I Beni Comuni non sono merce di scambio. Lo ‘strano’ caso del Santa Maria della Pietà
A cura di Alba Vastano –
Roma, municipio XIV. Siamo nel cuore del quartiere Trionfale. Ѐ qui che dai primi del ‘900 si estende su 20mila mq un mega complesso edilizio, immerso in un parco che un tempo era rigogliosissimo e ben curato, articolato su 37 padiglioni. Il ‘Santa Maria della Pietà’ è stato un complesso manicomiale, l’ospedale dei matti si diceva. Tutta la struttura, in cui nel tempo vennero ricoverate migliaia di persone con disturbi mentali, arrivò gradualmente a completa chiusura negli anni seguenti alla legge n. 180 del 1978, associata al promotore della riforma psichiatrica, Franco Basaglia. Negli anni a seguire tutto il complesso ha subito un sistematico ridursi nella sua funzione di servizi sanitari e socio culturali al cittadino e sono state disattese tutte le normative delle destinazioni d’uso. Solo nel padiglione 31, nel 2005, per opera di attivisti, pro cultura e aggregazione sociale territoriale, che hanno occupato la ex lavanderia del complesso, prende forma un’associazione che, da allora, accoglie i cittadini offrendo molteplici iniziative di carattere artistico/ ludico/ umanitario e sociale.
Tant’è che l’associazione è diventata, nel tempo, un forte punto di riferimento per il territorio. Un percorso bello e importante quello dei promotori del progetto, ma osteggiato dalle istituzioni a cui viene affidato la gestione e il progetto di riqualificazione dello spazio: la Regione, il Comune e la Asl Roma1. Il 25 febbraio scorso quello spazio sociale viene sgomberato. Una ennesima storia selvaggia ai danni della cultura e della socialità in un periodo in cui i volontari dell’associazione stavano organizzando una fase post-Covid per sostenere le persone a disagio, causa crisi per la pandemia in corso. Uno strappo feroce all’umanità, alla socialità e alla cultura. Ѐ Massimiliano Taggi, un compagno, un operatore sanitario che dal 2005 al 2015 è stato Presidente dell’associazione Ex-lavanderia, referente del comitato ‘Si può fare’ e promotore delle proposte di iniziative popolari per il Santa Maria della Pietà, a raccontarci com’è nato il collettivo del padiglione 31 e quali gli sgambetti subiti in itinere da parte delle istituzioni preposte, in primis la Asl Roma1, che hanno in gestione l’intero complesso.
D: Dopo la legge Basaglia n.180 del 13 maggio del 78 quali istituzioni sono intervenute, da allora, per definire la nuova destinazione d’uso dei padiglioni del complesso? Quali i risvolti negli anni?
R: Innanzitutto c’è una Legge Nazionale (724/94 poi 388/2000) che definisce chiaramente la natura e le finalità di tutti gli Ex Ospedali Psichiatrici italiani. Quei patrimoni non dovevano trasformarsi in nuovi servizi sanitari, bensì essere messi a reddito e quindi i redditi prodotti dovevano finanziare i Servizi Regionali per la Salute Mentale. Vi è nel legislatore l’idea di un risarcimento che coglie il senso profondo della Legge 180. E’ a partire da questo schema normativo che nasce, nel 1995, il Coordinamento Città Ideale. Per realizzare un progetto di uso Culturale del S.Maria che offrisse servizi utili ai cittadini e, nello stesso tempo, producesse risorse per la Salute Mentale. Vi era anche un forte valore simbolico. L’idea che quel luogo che aveva prodotto sofferenza e dolore, chiudesse completamente la sua storia sanitaria. Uno slogan di allora era entrare fuori, uscire dentro. L’idea, cioè, che l’apertura dei cancelli fosse a due sensi, permettere ai matti di entrare nella città riprendendosi dignità e diritti e alla città di riprendere possesso del S. Maria per farne luogo di relazioni, aggregazione e socialità.
Purtroppo le Istituzioni hanno agito, negli anni, in forme contraddittorie e confuse, sprecando risorse e usando il S.Maria della Pietà più come oggetto di propaganda che altro.
D: Il passaggio di competenze dalla Provincia alle Asl quali risultati ha prodotto? Ovvero, i padiglioni riservati ai servizi sanitari sono stati effettivamente resi fruibili al cittadino?
