I destini di Gaza e di Julian Assange sono legati tra loro
Se venissero riportate correttamente, due importanti udienze di questa settimana – a Londra e all’Aia – rivelerebbero come vuota messinscena l’”ordine basato sulle regole” degli Stati Uniti.
Fonte: English version
Jonathan Cook, 23 febbraio 2024
Immagine di copertina: : Un manifestante regge un cartello che chiede il rilascio del fondatore di Wikileaks, Julian Assange, davanti all’Alta Corte britannica nel centro di Londra, 21 febbraio 2024 (Adrian Dennis/AFP)
Questa settimana, in Gran Bretagna e nei Paesi Bassi, si sono svolti separatamente due casi legali che pongono minacce di portata mondiale alle nostre libertà più elementari. Nessuno dei due ha ricevuto una copertura più che superficiale da parte di media occidentali come la BBC.
Uno è stato l’ultimo appello del fondatore di Wikileaks Julian Assange a Londra contro gli sforzi degli Stati Uniti per estradarlo e rinchiuderlo per il resto della sua vita.
Il crimine di Assange, secondo l’amministrazione Biden, è quello di aver pubblicato fughe di notizie che rivelano i sistematici crimini di guerra firmati dalle istituzioni statunitensi e britanniche in Iraq e Afghanistan. Il governo britannico, forse non a caso, ha acconsentito alla sua estradizione.
L’altro caso è stato esaminato dalla Corte internazionale di giustizia (CIG) dell’Aia. Settimane dopo che i giudici della Corte mondiale avevano ritenuto plausibile che Israele stesse compiendo un genocidio contro i palestinesi di Gaza, lo Stato cliente degli Stati Uniti è tornato sul banco degli imputati per una questione separata.
Ai giudici è stato chiesto dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di fornire un parere consultivo per stabilire se l’occupazione e la colonizzazione ormai permanente dei territori palestinesi da parte di Israele equivalga a un’annessione illegale di un territorio in cui ha instaurato un regime di apartheid.
Inoltre, Israele dovrà riferire se ha aderito alla precedente sentenza della Corte che gli imponeva di cessare le attività che potrebbero configurarsi come genocidio.
Sebbene i casi di Assange e Israele possano sembrare avere poco in comune, in realtà sono intimamente connessi – e in modi che hanno evidenziato il grado in cui il cosiddetto “ordine basato sulle regole” dell’Occidente viene mostrato come una vuota messinscena.
Una somiglianza significativa è la scarsa copertura mediatica che ciascun caso ha attirato, nonostante la gravità della posta in gioco. Il principale telegiornale serale della BBC ha dedicato solo pochi secondi al primo giorno dell’udienza di Assange, e quasi alla fine del suo palinsesto.
Se gli Stati Uniti faranno la loro parte, i tribunali daranno alla Casa Bianca il potere di catturare qualsiasi giornalista che faccia luce sui crimini dello Stato americano, per poi farlo sparire nel suo draconiano sistema di incarcerazione.
Lo scopo di riclassificare il giornalismo investigativo come spionaggio è quello di soffocare ulteriormente il giornalismo critico e la libertà di parola. Qualsiasi giornalista che intenda sfidare lo Stato di sicurezza nazionale degli Stati Uniti dovrebbe ricordare il crudele destino di Assange.
Ma in realtà, gran parte dei media dell’establishment sembra non aver bisogno di tali minacce, come confermano i molti anni di obbedienti e quasi inesistenti reportage sui maltrattamenti subiti da Assange da parte delle autorità britanniche e statunitensi.
Nel contempo, se l’Aia si pronunciasse in suo favore, Israele sarebbe incoraggiato ad accelerare il furto e la colonizzazione della terra palestinese. La pulizia etnica e l’oppressione dei palestinesi si inasprirebbero, con il rischio che le attuali tensioni regionali possano degenerare in una guerra più ampia.
Una vittoria di Israele straccerebbe il quadro giuridico scritto dopo gli orrori della Seconda guerra mondiale e dell’Olocausto, privando i deboli e i vulnerabili delle protezioni che dovrebbero essere garantite loro dal diritto internazionale umanitario. Al contrario, segnalerebbe ai più forti e ai più bellicosi che possono fare quello che vogliono.
L’orologio legale verrebbe riportato indietro di otto decenni o più.
Un’ipocrisia pungente
Eppure, stranamente, entrambi questi casi epocali – cruciali per la conservazione di un moderno ordine liberaldemocratico e dello Stato di diritto – hanno ricevuto appena una frazione dell’interesse e dell’attenzione mediatica dedicati alla morte di Alexei Navalny, critico del presidente russo Vladimir Putin.
Nell’ostentare le loro preoccupazioni nei confronti di Navalny, i media occidentali hanno ancora una volta fatto eco, anziché affrontare, alle fin troppo evidenti ipocrisie dei governi occidentali.
Questa settimana il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato sanzioni contro Mosca per aver preso di mira il dissidente politico russo. Si tratta dello stesso Biden che sta cercando, allo stesso tempo, di tenere segregato un giornalista australiano dissidente, Assange, per un periodo fino a 175 anni per aver portato alla luce i crimini di guerra degli Stati Uniti.
Per anni, i media occidentali hanno mostrato il loro orrore per il trattamento riservato a Navalny e per i vari attentati alla sua vita, sempre attribuiti al Cremlino. Ma non si è quasi mai alzato un dito per le dichiarazioni della CIA che nel 2017 riferì di aver studiato potenziali modi per rapire e assassinare Assange.
Pochi hanno sottolineato il fatto che Assange ha già subito un ictus a causa della sua persecuzione e dei 15 anni di confino impostigli dalle autorità statunitensi e britanniche. Era troppo malato per partecipare alle udienze di questa settimana o anche solo per seguire il procedimento attraverso un collegamento video con la corte.
L’ex relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura, Nils Melzer, ha da tempo avvertito che Assange viene lentamente “schiacciato” dall’isolamento e dalla tortura psicologica, con gravi conseguenze per la sua salute.
Questa settimana gli avvocati di Assange hanno avvertito l’Alta Corte di Londra che c’è il serio pericolo che gli Stati Uniti aggiungano altre accuse una volta che Assange fosse estradato, tra cui quelle che prevedono la pena di morte. Questa minaccia alla vita di un giornalista occidentale è passata sotto silenzio.
Secondo i periti medici, e secondo il primo giudice che ha esaminato il caso di estradizione, Assange rischia di suicidarsi se dovesse finire nel rigido isolamento di un carcere di massima sicurezza statunitense.
Le lacrime dei media per Navalny bruciano per la loro ipocrisia.
Assegno in bianco
Un’altra somiglianza rivelatrice tra il caso di Assange e quello di Israele è che entrambi sono davanti ai tribunali solo perché Washington si è impuntata e ha rifiutato di risolvere le questioni legali, nonostante le loro implicazioni profondamente minacciose.
Se gli Stati Uniti ritirassero la richiesta di estradizione, Assange potrebbe essere liberato immediatamente. La nube opprimente che incombe sul futuro di una società libera, che ha il diritto e la capacità di chiedere conto ai propri funzionari delle azioni sbagliate, si dissolverebbe immediatamente.
Le libertà fondamentali, come quelle sancite dal Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, vengono ridotte in frantumi solo perché la classe politica statunitense – dai democratici ai repubblicani – è concorde nell’eliminare tali diritti.
Allo stesso modo, se gli Stati Uniti insistessero sul fatto che il massacro di massa dei bambini a Gaza deve finire – finora ne sono morti più di 12.000 – le armi di Israele tacerebbero immediatamente.
Se chiedesse a Israele di porre fine all’occupazione dei territori palestinesi e all’assedio di Gaza che dura da 17 anni, e se gli Stati Uniti adottassero un approccio veramente imparziale ai colloqui di pace, la Corte mondiale potrebbe accantonare le sue udienze contro Israele. Il suo parere sarebbe superfluo.
Washington, a prescindere dalle sue proteste, ha questo potere. Sono gli Stati Uniti e i loro alleati a rifornire Israele di bombe e munizioni. Sono gli Stati Uniti e i loro alleati a fornire gli aiuti militari e la copertura diplomatica che permettono a Israele di agire come cane da guardia nel Medio Oriente ricco di petrolio.
L’intransigenza di Israele, la sua fame di terra altrui, la sua disumanizzazione del popolo palestinese e il suo costante ricorso alle opzioni militari dovrebbero essere abbandonati, anche se a malincuore, se gli Stati Uniti non gli firmassero un assegno in bianco.
Questa settimana, invece, gli Stati Uniti hanno posto il veto al Consiglio di Sicurezza, bloccando gli sforzi per imporre un cessate il fuoco per porre fine al genocidio. Il Regno Unito si è astenuto.
Sempre questa settimana, funzionari statunitensi hanno detto ai giudici della Corte mondiale che non dovrebbero chiedere a Israele di porre fine all’occupazione in tempi brevi. In modo orwelliano, decenni di oppressione violenta da parte di Israele e la colonizzazione illegale delle terre palestinesi sono stati definiti dagli Stati Uniti come “reali esigenze di sicurezza di Israele”.
Campagna intimidatoria
I casi sono collegati anche in un altro modo.
Nel caso di Assange, gli Stati Uniti chiedono una giurisdizione legale globale assoluta per perseguitare i critici, coloro che desiderano togliere il velo di segretezza che protegge i funzionari occidentali dalla responsabilità dei loro crimini.
Vogliono mettere a tacere coloro che vogliono smascherare le loro bugie, i loro inganni e le loro ipocrisie. Intendono far sparire nel loro sistema carcerario coloro che cercano di far rispettare l’impegno autoproclamato dell’Occidente per un ordine democratico e un comportamento legale.
Parallelamente, e per ragioni simili, Washington chiede l’opposto per sé e per gli Stati clienti come Israele. Insiste sull’assoluta immunità legale globale, qualunque cosa facciano.
Il suo veto in seno al Consiglio di Sicurezza viene esercitato a tal fine, così come la sua campagna di intimidazione nei confronti delle autorità giudiziarie che si spingono fino alla fantasiosa idea che lo stesso diritto internazionale usato per tenere a bada i nemici possa limitare Washington e i suoi alleati.
Quando la Corte penale internazionale, gemella della Corte dell’Aia, ha cercato di indagare adeguatamente sugli Stati Uniti per i crimini di guerra in Afghanistan e su Israele per le atrocità nei territori palestinesi occupati, Washington si è scatenata.
Ha imposto sanzioni finanziarie a figure di spicco della Corte penale internazionale e ha bloccato l’ingresso ai suoi investigatori affinché non potessero svolgere le loro mansioni. Allo stesso modo, Israele ha impedito a una serie di relatori speciali delle Nazioni Unite di entrare nei Territori palestinesi occupati per riferire sulle violazioni dei diritti umani.
Così come la persecuzione di Assange ha lo scopo di terrorizzare altri giornalisti dal prendere in considerazione l’idea di chiedere conto ai funzionari statunitensi dei loro crimini, la persecuzione delle massime autorità legali del pianeta ha lo scopo di inviare un chiaro messaggio ai sistemi giudiziari nazionali. Di certo, questo messaggio sembra essere stato pienamente recepito a Londra.
Vuoto di informazioni
Un altro collegamento è forse il più significativo. Una volta Assange ha osservato che: “Quasi tutte le guerre che sono iniziate negli ultimi 50 anni sono state il risultato di bugie dei media”.
È solo grazie al vuoto di informazioni reali – omesse dai giornalisti per paura di turbare gli attori potenti o nascoste dalle politiche di segretezza di questi stessi attori potenti – che gli Stati possono convincere i loro cittadini a sostenere le guerre e l’accaparramento violento delle risorse.
Le uniche persone che guadagnano da queste guerre sono una piccola e ricca élite ai vertici della società. Troppo spesso è la gente comune a pagarne il prezzo: con le proprie vite o con danni alle parti dell’economia da cui la popolazione dipende.
La continua guerra per procura in Ucraina – una guerra con la Russia – finanziata e armata dalla NATO che usa l’Ucraina come campo di battaglia, ne è una perfetta illustrazione. Sono gli ucraini e i russi comuni a morire.
Sebbene l’Occidente abbia stimolato lo spargimento di sangue, le economie europee sono state distrutte e ulteriormente deindustrializzate, e come diretta conseguenza dei combattimenti l’ennesima impennata dei prezzi al consumo ha colpito i più vulnerabili.
Ma pochi – tra cui le grandi società energetiche e i produttori di armi, nonché i loro azionisti – hanno tratto dalla guerra un grande profitto. Il sistema di gioco a Gaza è stato esattamente lo stesso.
È compito dei media unire i puntini per il pubblico occidentale, fungendo da cane da guardia del potere. Ma ancora una volta, hanno fallito in questo loro più importante dovere professionale e morale. I colpevoli sono ancora una volta riusciti a farla franca con i loro crimini.
I criminali di guerra e i fautori del genocidio a Washington sono liberi, mentre Assange è rinchiuso in una prigione e la popolazione di Gaza viene lentamente fatta morire di fame.
Il progetto di Assange era stato concepito per ribaltare tutto questo. Si trattava di consegnare i criminali di guerra delle capitali occidentali alla giustizia attraverso la verità e la trasparenza. Si trattava di togliere il velo.
Se Assange fosse libero, e se gli informatori e le persone di coscienza nei corridoi del potere fossero incoraggiati anziché terrorizzati dal suo trattamento, potremmo vivere in una società in cui i nostri leader non osano armare un genocidio e non osano cospirare nella morte per fame di due milioni di persone.
Ecco perché i destini della popolazione di Gaza e di Julian Assange sono così strettamente legati tra loro.
Traduzione di Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org
29/2/2024 https://www.invictapalestina.org/
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