Guerre, profitti, intelligenza artificiale e demenza globale

I venti di guerra soffiano sempre più violenti e diffusi, nel frattempo gli indici di borsa crescono assieme ai profitti, quelli dei giganti tecnologici più degli altri. Dallo scoppio della pandemia da Sars-Cov-2 nel 2020, che ha generato per tutto, nella fase più acuta,  un periodo un crollo delle attività economiche e di seguito con la ripresa uno sconvolgimento ed intasamento delle reti logistiche, con gli interventi di finanza pubblica per rilanciare le economie, le fiammate  inflazionistiche  ed infine la guerra russo-ucraina che violentemente modificato le dinamiche degli scambi delle materie energetiche ed agro-alimentari ed i flussi finanziari, ebbene per definire questo contesto, questo intreccio di processi di rottura degli equilibri precedenti, si è coniato il termine di policrisi intendendo con questo definire l’intreccio di questi processi di crisi che agendo contemporaneamente ed in modo sinergico nella formazione sociale globale ne esaltano i gradi di instabilità, rendono sempre più difficile fare previsioni attendibili.

Il convitato di pietra di questo scenario è il cambiamento climatico con i suoi effetti attuali -anno dopo anno si stabiliscono nuovi record a livello regionale e globale in termini di aumento delle temperature e di manifestazioni metereologiche e climatiche estreme- e le previsioni che diventano sempre più accurate in termini di orizzonti catastrofici. La risposta –intesa come transizione energetica verso l’uso delle fonti rinnovabili e riduzione dei consumi per unità di prodotto– costituisce un driver fondamentale che trascina i processi di trasformazione dell’economia globale, delle forme della competizione1 e della divisione internazionale del lavoro, della distribuzione delle filiere produttive.

La fase che stiamo vivendo, ben prima del 2020, è quella della rottura degli equilibri e delle gerarchie della cosiddetta globalizzazione neo-liberista, con il prevalere di dinamiche competitive rispetto a quelle che integravano i diversi attori della produzione globale, aprendo ad assetti instabili, a geometria variabile, nei quali emergono nuovi protagonisti, ma si aggravano contemporaneamente le contraddizioni e le diseguaglianze. Gran parte delle condizioni estreme in cui vivono le popolazioni di intere regioni del mondo è del tutto ignorato dai media che formano la pubblica opinione, uno squarcio su questa realtà è aperto dall’articolo di Alessandro Scassellati sul Sudan in questo numero della rivista. Analogamente per quanto riguarda lo stato di salute finanziaria dei singoli stati, abbiamo già segnalato lo stato di default di alcuni Stati africani incapaci di rispettare le scadenze dei debiti contratti, per cifre che peraltro sono irrisorie rispetto agli investimenti in atti negli stessi paesi da parte della Cina, diventata un protagonista nel finanziare e realizzare grandi infrastrutture.

La policrisi quindi è lo stadio attuale della rottura di quegli assetti che si erano venuti affermando a cavallo del passaggio di secolo e di millennio. La finanziarizzazione dell’economia, la creazione di denaro da denaro, il cortocircuito D-D’ rispetto al ciclo di estrazione di plusvalore D-M-D’ è costantemente all’opera, i dati sul debito pubblico e privato rapportato al PIL globale, così come la crescita della capitalizzazione di borsa ne sono una testimonianza2, tuttavia alcuni indici sembrano testimoniare una robustezza del sistema in termini di profitto, il  che starebbe a testimoniare la capacità di fare profitto nel sistema, del sistema in particolare degli oligopoli che controllano le principali filiere produttive e di servizio.

“La borsa di Tokio raggiunge i massimi del 1989, tuttavia l’indice Nikkei 225 era scambiato 225 volte gli utili, mentre ora è a 16. il rapporto prezzo/valore contabile era di oltre otto volte, mentre attualmente è sceso a due e per finire il 37% delle società incluse nell’indice ha un prezzo di mercato inferiore al valore contabile.

(…) nonostante i rally, siamo ancora lontani dai livelli di valutazione della bolla tech del 2000. Guardando ad esempio al “Peg”3, ovvero il prezzo rapportato alla crescita degli utili attesi per i prossimi tre-cinque anni, il rapporto si attesta a 1,3 volte rispetto a 2 nel marzo 2000. Il “motore” della crescita viene individuato nel rialzo degli utili attesi grazie all’AI e all’aumento della produttività delle società”4.

Le dimensioni del mercato obbligazionario globale rendono conto di quanto sta accadendo.

“I mercati delle obbligazioni sovrane e societarie sono cresciuti in modo significativo dal 2008. Un contesto di finanziamento favorevole ha contribuito a un’impennata delle emissioni obbligazionarie, che si sono estese anche a segmenti di mercato più rischiosi, tra cui governi e società con rating più basso. (…)

Alla fine del 2023, il volume totale del debito sovrano e delle obbligazioni societarie ammontava a quasi 100 trilioni di dollari, di dimensioni simili al PIL globale. Si prevede che il debito totale dei titoli di Stato dell’OCSE aumenterà a 56 trilioni di dollari nel 2024, con un aumento di 30 trilioni di dollari rispetto al 2008. Alla fine del 2023, il debito obbligazionario societario globale ha raggiunto i 34 trilioni di dollari e oltre il 60% dell’aumento dal 2008 proveniva da società non finanziarie”2.

