Green Pass, tra schizofrenia, strumentalizzazione e colpevolizzazione
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L’80% della popolazione italiana è vaccinata o si sta vaccinando convinta da una propaganda mediatica martellante a reti unificate permessa da un governo neoliberista di destra che ha l’appoggio di quasi tutte le forze politiche del Paese (destra, centro-destra, centro-sinistra).
Non c’è dubbio che milioni di italiani abbiano visto nel vaccino “l’unica salvezza” razionale, ma si tratta di una risposta emergenziale ad un problema emergenziale che non può essere l’unica soluzione se non si finanzia la medicina territoriale, la prevenzione primaria e la sanità pubblica. Detto ciò, non si può dire che chi si è vaccinato è il “gregge che segue la massa”, come non si può colpevolizzare e criminalizzare chi pone dei dubbi legittimi.
Sarò ingenuo a pensarlo, ma parlando di pecore e di gregge alcune volte penso a quale sarebbe stata la reazione di molti a sinistra se questo dispositivo fosse stato proposto, scelto e approvato da un governo Berlusconi (fa niente se lui oggi lo appoggia, ma non è la sua impresentabilità ad approvarlo, ma la presentabilità di un banchiere). Quello che manca oggi, infatti, è un serio dibattito culturale, un dibattito politico e il valore del dissenso che in una democrazia sarebbero indispensabili. Forse sarebbe un dibattito veramente complesso, ma d’altronde è la realtà ad essere complessa e, mentre i fascisti e i partiti di destra speculano su questa situazione, la sinistra critica ne esce sconfitta. Da questo discorso si potrebbe aprire un confronto interessante sul livello culturale del popolo degli “intellettuali da salotto” incapace ormai da anni di dare una visione sociale diversa.
Quando come Progetto Ecosebino organizzammo la manifestazione in ricordo delle vittime del Covid-19, non abbiamo smesso di dire per un secondo che il Covid è stata una “epidemia colposa”, un’epidemia (meglio detta “sindemia” per ragioni scientifiche) che trova nella sua causa un “virus opportunista” (ovvero che ha esposto più al pericolo pazienti pluripatologici) e anche responsabilità politiche e gestionali importanti (a livello nazionale e regionale) anche in fatto di sancire il diritto alla salute e alla sanità pubblica. Una epidemia “colposa” perché, oltre al ruolo di Confindustria e di Regione Lombardia da noi, se avessimo avuto una sanità territoriale, una sanità pubblica adeguatamente finanziata e se non fossimo stati a corto di personale, saremmo riusciti a gestirla e migliaia di persone non sarebbero morte. Questo non sono io a dirlo, ma purtroppo i tagli alla sanità, la privatizzazione della sanità e la mancanza di personale sanitario. La colpa è stata del capitale, lo stesso per altro che con le devastazioni ecologiche e con un modello di produzione e di sviluppo perverso invita alle epidemie di stampo zoonotico.
Detto questo, ciò che merita di essere discusso è l’uso politico dell’epidemia portato avanti dal governo neoliberista di Mario Draghi. Uno stato d’emergenza, dichiarato per giustificare tutto con “l’emergenza”, che in nome del “diritto alla salute”, da parte di chi ha votato ed approvato tutti i tagli e la privatizzazione della sanità, oggi impone il Green Pass obbligatorio come lasciapassare che si può avere solo quando si ha il vaccino, che però non è obbligatorio. Entrambi per legge non dovrebbero limitare il diritto di circolazione dei cittadini europei, ma de facto lo limitano. Se non ci si vuole vaccinare (cosa permessa dalla legge) si ha la possibilità di avere il Green Pass con i tamponi ogni due giorni e, sul posto di lavoro, i tamponi non sono onere del datore (che per legge dovrebbe garantire misure di salute e sicurezza sul posto di lavoro) ma del lavoratore che per andare a lavorare deve pagare. Ecco quindi che il Green Pass è un obbligo surrettizio al vaccino che mette in difficoltà i lavoratori che non vogliono vaccinarsi, applicando de facto un ricatto.
Il Green Pass, spinto da Confindustria (tra chi non ha collaborato per niente per la fine della crisi sanitaria), è un dispositivo che ad oggi travalica molte normative sul luogo di lavoro e che sta creando un vuoto normativo.
Se prima il ricatto sul posto di lavoro era estorsione o, comunque una cosa che indignava, oggi verso una minoranza come i non-vaccinati non indigna più. I lavoratori senza Green Pass non vengono licenziati, non vengono sospesi ma vengono lasciati a casa senza stipendio e senza maturare i contributi per la pensione. Cosa c’entra questa misura punitiva a norma di legge con il Covid-19? Niente, ma è un ricatto.
E poi, come giustamente ha detto Landini, tutto si risolverebbe mettendo i tamponi gratuiti, avendo così garantita salute sul lavoro, prevenzione e tracciamento in un colpo solo senza scomodare le scelte individuali di nessuno. Tamponi gratuiti per tutti ad oggi non è stata presa in considerazione ed è stata pure bannata dal dibattito, come se fosse una rivendicazione di “viziati”, “privilegiati”, “egoisti”, “pecore spesso guidate da fascisti” o quant’altro, quando in realtà si tratterebbe di rendere gratuita l’una vera e concreta misura di tracciamento dei positivi e di prevenzione per tutti, anche sul posto di lavoro in quanto mezzo di salute, prevenzione e monitoraggio.
Alcuni potrebbero obiettare: perché spendere soldi pubblici per chi non vuole vaccinarsi? Nello stesso modo in cui, a causa del monopolio dei brevetti sui vaccini di Big Pharma gli Stati europei hanno pagato i vaccini 24 volte in più il prezzo di produzione. Il rapporto di Oxfam ed Emergency ha rivelato come i vaccini Pfizer/BioNTech e Moderna sarebbero stati venduti a prezzi esorbitanti agli stati, che potrebbero pagare 41 miliardi di dollari in più nel 2021, rispetto al costo di produzione stimato da 1,18 a 2,85 dollari a dose e nonostante 8,2 miliardi di finanziamenti pubblici ricevuti dalle due aziende. Solo l’Italia per questi due vaccini avrebbe speso 4,1 miliardi di euro in più di denaro dei contribuenti. Risorse che potrebbero essere investite, secondo il rapporto, per rafforzare il sistema sanitario nazionale, consentendo, ad esempio: di allestire oltre 40 mila nuovi posti di terapia intensiva (ad oggi sono poco più di 8.500); oppure di assumere oltre 49 mila nuovi medici (ad oggi sono poco più di 100 mila quelli dipendenti del Sistema Sanitario Nazionale).
Invece il Green Pass, con le sue subdole logiche perverse, ci sta portando in tutt’altra direzione: nonostante si parli di mancanza di personale, il personale sanitario che non ha il Green Pass viene sospeso, quindi gente in meno che lavoro negli ospedali. Poi il Green Pass risulta essere uno strumento altamente ipocrita in quanto applicato da un governo che ha annunciato nel PNRR una parte risibile e irrisoria alla sanità (9 miliardi), mentre alle armi 30 miliardi.
Anche i tamponi gratuiti (proposta di sinistra) sarebbero una spesa risibile, anche se sarebbe più giusto che venissero garantiti dai datori di lavoro sul posto di lavoro.
Il Green Pass non è razionale se pensiamo che per andare al cinema sì, sul treno regionale no, sul Frecciarossa sì, sull’aereo sì, in metropolitana no, sul bus no, al lavoro sì, nelle università sì, ma nei centri commerciali no. Io per esempio posso andare benissimo al centro commerciale, ma non posso esercitare il diritto fondamentale (Cit. Costituzione) allo studio andando all’università, usufruendo del medium digitale. Forse oggi, negando i diritti, si può far credere di usufruirne per piacevole concessione grazie all’intermediazione tecnologica. Questa è la distopia schizofrenica che sta incentivando il Green Pass.
Ma non è finita qui. Una dei canali commerciali più deprimenti della Tv italiana, Rete 4, ad inizio ottobre aveva dato una notizia: “i non-vaccinati costano allo Stato 70 milioni di €”. Sempre secondo la TV berlusconiana, a testa costano 709 € per ospedalizzazioni e 1.680 € per le degenze. Una notizia che data in questo modo fa presumere che la causa di tutti i mali siano i “no-vax” che stanno facendo sprecare allo stato italiano un sacco di soldi. A luglio 2020, un’analisi portata avanti da Healthcare Datascience Lab (HD-LAB) della Università Carlo Cattaneo – LIUC di Castellanza, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Nazionale SS. Antonio e Biagio e C. Arrigo di Alessandria e l’Associazione Ingegneri Gestionali in Sanità, ha rivelato che un paziente Covid, in base alla complessità di cure, può costare dai 9 ai 22mila euro.
A questi costi vanno aggiunti circa 500mila euro che l’ospedale ha speso per DPI e altre apparecchiature (soprattutto C-PAP, nutri pompe e ventilatori polmonari).
Quindi, o c’è qualcuno che gioca con i numeri, o l’intenzione era quella di strumentalizzare mediaticamente queste categorie statistiche, forse creando l’ennesimo capro espiatorio contro cui scagliarsi. Forse potrebbe essere questo un modo per impedire di guardare alla radice dei problemi legittimando la solita vulgata: “Io, i tamponi gratis e le cure gratuite a chi non si vaccina, non li darei”. Infatti, in 21 anni di vita non ho mai sentito tanta enfasi e tanto coinvolgimento emotivo per il fatto che l’Italia spende 70 milioni di euro al giorno per stare nella NATO, l’organizzazione che ha ordinato per vent’anni un conflitto “out of area” illegale di fronte al diritto internazionale chiamato “Guerra in Afghanistan” che è costato all’Italia 8 miliardi di euro.
Non ho mai sentito dire ad un telegiornale che 37 miliardi sono stati i tagli alla sanità pubblica in Italia dal 2012 al 2020 (fatti dagli stessi che hanno finanziato le guerre). Non ho mai sentito dire che in Italia l’evasione fiscale costa 190,9 miliardi di € ai cittadini italiani; che secondo i dati del 2015, i costi legati al problema della tossicodipendenza (sanitari, legali, sicurezza) equivalgono circa all’1,8% del Pil e che quindi su ogni cittadino italiano pesano per 715 euro all’anno; e che i costi legati all’alcolismo in Italia sono pari a 20 miliardi l’anno.
Addirittura guardando al mondo, i numeri fanno spavento per i costi delle cure rivolte a malattie causate dal tabacco. Nel 2021, i costi diretti (cure sanitarie) per malattie attribuibili al tabacco sono stati pari a 422 miliardi di dollari (il 5,7 per cento delle spese sanitarie globali). Se sommiamo anche i costi indiretti (perdita di produttività per malattia o decessi) si arriva a 1.436 miliardi di dollari, pari all’1,8 per cento del Pil mondiale. Questi dati sono stati raccolti da un’analisi dell’Oms sui 152 paesi, in rappresentanza della quasi totalità dei fumatori (97%).
Questa è la mia modesta opinione e non c’è fascio che tenga, ne tantomeno solidarietà con loro in questo discorso, anzi non c’è neanche bisogno che lo dica. Non ho certezze, ma dubbi e mi riservo di averne in questa situazione.
È anche vero che il “divide et impera” di Draghi ha funzionato molto ed è stato strategico nel dividere la popolazione e nel polarizzare istericamente l’opinione pubblica alzando la conflittualità esasperante e paranoica su questo tema.
Tutto a discapito di altri argomenti, grazie ad una informazione confusa, non chiara e ad una strumentalizzazione mediatica che non ha di certo aiutato la serenità del dibattito.
Lorenzo Poli
Collaboratore redazionale di Lavoro e Salute
19 ottobre 2021 Pubblicato sul numero di noivembre del mensile
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