non erano ancora nate o vecchie con la vista spenta dal gas, ma anche bambine dal futuro purtroppo già segnato. Tutte decise a non arrendersi finché i colpevoli non avranno la giusta punizione e non verrà finalmente fatta la bonifica della fabbrica, lasciata all’incuria del tempo ad avvelenare e a uccidere ancora», spiega Champa Devi, la cui famiglia è stata distrutta dalla nube tossica.

Da quasi trent’anni le donne di Bhopal sfilano a ogni anniversario della strage con il pugno alzato e gridando ad alta voce la loro fame di giustizia. Vogliono farsi sentire anche dai sordi, quelli della Union Carbide, diventata ora Dow Chemical, sponsor dei giochi olimpici di Londra del 2012, ma anche dai poteri forti che li proteggono perché cane non morde mai cane. «Ma noi non ci arrenderemo mai e prima o poi vinceremo», ribadisce Rashida Bee.

Sfila anche Sheela con i suoi stupefacenti occhi che urlano al posto suo. Un giorno vincerà anche lei.

Testo e foto di Lucia Vastano

*Lucia Vastano, profonda conoscitrice dell’India e pluripremiata giornalista e scrittrice, ha scattato queste foto nel dicembre scorso, in occasione delle riprese del documentario “I Vajont”, il titolo è provvisorio, girato con Maura Crudeli e Federico Aliotto.  Arun Gandhi, nipote del Mahatma, al quale Lucia è legata da una lunga amicizia, tiene in mano una copia del suo romanzo “La magnifica felicità imperfetta” (Salani), in un momento di riposo nella casa del figlio Tushar, a Mumbai.

30/5/2014 http://donnedellarealta.wordpress.com/

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