“Il dato di fatto è che, misurato alla prima metà del 2023, il debito accumulato globalmente da Stati, famiglie e imprese (sia finanziarie che non finanziarie) ha toccato i 307 mila miliardi di dollari, secondo l’Institute of International Finance (Iif), l’organizzazione che raccoglie (e monitora) circa 500 grandi organizzazioni bancarie e finanziarie. In soli sei mesi, lo stock di debito è aumentato di diecimila miliardi. (…)

Succede che il debito globale aveva toccato un massimo tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, a causa delle grandi spese a contrasto della pandemia da Covid-19. Fino a sopra il 360% del Prodotto lordo mondiale. Poi, la quota è scesa fino alla fine del 2022 ma ha ripreso a salire e nella prima metà di quest’anno e ha toccato il 336% del prodotto mondiale, contro il 334% della fine del 2002. Più dell’80% dei diecimila miliardi di debito accumulati tra gennaio e giugno vengono da mercati maturi, dice l’Iif: in testa, Stati Uniti, Giappone, Regno Unito e Francia. Tra i Paesi emergenti, indebitamento in crescita notevole in Cina, India e Brasile. L’analisi dell’Istituto nota poi che quest’anno c’è stata una decelerazione marcata nei prestiti alle famiglie e alle imprese dovuta all’aumento dei tassi d’interesse e che, al contrario, il livello del debito è aumentato per le istituzioni finanziarie e per gli Stati. Il debito pubblico globale è oggi attorno ai centomila miliardi di dollari, sopra al 97% del Prodotto lordo del mondo”5.

In Europa, 10 rialzi dei tassi della Bce valgono 100 miliardi di ricavi in più per le banche europee. Secondo uno studio di Ubs, quest’anno il margine di interesse degli istituti di credito sfiorerà i 380 miliardi, con un incremento del 40% rispetto al 2021, all’era cioè precedente alla stretta monetaria6.

Relativamente all’andamento delle borse “Certamente il rally è stato violento nel 2023 e ancora adesso le Borse salgono (pur se con qualche maggiore incertezza). Tuttavia l’indice delle Borse mondiali calcolato da Bloomberg da inizio anno segna un rialzo superiore al 6%, il Nikkei sfiora il 20%, Piazza Affari il 13%”7. Se valgono le osservazioni per cui alcuni indici descrivono un mercato meno speculativo rispetto a quello della crisi del 2008-2011, va sottolineato come ci sia una concentrazione di questo aumento della capitalizzazione per quanto riguarda la borsa di Wall Street, le sei Big Tech più Tesla oscillano lontano dai mille miliardi di dollari verso o oltre i 2000.

I cosiddetti “magnifici 7” ora esercitano una potenza finanziaria maggiore di quasi tutti gli altri grandi paesi del mondo, secondo una nuova ricerca di Deutsche Bank.

L’aumento vertiginoso dei profitti e delle capitalizzazioni di mercato dei magnifici 7 colossi tecnologici statunitensi – Apple, Amazon, Alphabet, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla – supera quelli di tutte le società quotate in quasi tutti i paesi del G20, ha affermato la banca in una nota di ricerca martedì. Dei paesi non statunitensi. I paesi del G20, solo la Cina e il Giappone (e quest’ultimo, solo appena) hanno maggiori profitti quando le loro società quotate sono combinate. Gli analisti di Deutsche Bank hanno sottolineato che la capitalizzazione di mercato combinata dei Magnifici 7 da sola la renderebbe la seconda borsa valori più grande del mondo, il doppio di quella del Giappone al quarto. Microsoft e Appl individualmente, hanno capitalizzazioni di mercato simili a quelle di tutte le società quotate combinate in Francia, Arabia Saudita e Regno Unito, hanno aggiunto”8.

La spinta alla crescita della capitalizzazione delle società del Big tech, è costituita dallo sviluppo delle tecnologie di intelligenza artificiale, sotto la spinta dell’innovazione introdotta nell’articolo del 2017   ‘Attention is all you need’9. Non v’è il minimo dubbio che la corsa verso ulteriori innovazioni nel campo dell’I.A. non si arresterà anzi procederà ulteriormente, protagonista resta OpenAI di cui per l’estate si aspetta il rilascio di ChatGPT-5. Le strategie in merito sono diversificate, la concorrenza è fortissima, con la tendenza dei protagonisti del mercato ad assorbire direttamente o indirettamente nuovi soggetti in grado di portare innovazioni significative, vedi il rapporto tra Microsoft e OpenAI, a quale comunque ha raggiunto una capitalizzazione attorno agli 80 miliardi di dollari e continua ad attirare finanziamenti.

