GOVERNO DI GALERA E MANGANELLI. Guai a chi fiata
Giovanni Russo Spena
Giurista. Resp. nazionale Democrazia, Diritti, Istituzioni di Rifondazione Comunista
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Il disegno di legge 1660 è un vero e proprio salto di paradigma verso uno Stato di polizia. Perfino l’Ocse ( l’organizzazione per la sicurezza in Europa) alla quale aderiscono governi di 57 paesi, ha scritto, manifestando grande preoccupazione: ” la maggior parte di queste disposizioni ha il potenziale di minare i principii fondamentali della giustizia penale e dello Stato di diritto”.
Questo disegno di legge trova le sue radici attuali nella deriva sempre più marcata verso la corsa al riarmo, lo stato di guerra globale. E’ la corazza ordoliberista dell’economia di guerra, del raddoppio delle spese militari, che alimentano l’impoverimento di massa e l’assoluto declino di quel che resta dello Stato sociale, dopo l’assalto del capitale , reso ancor più predatorio dalla competitività e dalla perdita di egemonia. Basta pensare ai processi di “dedollarizzazione” e alla forte ascesa dei BRICS.
L’Unione Europea diventa Nato, rilancia politiche imperialiste e, insieme a Stati Uniti e ai paesi anglosassoni, organizza la nuova “guerra fredda ” contemporanea. Il capitale ha bisogno dello Stato penale. Questo disegno di legge è figlio di tanti sfregi normativi. Basti citare il decreto Renzi/Lupi, il decreto Minniti/Orlando, i decreti Salvini, fini all’ultimo decreto Caivano e alla infame legge Cutro.
L’accezione della cosiddetta “sicurezza” diventa ipertrofia penalista, con misure repressive iperboliche e sanzioni abnormi. Non siamo di fronte solo a repressione straordinaria, ma ad una vera e propria tecnica di governo. Con una saldatura evidente , allarmante tra potere politico, poteri militari e l’informazione.
La divisa militare è la nuova Costituzione, il disprezzo per l’articolo 11 della Costituzione. Ancora una volta valuto , su temi fondamentali, del tutto carente l’opposizione parlamentare e la mobilitazione dei partiti del centrosinistra. Anche il sindacato confederale ha compreso in ritardo che si sta producendo un salto di fase. Si va configurando una simbiosi tra tutela della formazione sociale e vago e ipocrita immaginario della sicurezza: una “società del controllo”, lo stravolgimento del rapporto tra statualità e cittadinanza. Il “neoliberismo autoritario”, che domina strutturalmente il contesto, accresce il populismo penale, irrigidisce e verticalizza le strutture istituzionali.
Si sta rafforzando, nel privato, come nella pubblica amministrazione, una vera e propria architettura globale di sorveglianza e controllo. Aumenta, negli Usa come in Cina, come in Israele (come abbiamo visto dall’uso di strutture telematiche nel genocidio in atto) la tecnologia, sofisticatissima, del controllo sicuritario. Con annesso pullulare di imprese che sviluppano riconoscimenti facciali, sorveglianze biometriche, ecc.
E’ incredibile la rimozione di questo insieme di temi n ei programmi, nelle ricerche, nelle mobilitazioni delle soggettività anticapitaliste, siano esse socialdemocratiche (a volte anche omertose) o rivoluzionarie (spesso incapaci di una visione del mondo alternativa). Mentre le destre lucrano demagogicamente sull’ansia sicuritaria di un popolo inerte, frantumato, spaventato.
Dovremmo riprendere, lo scrivo con umiltà, il tema più grande: questo disegno di legge nega il conflitto; chi agisce il conflitto è nemico della “ragion di Stato”. Ma noi sappiamo che riconoscere il conflitto è fondamentale, perché esso genera dignità sociale, autodeterminazione, legittima l’esistenza degli oppressi. dà la parola agli sfruttati.
La storia, ci insegna Marx, è “storia di lotta di classi”. E’ questa la base del pluralismo, della dialettica, dell’anticapitalismo. La negazione del conflitto significa guerra ai poveri, ai migranti, anche a chi esprime solo pensieri critici. E’ l’autocrazia, che difende modelli economici sempre più diseguali e, quindi, ha bisogno di esercitare una dittatura contro la società.
Decreto Legge 1660
E’ uno Stato che reprime ogni spazio di democrazia
Questi gli articoli salienti della legge:
Art. 1 – Introduce i nuovi reati, puniti con pene fino a 6 anni, di detenzione e/o diffusione di materiale inerente la preparazione o l’uso di armi e sostanze pericolose utilizzabili per non meglio precisate finalità di terrorismo, anche internazionale.
Art. 7 – Prevede la revoca della cittadinanza italiana, entro 10 anni dalla sentenza definitiva, contro il cittadino condannato per terrorismo o eversione.
