I bambini poveri nei paesi ricchi sono aumentati: in Italia sono 600mila. Il rapporto Unicef rivela che ce ne sono 2,6 milioni in più dal 2008 in aumento in 23 paesi su 41 dell’Ocse e dell’Unione europea.
La crisi economica che ha colpito i paesi ricchi non ha risparmiato i bambini: sono 76,5 milioni quelli che vivono sotto la soglia di povertà, ma dal 2008 al 2012 sono 2,6 milioni i bambini a finire in questa condizione. È quanto rivela un nuovo rapporto dell’Unicef “Innocenti Report Card 12 – Figli della recessione”, presentato oggi a Roma e che raccoglie i dati di 41 paesi dell’Ocse e dell’Unione europea. Secondo il rapporto, in più della metà dei paesi ricchi la povertà riguarda un bambino su cinque, mentre in alcuni paesi la situazione è ancora più grave. Come in Italia, dove i dati parlano di un bambino su 3 in povertà e oltre 600 mila bambini poveri in più rispetto al 2008. “Il 16 per cento dei bambini italiani è in condizioni di grave deprivazione materiale – ha dichiarato Giacomo Guerrera, presidente di Unicef Italia -. In Italia, la percentuale di ragazzi tra 15-24 anni che non studia, non lavora e non segue corsi di formazione (Neet) è aumentata di quasi sei punti dal 2008, raggiungendo il 22,2 per cento, il tasso più alto dell’Unione europea, cioè oltre un milione di giovani che vivono in questo limbo”.
Secondo il rapporto, dal 2008 al 2012 la povertà infantile è aumentata in 23 dei 41 paesi analizzati e in alcuni paesi, come Irlanda, Croazia, Lettonia, Grecia e Islanda, l’aumento ha superato anche il 50 per cento. “Nel 2012 in Grecia il reddito mediano dei nuclei familiari con bambini è ritornato ai livelli del 1998 – spiega il rapporto – l’equivalente di una perdita di 14 anni di progresso in termini di reddito. Secondo questa rilevazione l’Irlanda, il Lussemburgo e la Spagna hanno perso un decennio; l’Islanda ha perso 9 anni e l’Italia, l’Ungheria e il Portogallo hanno perso 8 anni”. Colpiti duramente soprattutto i giovani tra i 15 e i 24 anni, con un numero di Neet “cresciuto drammaticamente” in molti paesi. “Nell’Unione europea – spiega il rapporto -, nel 2013, 7,5 milioni di giovani erano classificati come Neet, quasi l’equivalente della popolazione della Svizzera”.
Non va meglio oltreoceano. Secondo l’Unicef, infatti, gli Stati uniti hanno visto crescere l’estrema povertà infantile più durante questa recessione che in quella del 1982 e le misure messe in campo non sono state così efficaci per i poveri senza lavoro. “Dall’inizio della crisi, la povertà infantile è aumentata in 34 stati su 50 – spiega il rapporto -. Nel 2012, 24,2 milioni di bambini vivevano in povertà, con un incremento netto di 1,7 milioni dal 2008”. Nonostante la tendenza dei dati generali, però, in alcuni stati la recessione non ha inciso sulla povertà infantile. “In 18 paesi la povertà infantile è diminuita – spiega il rapporto -, talvolta in modo marcato. Australia, Cile, Finlandia, Norvegia, Polonia, Repubblica Slovacca hanno ridotto i livelli di circa il 30 per cento”.
Per il direttore della divisione statistiche, ricerche e analisi dell’Unicef, Jeffrey O’Malley, si tratta di un “grande passo indietro” fatto da molti paesi ricchi con “conseguenze che avranno ripercussioni a lungo termine” per i bambini e le loro comunità. “La ricerca mostra che la forza delle politiche di protezione sociale sarebbe stata un fattore decisivo per prevenire la povertà – spiega O’Malley -. Tutti i paesi hanno bisogno di forti reti di sicurezza sociale per la protezione dei bambini sia durante congiunture negative siapositive e i Paesi ricchi dovrebbero fare da esempio impegnandosi esplicitamente per eliminare la povertà infantile, sviluppando politiche per controbilanciare la regressione e facendo del benessere infantile la prima priorità”.
28/10/2014 www.globalist.it
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