HIV e Vaccino anti-Covid: cosa c’è da sapere

La disponibilità di vaccini contro il virus offre l’opportunità di uscire, finalmente, dalla crisi purché sia offerta a tutti i popoli e a tutte le persone, evitando di ripetere i drammatici errori commessi rispetto ad altri virus pandemici, non ultimo l’HIV. Nel mondo sono decine di milioni le persone che non hanno ancora accesso a farmaci che, nei paesi più ricchi, sono in grado già da decenni di prevenire o trattare patologie come malaria, Tubercolosi, HIV, epatiti virali. La crisi determinata dalla pandemia da COVID ha già evidenziato, del resto, inaccettabili iniquità anche all’interno delle società economicamente più forti moltiplicando il disagio e la marginalità dei gruppi più fragili, delle persone portatrici di altre patologie, di quelle economicamente più esposte.

Il vaccino può e deve essere un cruciale banco di prova su cui misurare l’inclusività del nostro welfare, la trasparenza dell’informazione, il rispetto dei diritti umani, la capacità dell’Italia e dell’Europa di operare secondo giustizia ed equità.  “Tutti hanno diritto alla protezione dal Covid 19-nessun profitto sulla pandemia” è lo slogan di una petizione lanciata dalla società civile europea che puoi firmare qui e che chiede alla commissione europea una normativa in grado di fare dei vaccini un bene pubblico globale.

Affinché i piani vaccinali funzionino è altresì importante informare adeguatamente cittadini e cittadine. I processi sperimentali che hanno portato all’autorizzazione di alcuni prodotti, o che sono in procinto di farlo, sembrano fornire, nonostante la rapidità degli studi, solide basi scientifiche e alti profili di sicurezza alle autorità regolatorie e autorizzative nazionali e internazionali. Tuttavia, l’immissione in uso di questi prodotti è ancora molto recente e diversi risvolti sono ancora in corso di studio. Mancano, ad esempio, adeguati studi pediatrici, indicazioni su durata e condizioni della copertura, così come sono ancora pochi i dati sull’impatto del vaccino sulle persone immunodpresse e/o in HIV.

Per motivi di sicurezza, data anche la novità del virus, gli studi sui vaccini COVID-19 hanno inizialmente limitato il loro reclutamento solo a partecipanti senza patologie particolari. Dopo i primi risultati incoraggianti, alcuni surveys hanno quindi arruolato anche persone con HIV. Il loro numero, comunque ridotto, e il periodo di osservazione relativamente breve, non permettono di rilasciare ancora risultati specifici. Tuttavia, i pochi elementi disponibili non evidenziano criticità, tanto che le agenzie regolatorie sono piuttosto unanimi nel considerarlo raccomandabile per le persone con HIV. Questo anche perché –viene sottolineato- sia il vaccino Pfitzer sia quello Moderna non contengono virus e, dunque, non possono provocare il COVID. Tra i dubbi che più vengono segnalati c’è per ora solo la possibilità che il vaccino possa essere meno efficace nelle persone con criticità immunitarie.

Che tipo di coinvolgimento hanno avuto le persone con HIV negli studi in corso e con quali esiti?

Partiamo dai vaccini appena autorizzati in Europa: quello dell’americana Moderna e il Comirnaty di Pfitzer-Biontec. Il loro funzionamento prevede un meccanismo del tutto innovativo basato sull’mRNA, ossia l’RNA messaggero, una macromolecola che contiene istruzioni per le cellule immunitarie.

Al ricevente viene somministrata non della materia virale, come di solito avviene, ma del materiale genetico, appunto l’mRNA, che innesca la produzione della proteina virale denominata Spike, quella che contiene il virus, direttamente nel corpo del ricevente; le cellule immunitarie riconoscono “l’intruso” è si attrezzano per combatterlo. Le molecole di mRNA iniettate non sono in grado di attivare la malattia ma innescano comunque la produzione degli anticorpi necessari a contrastarla: è un po’ come se il sistema immunitario potesse vedere un’anteprima della struttura dell’agente aggressivo e progettare le sue difese, senza che venga introdotto nel corpo del materiale virale, più o meno attivo. Se, in seguito, la persona entra in contatto con il vero virus SARS-CoV-2, il sistema immunitario sarà così in grado di riconoscerlo e di difendersi . L’mRNA del vaccino non rimane nel corpo ma viene scomposto subito dopo la vaccinazione.