R: Questa domanda richiederebbe una spiegazione troppo complessa. Ad esempio il passaggio non è stato da Provincia ad ASL ma dalla Provincia al Comune. Poi, dalla seconda metà degli anni ’90, le Istituzioni stesse non avevano cognizione esatta di quale fosse il corretto assetto proprietario.
Mentre si concludeva con difficoltà ma anche con una grande passione civile il processo di superamento del Manicomio. L’ultimo ex paziente uscì dal S.Maria nel dicembre 1999.
Con approssimazione e superficialità, si è delegata, la ASL a gestire un Patrimonio Pubblico, senza progetto né attenzione. Un esempio. Nel 2010 l’Università La Sapienza rinunciò al previsto acquisto di 8 edifici a cui se ne sarebbero aggiunti altri 4 per la casa dello Studente. Il motivo fu che la ASL non rilasciò gli edifici che aveva promesso. Quindi una perdita per l’amministrazione pubblica di 49 milioni di euro per il mancato acquisto e di circa 15 di finanziamenti previsti dal MIUR. Risorse che come dicevo avrebbero dovuto migliorare la vita delle persone con disagio psichico e dei loro familiari.
E c’è l’assurda vicenda degli Ostelli del Giubileo 2000. circa 25 miliardi di vecchie lire spesi per realizzare quello che sarebbe stato l’unico Ostello della Gioventù Pubblico a Roma. 5 padiglioni e 400 posti realizzati per ospitare anche turisti con disabilità. La ASL li ha smantellati illegittimamente nel giro di 3 anni.
Questi disastri nascono tutti dalla non volontà istituzionale, soprattutto della Regione, di definire un assetto proprietario sano e a norma di Legge.
D: Il progetto culturale ‘ex lavanderia’ che è nato nel 2005 ed ha preso vita presso il Padiglione 31 come nasce, per quali finalità, come si è sostenuto economicamente e chi sono i promotori?
R: Il 31, la vecchia Lavanderia del Manicomio, in tutti gli anni ’90 era stata punto di riferimento per l’associazionismo. Oltre agli ostelli, anche il Padiglione 31 fu ristrutturato nel 2000 con finalità culturali. Quando la ASL, dopo aver smantellato gli ostelli, svuotò degli arredi la Ex Lavanderia per trasferirci propri uffici, numerose associazioni e realtà del territorio decisero di tutelare la destinazione legittima del Padiglione. Era il 15 ottobre 2004.
L’Associazione nasce nella primavera del 2005 con l’obiettivo di fare del Padiglione 31 un Centro Culturale Pubblico, cioè quello che le Istituzioni avrebbero dovuto fare. Da quel momento, per 16 anni, la Ex Lavanderia ha messo a disposizione il Padiglione 31 a migliaia di persone: Associazioni, famiglie per le feste dei bambini, eventi, rassegne, laboratori, progetti come Techné, una libera mostra collettiva che ha ospitato centinaia di artisti, la ciclofficina popolare, la caffetteria Tatawelo per la promozione del Commercio equo. Nella sala teatro hanno provato e realizzato i propri spettacoli circa 300 compagnie emergenti, off e giovanili. Tutto questo attraverso l’attività volontaria e le libere sottoscrizioni dei cittadini.
D: Nel progetto di valorizzazione della struttura sono previste attività ludico/culturali interne alla struttura che possano essere messe in atto e realizzate anche da associazioni esterne?
R: Su questo punto si sfiora la farsa. L’Assessore all’Urbanistica del Comune Montuori ha annunciato che 3 edifici saranno dedicati alle politiche del cibo. La Regione ha dichiarato che diversi edifici saranno dedicati ad attività culturali. Ma se tu domandi quali, esattamente, siano questi Padiglioni non risponde nessuno.
La loro propaganda confida sul fatto che i cittadini non vadano a leggere le Delibere Regionali già approvate e il Protocollo di Intesa fra enti.
Perché leggendoli ci si rende conto che il S.Maria della Pietà è stato già tutto destinato. Gli edifici non sanitari sono 8 su 37. L’unico edificio destinato teoricamente alla cultura sarebbe proprio il Padiglione 31. uno su 37. Ma, e qui siamo alla perversione, sulla carta quell’edificio è di proprietà della ASL, quindi formalmente a destinazione sanitaria. Se anche, come dicono, la ASL lo cederà in affitto al Comune per farne un Centro Culturale, potrà riprenderselo comunque quando vuole come fece con gli ostelli. E comunque, un Centro Culturale, fino al 25 febbraio c’era. Cosa succederà in futuro, si vedrà.
