HIV in Italia. La prevenzione insufficiente

HIV laboratorio

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità nel 2016 in Italia sono state notificate 3.451 nuove diagnosi di infezione da HIV, cioè 5,7 nuovi casi per 100.000 residenti –Figura 1. Questa incidenza, in modesto calo rispetto agli anni precedenti, è lievemente inferiore alla media dei paesi dell’Europa occidentale (da notare i livelli esplosivi dell’incidenza nell’area orientale della Regione Europea dell’OMS, che include anche le repubbliche asiatiche dell’ex-Unione Sovietica) – Figura 2. Nel 2016, le regioni con l’incidenza più alta sono state il Lazio, le Marche, la Toscana e la Lombardia.

Figura 1. Numero di nuove diagnosi di infezione da HIV e incidenza per anno di diagnosi (2010-2016)

Fonte: ISS 2017

Figura 2. Nuove diagnosi di infezioni da HIV nella Regione Europea dell’OMS, 2016.

Le persone che hanno scoperto di essere HIV positive nel 2016 erano maschi nel 76,9% dei casi. L’età mediana alla diagnosi, che nel 1985 era 26 anni per i maschi e 24 per le femmine, nel 2016 è risultata 39 anni per i maschi e 36 anni per le femmine. Le classi di età numericamente più rappresentate sono state quella di 30-39 anni e quella di 40-49 anni mentre l’incidenza più alta è stata osservata tra le persone di 25-29 anni. Nel 2016 sono state registrate 10 diagnosi nella fascia di età 0-14 anni: 9 casi di trasmissione verticale in bambini nati da madre straniera e 1 caso di trasmissione attraverso trasfusione effettuata all’estero. Questo suggerisce una lacuna nell’accesso delle donne di origine straniera ai servizi prenatali.

La proporzione di stranieri tra le nuove diagnosi di infezione da HIV è aumentata dall’11% nel 1992 al 35,8% nel 2016 con un numero assoluto di casi in quest’ultimo anno pari a 1.224. L’aumento della percentuale di stranieri tra le nuove diagnosi tuttavia è dovuto ad una diminuzione del numero dei casi di origine italiana e ad una sostanziale stabilità dei casi stranieri. Tra gli stranieri il 65,5% di casi era costituito da eterosessuali (eterosessuali femmine 34,9%; eterosessuali maschi 30,6%). Circa la metà dei casi di stranieri proveniva dall’Africa Sub-Sahariana. Si tratta di numeri non certo allarmanti ma significativi. In proposito ricordiamo le raccomandazioni relative allo screening rivolto a migranti in centri di accoglienza contenute nelle recenti linee guida Controlli alla frontiera. Lafrontiera dei controlli.
Controlli sanitari all’arrivo e percorsi di tutela per i migranti ospiti nei centri di accoglienza
redatte dall’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con la Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM) e l’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà (INMP):

  • A tutti i migranti, nell’ambito della presa in carico sanitaria, deve essere offerto un adeguatocounselling che garantisca informazioni chiare ed esaustive sull’infezione da HIV, sull’AIDS e sulla possibilità di accedere a cure efficaci. Tali informazioni devono essere fornite secondo una prospettiva culturalmente sensibile, possibilmente nella lingua madre, e avvalendosi di mediatori linguistico-culturali.
  • Si raccomanda di offrire il test HIV a tutti i soggetti di età ≥16 anni provenienti da paesi a elevata endemia (stime di prevalenza di HIV >1% – si veda allegato 3), alle donne in gravidanza e durante l’allattamento, e a quanti, nell’ambito del counselling, riferiscano di essere stati esposti a fattori di rischio (pregresse trasfusione di sangue o emoderivati, tossicodipendenza, partnersessuali multipli o storia di abusi/violenze sessuali), o presentino concomitante IST o infezione tubercolare.
  • Il test HIV viene altresì offerto ai minori di età <16 anni, in presenza di fattori di rischio individuali (madre con sierologia positiva, inizio precoce dell’attivita sessuale, storia di abusi/violenze sessuali) e/o di coinfezioni quali altra IST o infezione tubercolare.

Tali linee guida disegnano un approccio articolato alla salute dei migranti nei centri di accoglienza. Resta da vedere come le singole regioni metteranno in pratica tali raccomandazioni.