Ci informa Nam-Aidsmapche lo studio Moderna   ha reclutato 176 persone con HIV. Né le persone che hanno ricevuto il placebo né quelle che hanno ricevuto il vaccino hanno sviluppato il COVID-19 e non sono stati segnalati problemi di sicurezza insoliti nelle persone con HIV.

Lo studio Pfitzer ne ha reclutate circa 200 ma i dati relativi non sono stati ancora pubblicati nelle analisi che hanno portato all’autorizzazione.

Gli studi di Oxford / AstraZeneca hanno reclutato 160 persone con HIV nel Regno Unito e in Sud Africa ma non sono state incluse nel principale set di dati pubblicati su The Lancet.

Rispetto alle persone con immunodepressione, le indicazioni delle agenzie autorizzative sul Comirnaty e sul vaccino Moderna sono piuttosto conformi.

L’FDA, la Food and Drug Administration USA non include l’HIV tra l’elenco delle condizioni per cui si sconsiglia il vaccino. Include però l’immunodepressione e l’assunzione di farmaci che agiscono sul sistema immunitario tra le condizioni di cui è opportuno informare il medico che prescrive il vaccino rimandando al fact sheet della Pfitzer che si occupa anche delle controindicazioni (vedi pag 2 del documento) 

Più esplicitamente il CDC, Il Centro USA per il Controllo delle malattie infettive, dedica un capitolo delle sue indicazioni proprio alle persone con malattie autoimmuni e con HIV e scrive:

Le persone con infezione da HIV o altre condizioni da immunocompromissione che assumono farmaci o terapie immunosoppressive potrebbero essere maggiormente a rischio di COVID-19 grave. Non sono attualmente disponibili dati per stabilire la sicurezza e l’efficacia del vaccino in questi gruppi. Persone con infezione da HIV sono state incluse negli studi clinici sul vaccino mRNA COVID-19, sebbene i dati rimangano limitati. Gli individui immunocompromessi possono ricevere la vaccinazione COVID-19 se non hanno controindicazioni alla vaccinazione. Tuttavia, dovrebbero essere informati sui profili di sicurezza del vaccino non conosciuti e sull’efficacia nelle popolazioni immunocompromesse, nonché sulla possibilità di risposte immunitarie ridotte e sulla necessità di continuare a seguire tutte le linee guida attuali per proteggersi dal COVID-19”.

Delle linee guida per il vaccino degli adulti che vivono con HIV, con Informazioni più dettagliate, sono state pubblicate anche dalla BHIVA, la British HIV Association assieme al Terrence Higgins Trust, sulla base degli atti dell’ agenzia del farmaco britannica (MHRA) e del britannico Joint Committee on Vaccination and Immunization (JCVI). Nel ricordare come il Regno Unito sia stato il primo paese ad autorizzare il vaccino Pfitzer, BHIVA scrive:

“Alcuni dei trial per i due vaccini più avanzati hanno incluso un piccolo numero di persone con HIV. Non c’è motivo di pensare che questi vaccini siano meno sicuri per le persone con HIV. Entrambi includono parte del materiale genetico di SARS-CoV-2 (il virus che causa COVID-19) ma non l’intero virus. Ciò significa che non sono vaccini vivi e quindi non sono meno sicuri nelle persone con un sistema immunitario danneggiato. È possibile che le persone con HIV non rispondano altrettanto bene al vaccino, ossia che il vaccino stesso possa innescare una risposta più debole nelle persone con HIV. Monitoreremo ogni nuova prova non appena verrà rilasciata e aggiorneremo questo consiglio se e quando necessario”.

