Gli studenti in rivolta si battono per tutti noi

di Nasser Abourahme

Mondoweiss, 25 maggio 2024.   

La Palestina ha infiammato ancora una volta la nostra coscienza planetaria ed è il movimento studentesco che si rifiuta di lasciare che il genocidio diventi la nostra nuova normalità. Sanno che la lotta per la Palestina è una lotta per tutti noi.

Cari studenti,

è un onore essere al vostro fianco, non come insegnante o scrittore, ma come compagno e complice. È un onore essere testimoni di questo coraggio e di questa chiarezza, essere almeno una piccola parte dello spiraglio di vita che avete aperto in questo asfissiante presente genocida.

La nostra classe dirigente liberale è affezionata ai luoghi comuni sull’essere dalla “parte giusta della storia”. Ma questi vengono sempre molto dopo che la storia è stata fatta e addomesticata. Che si tengano pure i loro luoghi comuni. Un giorno, senza dubbio, li rivolgeranno anche a questo momento; ma oggi siete voi, nel più grande movimento studentesco da generazioni, a fare la storia. Oggi siete voi a insegnare, oggi siete voi a educare, oggi siete voi a guidare. E quello che state insegnando, imparando e mettendo in pratica in questi spazi vale un milione di aule.

Sapete bene quanto me che questa lotta è lunga e rimarrà ferocemente contestata dai poteri forti. Continueranno a venire a prendervi, prima con i loro supervisori della “civiltà”, i sostenitori della “complessità e delle sfumature”, poi con i loro scagnozzi e teppisti – in uniforme e non.

Nel cuore della notte, verranno a cercarvi, vi spruzzeranno gas lacrimogeni, spray al peperoncino, vi spareranno con proiettili di gomma. Cercheranno di mettervi a tacere, di infangarvi, di arrestarvi, di spaventarvi. Peggio ancora, vi faranno la morale e vi parleranno del vostro entusiasmo mal riposto o del privilegio abusato, o di come abbiate bisogno di leggere un po’ più di storia, o di come un giorno supererete questa ingenuità; invieranno tutta la loro schiera di stenografi autorizzati per “suggerirvi”, per “consigliarvi” sul timbro della vostra retorica o sulla militanza delle vostre richieste (per evitare di alienarvi la “comunità”), o per “insegnarvi” le miriadi di complessità dei moderni investimenti finanziari, che non potrebbero mai essere disimpegnati da cose banali come il genocidio o l’apartheid. Ma non potranno mai togliervi ciò che voi e i vostri compagni in tutto il mondo avete già ottenuto, il futuro che state già creando unendovi alla lotta per la liberazione della Palestina.

Se la Palestina ha infiammato ancora una volta la nostra coscienza planetaria, è il vostro movimento che insiste nell’affrontare la situazione che è al centro del mondo imperiale. Siete voi che vi siete rifiutati di lasciare che il genocidio diventi la nostra normalità; voi che vi siete rifiutati di accettare il “business as usual” all’ombra del massacro meccanizzato di migliaia di bambini. Voi avete rifiutato la complicità in un genocidio efficacemente amministrato dagli stati più potenti del mondo nell’Occidente capitalista avanzato, un genocidio che le democrazie liberali del “mondo libero” si fanno in quattro per armare, finanziare, razionalizzare e favorire. E così facendo, avete rifiutato la nostra manipolazione psicologica collettiva; ci ricordate che in realtà non stiamo impazzendo, che questo senso di follia è l’unica risposta umana a questa coreografia globale di carneficina, all’immagine dopo immagine dopo immagine di bambini cinerei senza vita che vengono estratti dalle macerie in nome della “civiltà e dei valori occidentali”.

Siete voi a ricordarci che ci ribelliamo non perché possiamo farlo, ma perché non possiamo più respirare. Quando Aaron Bushnell [il soldato che si è dato fuoco per protestare contro i massacri in Palestina], il cui atto di abnegazione in opposizione a questo genocidio rimane del tutto incomprensibile per il nostro ordine politico, ha affermato che “questo è ciò che la nostra classe dirigente ha deciso che è normale”, non avrebbe potuto chiedere una risposta più degna di quella che voi state dando. Avete raccolto il mantello di Aaron e lo onorate. Così come onorate i martiri di Gaza e della Palestina nella Hind’s Hall, nella Shireen Abu Akleh Hall, nel Lama Jamous Center e nel Refaat Alareer Encampment [vari luoghi della protesta studentesca americana].