Nel 2016, la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da HIV era attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituivano l’85,6% di tutte le segnalazioni (eterosessuali 47,6%; MSM 38,0%) – Figura 3. Pur essendo diminuita l’incidenza per tutte le modalità di trasmissione, dal 1985 al 2016 le proporzioni delle diverse modalità sono profondamente cambiate: la trasmissione per scambio di siringhe infette è passata dal 76,2% al 2,8%, per rapporti eterosessuali dall’1,7% al 47,6%, per rapporti omosessuali 6,3% al 38,0%. Tutto questo ci ricorda la necessità di interventi di prevenzione volti a ridurre i comportamenti a rischio: rapporti sessuali non protetti, rapporti con più partner, rapporti con prostitute e rapporti sotto l’effetto di alcool e stupefacenti. Preoccupante in particolare il fenomeno del chem sex, festini a base di droghe sintetiche e sesso con multipli partner sconosciuti.

Figura 3. Numero di nuove diagnosi di infezione da HIV per classe d’età e modalità di trasmissione (2016)

Fonte: ISS 2017

È lievemente aumentata la quota di nuove diagnosi con bassi livelli di linfociti CD4 o sintomi riferibili all’infezione da HIV: il 36,9% aveva alla diagnosi un numero di linfociti CD4 inferiore a 200 cell/μL e il 55,6% un numero inferiore a 350 cell/μL. Nel 2016, il 30,7% delle persone con una nuova diagnosi di infezione da HIV aveva eseguito il test HIV per la presenza di sintomi HIV-correlati, il 27,5% in seguito a un comportamento a rischio e il 12,2% in seguito a controlli di routine eseguiti presso Servizi per le Dipendenze/Servizi per le Tossicodipendenze (Ser.D/Ser.T) o presso strutture extra sanitarie (ad esempio, in occasione di campagne di screening organizzate da associazioni, autotest, test in unita di strada, etc) o presso istituti penitenziari, l’11,3% in seguito ad accertamenti per altra patologia. In sintesi, molte persone con comportamenti a rischio non pensano ad effettuare il test, che permetterebbe di iniziare la terapia precocemente e prevenire complicanze non sempre o non totalmente risolvibili.

Sono stati notificati 778 casi di AIDS, la fase più avanzata della malattia, pari a un’incidenza di 1,3 nuovi casi per 100.000 residenti. Il numero di casi di AIDS è diminuito moltissimo rispetto all’apice dell’epidemia degli anni ‘80 e ‘90, mentre negli ultimi anni tende a diminuire molto lentamente –Figura 4.

Figura 4. Numero dei casi di AIDS e incidenza per anno di diagnosi, corretti per ritardo di notifica (1982-2016)

Fonte: ISS 2017

Nell’ultimo decennio è aumentata la proporzione delle persone con nuova diagnosi di AIDS che ignorava la propria sieropositività e ha scoperto di essere HIV positiva nei pochi mesi precedenti la diagnosi di AIDS, passando dal 20,5% del 1996 al 76,3% del 2016. Tale percentuale è particolarmente alta tra i casi di trasmissione per via sessuale e tra gli stranieri. Anche questo dato rimarca la necessità di interventi di sensibilizzazione e di screening.

Osservando la distribuzione geografica delle notifiche di AIDS nel 2016 è evidente un gradiente Nord-Sud. Le regioni con incidenza maggiore, nell’ordine, sono risultate Liguria, Marche, Umbria, Toscana e Molise; le province più colpite Lecco, Terni, Livorno, Macerata, Imperia, Siena, Pistoia, Ascoli Piceno e Gorizia.

Nel 2016 la prima causa di diagnosi di AIDS è risultata ancora la pneumocistosi polmonare, seppur in lieve calo percentuale, mentre è aumentata la quota di pazienti con un’infezione virale o un tumore, in particolare sarcoma di Kaposi e linfomi.

Il numero di morti per AIDS, crollato rispetto al picco dell’epidemia grazie ai farmaci, è rimasto stabile negli ultimi anni. Dall’inizio dell’epidemia (1982) a oggi sono stati segnalati 68.982 casi di AIDS, di cui 44.254 deceduti fino al 2014.

