I bambini e noi
Tra poco ritornerò a scuola. I bambini avranno tante cose da raccontare, ne sono sicura. Anche quelli che non hanno fatto niente racconteranno cose. Perché loro sanno sperare, sempre. Credono nei grandi. E pensano che niente di brutto potrà succedergli se avranno accanto una madre, un padre, un adulto a cui appoggiare il cuore. Come una protezione.
Parleranno del ponte. Ne sono sicura. “Sai maestra ci sono stati tanti morti, anche dei bambini sono finiti giù, stavano andando in vacanza” mi diranno. Faranno domande. Vorranno essere rassicurati.
E sono sicura che parleranno dei barconi. Dei bambini che attendono in mezzo al mare. Di quelli che nel mare ci sono morti, come essere sotto a un ponte. Schiacciati entrambi. Dall’acqua, dal cemento. Poco importa. Non ci sono più. Ne sono sicura, perché loro, a differenza di noi, che siamo quelli grandi, non fanno distinzione sulla sofferenza. Non mettono sul piatto della bilancia il dolore e lo pesano al metro. “Sei bianco? Sei italiano?” allora la tua vita vale di più. Pure la tua morte vale di più. Vieni prima.
Di fronte al dolore, alla sofferenza, grazie a Dio, i bambini fanno di tutta un’erba un fascio. Un bambino vale un bambino. Una madre vale una madre. Un padre vale un padre. Quello che pesa, nei loro racconti, è la sofferenza. È il dolore. Le guerre. Il destino. Le colpe dell’uomo.
E mi guarderanno con i loro occhi aperti e attenti, come solo i bambini, a volte, sanno fare.
Vorranno da me due cose: la verità e una spiegazione all’incapacità di accogliere, di rimediare agli errori. Sulla prima non avrò problemi, sulla seconda, dovrò sforzarmi di cercare una qualche risposta che non si avvicini a una sola e unica definizione: ci sono persone che sono razziste, credono di avere più diritti rispetto ad altri. Come quello della vita.
La mia speranza è che i bambini siano migliori di noi. Che continuino a fare di tutta un’erba un fascio. Soprattutto dell’esistenza. Perché l’umanità è una. Calpestiamo tutti la stessa terra. Loro lo sanno. Sanno che un ponte crollato è un dolore vicino, sanno che dei bambini affogati, dei migranti sospesi in mare, sono un dolore lontano. Ma sempre di dolore si tratta. Di uomini si tratta. I bambini sanno sentirlo quel dolore, come fosse il loro. E sanno farsene carico. Al contrario di noi.
Penny
Insegnante, scrittrice, madre di due ragazze adolescenti. Sul sul suo blog sosdonne.com dice di scrivere “per necessità” e che la sua ragazza quindicenne fa i disegni. Il suo primo romanzo si intitola Il matrimonio di mia sorella. Ha scelto di collaborare con Comune nel febbraio 2017 e non ha più smesso, ha aderito alla campagna Un mondo nuovo comincia da qui
6/9/2018 https://comune-info.net
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