Il nesso tra crescita dei mercati finanziari, nelle forme diverse che essi assumono, e sviluppo dei sistemi produttivi soggiacenti alla loro espansione, resta un nodo, un fattore cruciale da considerare per analizzare il futuro sviluppo del sistema capitalistico, dei suoi rapporti sociali di produzione a livello regionale e globale. Siamo di fronte ad una dinamica che sicuramente si appoggia su processi concreti di ristrutturazione, riconversione e innovazione dei processi produttivi, logistici e commerciali e infine finanziari, nella quale tuttavia i processi di concentrazione e finanziarizzazione operano prepotentemente, come i dati e molte analisi dimostrano, ragione per cui non è alle viste il raggiungimento di un assetto caratterizzato da solidi e duraturi equilibri.

Le previsioni sugli effetti delle tecnologie di I.A. da un lato sono difficilmente quantificabili dall’altro tutti virano verso uno sconvolgimento generalizzato dell’attuale composizione del mercato del lavoro, gli studi si succedono mentre si cominciano a vederne la realtà10

Al contrario le trasformazioni del sistema economico e finanziario generano una aggressione crescente nei confronti degli equilibri climatici e biologici, con una competizione crescente per l’accaparramento delle risorse naturali fondamentali come l’acqua ed il suolo fertile, trasformandoli in beni con una loro quotazione finanziaria, spesso associata a specifici prodotti finanziari, oltre che in posta in gioco di conflitti sempre più diffusi e radicali.

Nella appropriazione dei processi di riproduzione della vita, fondata sulla coniugazione di tecnologie digitali e biotecnologie assieme alla loro espropriazione brutale in termini di accumulazione primitiva, a riproduzione delle popolazioni, delle comunità umane è un oggetto privilegiato, salvo che proprio i ritmi di questa riproduzione, gli indici demografici delle diverse regioni del globo, sono sempre più squilibrati, generando conflitti e flussi migratori sempre più massicci; questi ultimi costituiscono per un verso una risorsa necessaria per le economie più avanzate, che non sono in realtà in grado di inquadrarli ed utilizzarli entro processi stabili di regolazione sociale, economica e culturale, facendone invece la principale posta in gioco di svolte reazionarie al loro interno.

In termini più astratti e generali l’innovazione tecnologica ovvero gli apparati tecnico scientifici che la producono applicati a tutti gli aspetti della riproduzione sociale -a partire dal suo contesto ‘naturale’- sono i vettori di una artificializzazione della riproduzione della vita sul nostro pianeta laddove i meccanismi di riproduzione della vita, gli ecosistemi si fratturano, si frantumano, perdono i nessi, i loro processi circolari di riproduzione,  perdono di complessità entro la riproduzione sociale; per questo per poter garantire una riproduzione della natura dei processi ambientali e biologici, come base della riproduzione umana, tocca loro dare una certa forma basata su interventi sempre più profondi e diffusi. È del tutto evidente come ci si stia allontanando da quella visione, forma della riproduzione delle forme di vita, degli ambienti degli equilibri climatici, chimico-fisici, biologici a cui qualcuno diede il nome di Gaia, verso un qualcosa che qualcuno prefigura come una sorta di astronave lanciata nel cosmo, tuttavia il fallimento della cooperazione internazionale sul clima ci dice che gli esiti saranno drammatici, fortemente diversificati tra regioni e popolazioni diverse ed al loro interno.

La guerra, le guerre introducono rotture drammatiche entro questa trasformazione globale, con esiti imprevedibili, salvo il costo in vite umane e devastazioni sociali, a favore della crescita degli apparati militari, delle industrie belliche e dei loro profitti. Nel processo di artificializzazione la guerra, la sua preparazione, la sua conduzione e soprattutto la gestione dei suoi effetti diventa assieme un fattore della trasformazione di una condizione su cui operare per garantire la riproduzione delle società umane, con l’ausilio delle migliori tecnologie…

Chi ha definito l’epoca in cui viviamo come Antropocene o Capitalocene. Ultimamente un panel di esperti ha negato il fatto che si possa parlare di una nuova era geologica definita come Antropocene, i cui caratteri sono definiti dall’azione trasformativa dell’attività umana sul contesto globale, vale dire in grado di lasciare tracce durature e significative nel contesto biologico e chimico fisico, rilevabili in futuro. Al di là del grado di attendibilità e validità di un tale pronunciamento11, non v’è alcun dubbio che la società umana, definita dai rapporti di produzione capitalistici da quando essi si sono manifestati, sta producendo una trasformazione radicale nei meccanismi più profondi che determinano l’andamento climatico e la riproduzione della forma di vita, tali da mettere  in discussione la loro forma attuale e con essa la possibilità di esistenza dell’umanità. Qualcuno dice che e tracce degli esperimenti di nucleari da Los Alamos ad oggi hanno già lasciato tracce significative rilevabili da futuri ricercatori; certamente l’olocausto nucleare porrebbe fine al dibattito.

Roberto Rosso

27/3/2024 https://transform-italia.it/

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *