I cimiteri dei feti: un uso idolatrico di simboli religiosi e la perenne colpevolizzazione delle donne.
Comunicato dell’Osservatorio Interreligioso sulle Violenze contro le Donne (OIVD).
I cimiteri dei feti: un uso idolatrico di simboli religiosi e la perenne colpevolizzazione delle donne.
Decine di migliaia di feti sono stati sepolti all’insaputa delle
donne che li avevano in grembo. Il cimitero dei feti (quello di Roma
come in altre città) solleva un rilievo giuridico forte in merito alla
violazione da parte di istituzioni pubbliche del principio di laicità
-proclamato dalla costituzione italiana- e alla violazione
dell’altrettanto fondamentale principio della privacy. Le assumiamo e ci
uniamo a chi sta aprendo istruttorie sui casi.
Vorremmo anche indagare, però, altre dimensioni, non giuridiche ma
inerenti al nostro specifico, essendo noi una organizzazione che pensa e
agisce in un orizzonte di fedi.
L’argomento, infatti, mette in causa
aspetti attinenti all’immaginario e alle credenze delle culture
religiose, e le derive fondamentalistiche sempre attive nel perseguire
stili ostili alle donne.
Leggendo le frasi sgomente – apparse sulla
stampa – delle decine di donne coinvolte nei casi (non riconducibili
solo a Roma), si colgono storie di sofferenze indicibili; il dolore
vissuto al tempo della interruzione di gravidanza fu aggravato da
invadenti e offensive richieste di funzionari che proponevano l’
“inumazione”. Molte donne rifiutarono la proposta, ma essa fu, a loro
insaputa (fatto gravissimo) comunque eseguita.
I mandanti visibili di
tali atti sono abbastanza noti: le associazioni pro-life. I mandanti
invisibili si radicano in un humus atavico, la cui stoffa ha un nome
immemorabile e inequivocabile: la colpevolizzazione delle donne attuata
dalle culture patriarcali (religiose e non), sfoderata in modo speciale
in materia di generatività e di sessualità, campi del resto apparentati.
Le ricerche in campo storico e teologico ce lo testimoniano.
Le
croci di quei campi sono indebite e sono violente, per più di una
ragione, ma qui ne citiamo una: portano il nome di colei che poi madre
non fu. Designandola in tale modo, la si inchioda ad un destino
“naturale” che dalla donna sarebbe stato “rinnegato”; in questo modo la
si accusa pubblicamente.
A prescindere dalle considerazioni
sull’aborto volontario stesso nelle diverse religioni, con tali gesti
disumani, che si spacciano ispirati dalla pietà, si compie un abuso dei
simboli e del credo religioso; si fa esercizio idolatrico della Croce e
del Dio che essa rappresenta; si usa strumentalmente la fede in Dio, e
infine si accusano esseri umani
di fronte a quali solo l’empatia, l’ascolto e rispetto sarebbero atti di pietà religiosa.
Paola Cavallari
A nome dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne
osservatorioivdonne@gmail.com
Ottobre 2020
5/10/2020 http://www.womenews.net
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