Contro la cinica arma delle politiche identitarie e dei discorsi sulla sicurezza, avete messo in scena spazi di amore e cameratismo attraverso le differenze; le bellissime scene delle celebrazioni della Pasqua ebraica negli accampamenti sotto un mare di protettive kefiah palestinesi hanno da sole infranto il senso comune razziale-coloniale e l’ordine estetico del sionismo euro-americano. Ma lo avete fatto anche con una chiarezza che mette continuamente in primo piano la lotta palestinese e rifiuta la demonizzazione della resistenza palestinese, compreso il suo inequivocabile diritto a una guerra di liberazione nazionale. In questo modo ci aiutate a riscoprire il linguaggio, la memoria storica e il coraggio di una sinistra che speriamo ancora di diventare.

Vedo nelle vostre rivolte il sapere cumulativo che avete coltivato in anni di organizzazione, studio e lavoro, nelle riunioni e nelle aule, nelle strade e dietro le barricate. La vostra urgenza e la vostra militanza crescono organicamente da questa conoscenza. Sapete che la lotta per la Palestina, come quella per la vita dei neri, per la sovranità indigena, per il futuro socialista e per l’apertura delle frontiere, è una lotta che riguarda tutti noi. E sapete anche che il massacro dei palestinesi oggi prefigura il massacro che attende domani milioni di persone su un pianeta in fiamme, che le stragi algoritmiche di droni e quadricotteri guidati dall’intelligenza artificiale si stanno già facendo strada sulla superficie terrestre, che il sadismo omicida di un sionismo umiliato si nasconde in ogni progetto suprematista frustrato. Sapete che i sistemi di sorveglianza, incarcerazione e segregazione di là sono all’opera nel regime di frontiera e nello Stato carcerario di qua.

In questo ci ricordate che la Palestina condensa le nostre lotte. La Palestina è il nome di un eccesso inassimilabile che non può essere incluso nel novero dei segni del tardo capitalismo; non può essere incluso perché il potere di classe – quel potere autocosciente della capacità di comando del capitale che corre tra i consigli di amministrazione delle nostre istituzioni accademiche e il mondo aziendale-finanziario – rimane un potere di derivazione imperiale, ancora interamente contingente alla guerra e al saccheggio. E così, noi – noi sfruttati, saccheggiati, espropriati, razzializzati, illegali, miserabili – ci vediamo rispecchiati nella Palestina.

In verità ho sempre saputo che sarebbe stata la vostra generazione a fare questa svolta. Non solo perché non ho condiviso le storie sui vostri deficit di attenzione, né perché ho un senso esagerato delle vostre capacità. Ma semplicemente per la sfida storica che, nel bene e nel male, avete ereditato. Siete voi, nati all’ombra della grande recessione, delle esercitazioni di tiro al bersaglio e delle guerre per sempre, che siete diventati maggiorenni nel disordine globale del lento collasso del mondo imperiale unipolare. In effetti, siete nati in un tempo di crisi che è unico: una stagnazione secolare indefinita da un lato e un imminente collasso climatico dall’altro.

Ma non si tratta semplicemente del fatto che avete ereditato una catastrofe climatica, un patrimonio comune interamente saccheggiato, una disuguaglianza neofeudale e istituzioni pubbliche pressoché distrutte, bensì del fatto che la via d’uscita da queste crisi appare più difficile che mai. In un certo senso, credo che siate migliori proprio per questo: per esempio, il vostro fiuto per le stronzate ordinate dall’élite è ancora più acuto. Ma anche i rischi sono gravi. Per quelli della vostra generazione non ci sarebbe stato niente di più facile che passare alla violenza reazionaria, alla dissociazione o a qualsiasi tipo di evasione. Invece, sotto i nostri occhi, i migliori di voi hanno deciso per l’amore rivoluzionario. Non c’è da meravigliarsi che la nostra classe dirigente sia così stupita.

Il fatto che la vostra rivolta sia nata sul terreno dell’università non è una coincidenza. È soprattutto l’università a concentrare in sé le contraddizioni storiche della nostra epoca. E da bravi dialettici quali siete intuitivamente, sapete che nella contraddizione sta la speranza. Niente potrebbe essere più indicativo dell’attuale portata delle contraddizioni e della crisi dell’università della risposta isterica e brutalmente militarizzata alla vostra protesta.

State praticando tutto ciò che gli amministratori accademici professano di apprezzare: democrazia collettiva, azione civica, altruismo, empatia, diversità, coraggio e assunzione di rischi. Tuttavia, quando questi elementi cessano di essere una serie di segni vuoti che circolano come operazioni di valore per volontà del capitale finanziario, diventano un pericolo. Quando l’università è stata interamente finanziarizzata, il disinvestimento appare come una minaccia terminale. Quando il “valore” dell’università diventa un indice schiacciante dei circuiti e dei flussi finanziari, della fiducia e dell’“affidamento” del mercato, allora naturalmente lo sfarzo delle vesti, delle toghe, delle cornamuse e dei vaporosi discorsi di laurea raggiunge una sua vuota sacralità. Quando lo “spettacolo” è tutto ciò che c’è, allora ovviamente deve continuare anche quando i bambini – tirati fuori dalle macerie a pezzi al ritmo di circa 95 al giorno ogni giorno per 7 mesi (che ve ne pare come rendimento?) – vengono massacrati dalle armi che le nostre università contribuiscono a finanziare.

La verità è che le nostre università sono entità aziendali finanziate in perdita. Ciò che facciamo in esse è un tipo di perdita che deve essere catturata e regolata come valore. Tutto, dalla formazione del pensiero critico all’etica della pedagogia critica, dallo studio radicale alla messa in discussione delle narrazioni e delle storie date, è una perdita da cui l’università come azienda privata dipende e che teme, che valorizza e che regolamenta pesantemente.

Oggi è proprio su queste perdite che si sta concentrando l’assalto della destra all’istruzione superiore. Vengono a colmare le lacune. La caccia alle streghe del Congresso è solo l’ultima ripetizione. Stanno colmando le lacune, portando il regolamento alla sua logica conclusione, perché le classi dirigenti conoscono molto bene le dimensioni e l’entità della crisi che non è imminente, ma è già qui. Sanno di avervi lasciato con un pianeta in fiamme, infrastrutture fatiscenti, democrazie atrofizzate e futuri preclusi. Non hanno bisogno di persone come voi che pensano, che si interrogano, che analizzano criticamente e, ancor meno, di persone impegnate in cause come l’antimperialismo e gli universalismi autentici.

Hanno bisogno di tecnici, finanzieri, ingegneri e di quelle competenze fredde e silenziose del paradigma manageriale; hanno bisogno di persone che non siano investite nel mondo ma in azioni, o meglio ancora, investite in se stesse come figure di una sorta di azioni, come portafogli finanziari umani. E se per farlo devono sventrare l’università, se devono mobilitare ogni pezzo di potere istituzionale e repressivo, allora lo faranno. Ieri è stata la teoria critica delle razze. Il giorno prima ancora, i diritti dei trans. Oggi è la Palestina e l’antisionismo – il copione cambia, ma la rappresentazione è la stessa.

La lotta per la Palestina e il disinvestimento oggi, quindi, è anche una lotta contro l’aziendalizzazione dell’università, contro il suo iper-sfruttamento del lavoro precario e contingente, contro la sua centralizzazione attorno ad amministrazioni tecnocratiche, una lotta per la sua autentica democratizzazione. È una lotta per e contro l’università. E se l’università deve avere un futuro al di là del suo dominio corporativo, sarete voi e i vostri alleati a forgiarlo.

È un onore entrare in questa breccia con voi.

Viva la rivolta studentesca, viva la Palestina!

Questa lettera aperta è apparsa per la prima volta su Cultural Critique Online.

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

27/5/2024 https://www.assopacepalestina.org

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