Art. 8 – Introduce nel codice penale il nuovo art. 634 bis, che punisce il reato di occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui con la pena da 2 a 7 anni di reclusione sia per l’occupante sia per chi coopera con esso. La norma si aggiunge a quella prevista dall’art. 633 c.p., che punisce la occupazione abusiva di immobile, con la reclusione da 2 a 4 anni. Inoltre, viene introdotto nel codice di procedura penale il nuovo art. 321 bis, che dà alla polizia il potere di sgomberare immediatamente l’immobile occupato.
Art. 10 – Introduce il potere del questore di disporre contro il cittadino l’allontanamento da una determinata area urbana fino a 48 ore. Si può quindi immaginare l’uso che ne verrà fatto prima di manifestazioni e cortei sindacali e politici. Allarga i casi di emanazione del DASPO urbano fino a prevedere il DASPO giudiziario, disposto dal giudice quale condizione per la concessione della sospensione condizionale della pena.
Art. 11 – Ripristina la sanzione penale e non più amministrativa per il reato di blocco stradale. Introduce l’aggravamento della pena da 6 mesi a 2 anni a carico di coloro che effettuano un blocco stradale o ferroviario con il proprio corpo e con più persone riunite. E’ il manganello giudiziario per farla finita con scioperi operai e manifestazioni non autorizzate.
Art. 12 e 13 – Sono norme mirate contro i Rom. Il primo abolisce l’obbligo per il giudice di rinviare la pena se la condannata è incinta o madre di un bimbo di età inferiore ad un anno, sicchè madre e figlio potranno finire in carcere a discrezione del magistrato. Il secondo punisce, con pene aggravate, non solo chi organizza l’accattonaggio, ma anche chi induca terzi a farlo.
Art. 14 – Introduce l’aumento di un terzo della pena prevista per i reati di violenza, minaccia, resistenza a pubblico ufficiale (già prevista da 6 mesi a 5 anni), se il fatto è commesso contro un ufficiale o agente di polizia, vietando al giudice di considerare prevalenti le circostanze attenuanti rispetto a tale nuova aggravante.
Art. 15 – Prevede che si proceda d’ufficio – e non più su querela di parte – nel caso di lesioni personali lievi o lievissime a danno di ufficiali o agenti di polizia in servizio, punite con pena da 2 a 5 anni.
Art. 20 – Autorizza ufficiali e agenti di polizia a portare armi senza licenza, anche quando non sono in servizio.
Queste tre norme corazzano e scudano l’azione violenta in servizio e l’eventuale uso di armi fuori servizio da parte di 300.000 ufficiali e agenti di polizia (provenienti da Polizia, Carabinieri, Finanza, Polizia Locale) contro i cittadini.
Art. 18 e Art. 25 – L’art. 18 introduce: a) la nuova aggravante del reato di istigazione a disobbedire alle leggi (art. 415 c.p., che prevede una pena fino 5 anni), se viene commesso all’interno di un carcere dai detenuti o anche mediante comunicazioni dirette a persone detenute; b) il nuovo art. 415 bis c.p., che punisce con la reclusione fino ad 8 anni “chiunque, all’interno di un istituto penitenziario, promuova, organizzi o diriga una sommossa con atti di violenza o minaccia, di resistenza anche passiva all’esecuzione degli ordini o con tentativi di evasione, commessi congiuntamente da tre o più persone”. Le pene possono essere aumentate, in determinati casi (lesioni personali, uso di armi, ecc.) fino a 20 anni. L’art. 25 completa le suddette norme con la previsione dell’esclusione dei detenuti istigatori o ribelli (anche passivi!) dai benefici penitenziari, equiparandoli a mafiosi e terroristi.
Art. 19 – Applica quanto previsto dall’art. 18 per i detenuti in carcere contro i migranti ristretti nei CPR, confermandone la natura carceraria.
Questa normativa annulla qualsiasi diritto dei detenuti e li annichilisce ad esseri senza dignità, sottoposti all’imperio e arbitrio assoluti e al ricatto permanente del personale penitenziario.
Art. 23 – Il governo Renzi aveva già concesso, con il decreto-legge n.7/2015, ai funzionari e agenti dei servizi segreti, infiltrati in associazioni terroristiche o eversive, l’immunità penale nel caso di compimento di reati associativi per finalità di terrorismo. La norma, che era transitoria e più volte prorogata, diventa ora permanente e prevede l’estensione dell’immunità penale per la direzione ed organizzazione di associazioni terroristiche, anche internazionali, ed eversive dell’ordine democratico, nonché nel caso di fabbricazione o detenzione di ordigni o di materiale con finalità di terrorismo. Si passa così dalla figura dell’agente infiltrato a quella dell’agente provocatore, o – peggio ancora – dell’organizzatore di attentati e stragi.
Inoltre parifica la cannabis light a quella non light, vietando quindi la coltivazione e il commercio di infiorescenze anche di cannabis con thc inferiore allo 0.2 per cento. Una possibilità che avrebbe gravissime ricadute su tutte le imprese del settore.
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