E, a proposito di ostelli, 2 edifici, rispetto ai 5 del Giubileo, sarebbero destinati a strutture ricettive.
Per questo finanziati un’altra volta nel 2014, sono stati messi a bando dalla Regione ma non sono ancora attivi. Perché? Perché la Regione ha fatto ricorso al TAR per annullare il proprio stesso bando, l’ha perso, ha fatto ricorso al Consiglio di Stato, l’ha perso e gli ostelli ancora non ci sono. Se anche la Sede Municipale, il Centro Culturale e gli ostelli si realizzassero, tutto il resto sarebbe esclusivo appannaggio della ASL, insieme alla proprietà e gestione del Parco (non si capisce perché) e, ciliegina sulla torta, al 100% della gestione degli appalti su opere sanitarie e non sanitarie.
D: Veniamo allo sgombero forzato avvenuto a fine Febbraio del padiglione 31 che alloggiava l’associazione. Sgombero che ha come motivazione ufficiale la riqualificazione di tutta la struttura per farne un mega polo sanitario, gestito dalle Asl. Sono realmente queste le motivazioni o si ripete ancora una volta il baratto di un Bene comune, come merce di scambio, con altri servizi privati?
R: La motivazione è esattamente quella. La Ex Lavanderia è stata un Presidio che ha denunciato gli scandali della mala gestione istituzionale e contrastato un Progetto illegittimo di cessione alla ASL del S.Maria della Pietà. La Ex Lavanderia è stata la promotrice di proposte di Iniziativa Popolare con migliaia di firme. Di cui quella Comunale è stata addirittura approvata. Infine è la prima firmataria di un ricorso al TAR per l’annullamento delle Delibere Regionali in atto. Lo sgombero è avvenuto immediatamente dopo la fissazione dell’udienza che si terrà l’11 maggio. Quindi una rappresaglia punitiva.
Ma c’è anche un altro motivo. La Ex Lavanderia rappresenta la cattiva coscienza, una memoria che si vuole rimuovere. Al 31 ci sono venuti praticamente tutti a prendere impegni, a garantire ed a plaudire. Dal Centro Sinistra fino alla Raggi. E molte locandine della Ex Lavanderia hanno tanto di loghi e patrocini istituzionali. Persino il Centrodestra Municipale ci ha svolto un Consiglio Municipale ufficiale. Ma poi, una volta al governo, tutti hanno dovuto subire il potere manageriale ed onnipotente della ASL Rm1 ed hanno cambiato idea. Chissà su quali ricatti politici.
Non riescono a sopportare il semplice fatto che l’Associazione Ex Lavanderia fosse una testimonianza vivente dei loro voltafaccia, che non abbia cambiato idea, che abbia rifiutato le logiche di scambio, magari per salvare se stessa rinunciando alla sua battaglia fondativa per il S.Maria della Pietà. Ѐ un affronto troppo grande da digerire. Per chi fa politica solo per opportunismo, senza idee né valori. E per questo Carthago delenda est.
D: C’è in atto un appello del Comitato cittadino per il ripristino dell’ex lavanderia e per l’apertura di altri padiglioni per ampliare il progetto culturale. L’appello ha già ha avuto il sostegno di molte associazioni, di artisti e privati cittadini. Ci puoi spiegare cosa si chiede nello specifico nell’appello e su quali riferimenti di legge è basata la controversia con la Regione?
R: L’appello chiede semplicemente di definire il futuro del S.Maria della Pietà. Il rispetto della Legge Nazionale che fa del S.Maria un bene Reddituale e non Sanitario, quindi, di conseguenza la proprietà Regionale e non ASL, come deve essere per i beni reddituali. Poi il rispetto del Piano Regolatore che affida al Comune la titolarità del Piano di utilizzo per le Centralità Urbane (come è il S.Maria della Pietà). Insomma, riassumendo, il testo della Proposta di Legge Regionale che abbiamo presentato nel 2014 con 12mila firme e che la Regione non ha mai discusso in violazione del proprio Statuto.
Poi c’è Delibera 40/2015, la nostra Delibera che il Comune ha approvato e sta, oggi, disattendendo. E il rispetto dei Regolamenti della Partecipazione. Il Protocollo di Intesa che sta permettendo alla Regione di assegnare e destinare, ad oggi, 36 edifici su 37 è un atto assolutamente illegittimo. Non si è mai visto un Piano Urbano (obbligatorio) di cui non si sono neanche fatte le procedure preliminari, mentre già tutti gli edifici sono stati assegnati e sono in atto gare d’appalto e lavori. E non si può credere, fino a che non si legge l’articolo 6 del Protocollo, che gli atti esecutivi istituzionali siano vincolati alla riservatezza.