Il britannico JCVI, Joint Committee on Vaccination and Immunisation, ha raccomandato di procedere in via prioritaria alla vaccinazione di nove gruppi di persone più esposte al virus, in base all’età e alle condizioni mediche. Le persone con HIV vengono considerate uno dei gruppi prioritari da vaccinare e sono state pertanto inserite nella sesta fascia di priorità. Tuttavia è raccomandato l’inserimento nel quarto gruppo di priorità, quello relativo alle persone in situazioni di estrema vulnerabilità clinica, delle persone con HIV che presentino le seguenti condizioni:

  • Conta dei CD4 inferiore a 50 cellule / mm 3 ,
  • Persone con HIV che abbiano avuto una malattia opportunistica negli ultimi 6 mesi.
  • Tutte le persone, in particolare quelle con una conta dei CD4 compresa tra 50 e 200 cellule / mm 3 , con fattori di rischio aggiuntivi dovrebbero essere valutate su base individuale e, se ritenute estremamente clinicamente vulnerabili, possono essere aggiunte a questa categoria.

Ulteriori fattori di rischio che possono portare a considerare le persone con HIV come estremamente vulnerabili e, dunque da vaccinare in quarta fascia, includono:

  • Carica virale rilevabile
  • Conta CD4 al nadir basso
  • Ulteriori comorbilità associate a rischio moderato quali: 
    -Condizione polmonare non grave (ad esempio asma, BPCO, enfisema o bronchite)
    -Malattia cardiaca (ad esempio insufficienza cardiaca)
    -Diabete
    -Malattia renale cronica
    -Malattia del fegato (come l’epatite)
    -Criticità neurologiche (ad es. Morbo di Parkinson, malattia dei motoneuroni, sclerosi multipla o paralisi cerebrale)
    -Assunzione di farmaco immunosoppressivo (ad es. Steroidi a basso dosaggio)
    -Obesità grave (un BMI di 40 o superiore)

Veniamo all’EMA, l’Agenzia Europea per la Medicina e all’autorizzazione rilasciata lo scorso 21 dicembre 2020 per l’utilizzo del vaccino Pfitzer-Biontech. 

Rispetto alle persone con HIV il documento europeo è meno specifico ma raccomanda comunque la vaccinazione: “sono disponibili dati limitati sulle persone immunocompromesse –si legge all’ottavo punto-  sebbene possano non rispondere altrettanto bene al vaccino, non ci sono particolari problemi di sicurezza. Le persone con depressione immunitaria possono essere vaccinate poiché potrebbero essere a maggior rischio di contrarre il COVID-19”.

Veniamo infine all’AIFA , l’Agenzia Italiana per il Farmaco, che, sul vaccino Comirnaty, al punto 22 di questo documento, alla domanda: “Le persone con una documentata immunodeficienza o con malattie autoimmuni possono vaccinarsi?” risponde con le stesse parole dell’EMA: “I dati relativi all’uso nelle persone immunocompromesse (il cui sistema immunitario è indebolito) sono in numero limitato. Sebbene queste persone possano non rispondere altrettanto bene al vaccino, non vi sono particolari problemi di sicurezza. Le persone immunocompromesse possono essere vaccinate in quanto potrebbero essere ad alto rischio di COVID-19.”

Sul vaccino Moderna, approvato lo scorso 7 gennaio, AIFA scrive: “Rispetto al vaccino Comirnaty, sulla base dei dati attualmente disponibili, il profilo di sicurezza e di efficacia del vaccino Moderna appare sostanzialmente sovrapponibile”.

Intanto, nel mondo gli attivisti cominciano a muoversi. Un appello promosso da decine di Associazioni e ONG degli Stati UNITI chiede al CDC e al comitato vaccinale ACIP degli Stati Uniti di inserire le persone con HIV nelle fasce con priorità vaccinale, questo anche in ragione di recentissimi studi che segnalano un aumento del rischio di ospedalizzazione e mortalità tra le persone con HIV che abbiano contratto il COVID.

In Italia le ONG, tra cui la LILA, hanno fatto pressione sulle istituzioni sanitarie affinché vengano emesse una serie di raccomandazioni per garantire adeguati standard di trattamento alle persone con HIV nell’era COVID. In esame anche delle raccomandazioni sui vaccini per le persone con HIV e sul loro inserimento tra le fasce con necessità di vaccinazione prioritaria. Il lavoro è appena iniziato e speriamo di vederne presto i frutti.

12/1/2021 https://www.lila.it

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