Gru di un cantiere cade sulla strada a Torino: morti tre operai, passanti feriti
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La timidezza del governo con le imprese sulla sicurezza sul lavoro
Un Decreto palliativo
Racconti di vite perdute e i problemi posti da chi vive ogni giorno la distanza siderale tra le leggi (riprese verbalmente in dichiarazioni, documenti e convegni) e la realtà imposta dai “datori” che non le considera affatto; dalle considerazioni sul campo di chi ha operato per decenni sulle richieste di intervento nei luoghi di lavoro.
Li abbiamo definiti lavoratori che combattono a “mani nude” la guerra di classe che le imprese private, come gli enti pubblici hanno scatenato in questi decenni con spregiudicatezza e senza remore, fidando del silenzio, a contorno delle leggi rimaste inapplicate, di tutti i governi che si sono alternati negli ultimi 30 anni riducendo senza soluzione di continuità i diritti alla salute dei lavoratori.
Ci siamo chiesti chi è oggi un RLS e lo abbiamo fotografato come una figura ibrida. Un soggetto perennemente tagliato fuori dalle dinamiche imposte dall’esterno, siano esse determinate da accordi regionali e nazionali e siano esse catapultate da fenomeni pandemici.
Lo abbiamo fatto proponendo una lettura legata proprio all’evento pandemico, per riflettere sulla scomparsa del ruolo dei RLS come soggetti protagonisti nella verifica delle condizioni di solitudine in cui si sono trovati ad operare i sanitari, deprivati anche della libertà di parola per denunciare l’ignavia degli ambiti politici e aziendali decisori, mentre siamo di fronte a: aumento dello sfruttamento, bassi salari, incremento della precarietà e della flessibilità, aumento brutale dei ritmi e degli orari, tagli continui (anche nella pandemia) alla sanità, appunto per questo stato di cose ai confini della civiltà del lavoro si dovrebbe ridare poteri di contrapposizione conflittuale a chi si sente di esercitarlo, pena la continua conta di infortuni e di morti sul lavoro, al netto delle malattie professionali che si trasformano negli anni anch’esse in disabilità e morti.
Oggi le condizioni del mondo del lavoro, meglio dire dei lavori precarizzati, sono tragiche e sempre più simili, nella sua nocività, agli anni 50. E’ urgente, con le forme più radicali di lotta, un duro percorso a ritroso per la conquista di basilari e vitali diritti di civiltà.
Diritti vitali che saranno sempre più lontani dalla capacità sindacale di intervenire per ripristinarli se verrà concessa dal governo alle Regioni che l’hanno richiesta, e promessa, dal governo Gentiloni la facoltà di Autonomia Differenziata su 23 materie tra le quali sicurezza sul lavoro e contratti che non sarebbero di fatto più nazionali ma locali.
Ovvero, non ci sarebbero più i contratti collettivi nazionali a tutelare i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori che verrebbero trascinati in una concorrenza al ribasso.
Infine abbiamo fatto una domanda provocatoria che non ha avuto risposta in dodici mesi da parte dalle dirigenze nazionali dei maggiori sindacati, ma anche dalle strutture locali, partendo dalla considerazione che se non si interviene con l’azione vertenziale chiarificatrice della ragione di esistere di un sindacato nel costruire la proficua mediazione tra le parti che porta a risultati per i propri rappresentati, su questo stato di cose è improprio dire che i RLS sono stati trasformati in comparse nei luoghi di lavoro?
Chi sono i soggetti deputati alla sicurezza sul lavoro che hanno discusso il Decreto Legge n. 146 del 21 ottobre scorso? Domanda lecita per non prendere a busta chiusa il provvedimento governativo di fronte allo stillicidio di morti sul lavoro, tenendo presente che alle statistiche “ufficiali” di oltre 100 lavoratori al mese vanno aggiunte le decine di migliaia di morti per malattie professionali e ambientali (solo per amianto 6.000 ogni anno, 16 ogni giorno, circa 2 ogni ora), e anche le vittime delle brutali condizioni imposte dal lavoro clandestino e i lavoratori che muoiono fuori dal lavoro ma in conseguenza di malattie causate dall’attività svolta al servizio del capitale. Tutte catalogate come vittime per cause naturali?
Rispondiamo noi con l’irriverenza dovuta in rispetto perenne di chi ha lasciato la propria vita a questo criminale sistema produttivo: nessuno, non considerando le analisi notarili e il bla bla di tanti supposti esperti che, guarda caso, stanno sempre con la testa in superfice nascondendo il resto del loro corpo putrefatto da accondiscendenza verso ogni ambito dominante.
Si è previsto il potenziamento della vigilanza, bene, se verrà concretamente fatto, ma, come si è domandato uno dei tanti esperti fuori dal coro accondiscendete, “ Se guardiamo ai meccanismi degli ultimi eventi tragici, rileviamo che, come quasi sempre succede, questi non sono dovuti a nuovi e imprevedibili fattori di rischio. I lavoratori sono tutti morti per cause che già le leggi degli anni Cinquanta del secolo scorso avevano ben evidenziato, definendo precise norme di comportamento. E, ciononostante, questi infortuni si ripetono, anno dopo anno, con monotona continuità. Basterà potenziare la vigilanza?”
Ennesima domanda ai sindacati e al ministro del lavoro, non a prescindere dal ministro Brunetta che spudoratamente annulla il decreto dichiarando che prima di ogni controllo le imprese saranno avvertite dell’arrivo degli Ispettori.
Franco Cilenti
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