Il Piano Regione/ASL, avallato dal Comune è un castello di carte fondato sul nulla. Un miscuglio di servizi ASL senza legame gli uni con gli altri, senza senso né progetto nel quadrante più sanitarizzato della città. Voglio aggiungere, sanità senza capo ne coda al S.Maria, promossa dagli stessi che rifiutano da anni le proposte dei cittadini per ripristinare il Forlanini. Dagli stessi che tagliano posti letto, consultori e servizi. Da quelli che hanno chiuso i reparti di eccellenza del vicino S. Filippo declassandolo a ospedale di 3a fascia.
Dall’altra parte, la nostra, c’è l’idea di un progetto legale di uso socio-culturale, un’ipotesi di Polo dell’Economia Sociale e Solidale, un Centro Storico vero, un modello di eccellenza nazionale ed europeo. Per un luogo pieno di storia e di significati che non merita di essere trattato come carne da macello e da bilanci malati. Una proposta a cui insieme a tante e tanti stiamo lavorando da 25 anni.
A convalidare il tribolato percorso del collettivo dell’associazione ex lavanderia, ben illustrato da Massimiliano, ci sono anche le testimonianze di Chiara Cavallaro ed Emiliano Todero che dal 2015 sono i portavoce del collettivo
“In tutti questi anni nel Pad. 31, ex Lavanderia, si è voluto dare un esempio di che cosa possa significare “bene comune” e di che cosa potrebbe fiorire nel Santa Maria della Pietà. Lo si è fatto in tanti, con lavoro volontario, utilizzando i fondi che ci sono stati donati per mantenere per quanto possibile la strutture e le attività, cercando di rispondere alle domande del territorio. Il Santa Maria della Pietà è una centralità urbana, deve contenere le funzioni importanti per il XIV Municipio e non solo. Quindi, oltre all’esempio del Pad. 31, stava maturando anche la proposta di partecipare allo sviluppo territoriale per dare un contributo nella fase “post covid”, non solo con le iniziative di solidarietà attuali. Anche in questo caso in modo partecipato, attraverso una struttura aperta a tutti, una cooperativa di comunità, che fosse di esempio anche per la costruzione di un’altra economia, rispettosa di ambiente, persone e diritti. Non ci fermeremo. Un’idea, un concetto, finché resta un’idea è soltanto un’ astrazione… noi preferiamo le sperimentazioni concrete.“
E c’è anchela testimonianza sul caso spinoso del Santa Maria di Tiziana Uleri (area legale Prc) avvocata civilista, che segue le cause del Comitato
“La destinazione d’uso del complesso Santa Maria della Pietà, in ragione di una delibera regionale impugnata dal Comitato ‘Si può fare’ e dalle associazioni dei familiari dei pazienti affetti da disturbo della salute mentale, appare essere in contrasto ed in violazione della normativa nazionale che stabilisce che le strutture ex manicomiale non debbono essere destinate a strutture sanitarie, ma ad uso socio culturale, i cui proventi debbono essere investiti per i progetti della salute mentale”.
Quindi Non ci si ferma qui. Dopo anni di lotta per restituire alla cittadinanza il Bene Comune estorto da magheggi e inefficienze istituzionali, questa rappresaglia non si può accettare e giustamente si contesta. Così i referenti del Comitato cittadino lanciano un appello che ha già ottenuto il sostegno di moltissime associazioni, artisti (ndr,fra cui Ascanio Celestini, un grande compagno sempre presente per supportare cause sociali), privati cittadini, costituzionalisti (ndr, fra cui il professor Paolo Maddalena, vice presidente emerito della Corte costituzionale), partiti ( Rifondazione comunista- Federazione Roma– Sinistra italiana– Risorgimento socialista) e l’Anpi.
Chiunque sia dalla nostra parte, ovvero dalla parte dei Beni Comuni, sviliti e sottratti ai diritti della cittadinanza, può firmare l’appello al link che segue https://www.change.org/santamariadellapieta
Qui l’appello: http://www.santamariapieta.org
a cura di Alba Vastano
Giornalista. Collaboratrice redazionale del mensile Lavoro e Salute
Foto:Asl Roma1/La Repubblica/Youtube
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!