Deve essere fatto uno sforzo per fare emergere i casi di infezione inconsapevole, sia per prevenire l’evoluzione in AIDS, sia per evitare che possano contagiare altri. Il fatto che l’infezione non possa più essere associata a categorie facilmente identificabili, come i tossicodipendenti, suggerisce l’opportunità di effettuare screening anche nella popolazione generale sessualmente attiva. In questo senso appare chiave il ruolo dei medici di famiglia Ricordiamo che il test può essere eseguito gratuitamente, anonimamente e senza appuntamento in tutte le strutture sanitarie nazionali ed è anche disponibile in farmacia un test che può essere acquistato senza ricetta e fatto a casa su una goccia di sangue con risposta in pochi minuti. Esiste anche un test su saliva che viene utilizzato per screening. Ad esempio, recentemente, all’uscita di una discoteca in Versilia, circa sessanta persone si sono sottoposte al test con questo metodo e tre sono risultate positive, a dimostrazione dell’utilità di questo tipo di iniziative.

L’educazione sessuale nelle scuole medie e superiori italiane è praticamente assente e generalmente demandata ai genitori, con il risultato che molti ragazzi formano la propria conoscenza parlandone tra loro e frequentando i social media spesso senza gli strumenti culturali necessari per scegliere le informazioni corrette. Inoltre, campagne di sensibilizzazione dovrebbero mirare le tipologie più frequenti di nuovi casi: il maschio eterosessuale in età matura e l’omosessuale maschio che hanno comportamenti a rischio.

Per quanto riguarda la prevenzione, le ultime linee guida italiane prevedono anche la possibilità di una profilassi pre-esposizione con Truvada, contenente due farmaci antiretrovirali usati anche in molti schemi di terapia. Il Truvada a scopo preventivo può essere assunto in continuo, una compressa al giorno, oppure occasionalmente in previsione di un rapporto sessuale, due compresse da 2  a 24 ore prima del rapporto, poi altre due dosi a distanza di 24 e 48 dalle prime. È bene però essere cauti: questo tipo di profilassi dovrebbe collocarsi in una strategia che comprenda una valutazione medica iniziale e controlli clinici e test periodici. Non può essere l’alibi per comportamenti a rischio, semmai un’opzione in casi molto selezionati, ad esempio quello di coppie discordanti che cercano una gravidanza. Il profilattico è l’unico strumento di prevenzione attivo anche sulle altre malattie sessualmente trasmesse, come la sifilide, la gonorrea, l’herpes, il papilloma, tutt’altro che scomparse.

In conclusione possiamo affermare che risultati straordinari sono stati ottenuti sul fronte della terapia, come per poche altre malattie, in così poco tempo. L’infezione da HIV è stata trasformata da una malattia incurabile ad una malattia ambulatoriale che nella maggior parte dei casi permette, se adeguatamente gestita, una vita normale. Forse proprio a causa di questo successo l’attenzione dell’opinione pubblica, dei media e delle istituzioni per l’HIV è andata gradualmente scemando.

Dopo più di 30 anni dai primi casi di infezioni da HIV in Italia, dopo migliaia di morti, nonostante questa infezione abbia ancora un impatto rilevante sullo stato di salute della nostra popolazione e comporti un rilevante impegno di risorse per il nostro sistema sanitario, esiste ancora un problema di scarsa consapevolezza nella popolazione e di insufficienti programmi di prevenzione.

Fonti

    1. Notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità. Aggiornamento delle nuove diagnosi di infezione da HIV e dei casi di AIDS in Italia al 31 dicembre 2016. Volume 30, n. 9, settembre 2017, Supplemento 1
    2. Linee Guida Italiane sull’utilizzo dei farmaci antiretrovirali e sulla gestione diagnostico-clinica delle persone con infezione da HIV-1. 22 Novembre 2016
    3. Sistema Nazionale delle Linee Guida. Controlli alla frontiera. La frontiera dei controlli. Controlli sanitari all’arrivo e percorsi di tutela per i migranti ospiti nei centri di accoglienza[PDF: 3.8 Mb] 2017.
    4. Scoprono di essere sieropositivi all’uscita della discoteca. Il Tirreno, 08.10.2017

Enrico Tagliaferri

29/11/2017 www.saluteinternazionale.info

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