I martiri
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Romanzo di esordio di Alessio Orgera, autore già finalista alla XXXIII edizione del Premio Calvino e che attualmente vive a Madrid occupandosi di cooperazione internazionale. Con “I martiri” ci conduce nella Romania nell’anno 1989 e racconta le turbolente giornate che hanno preceduto l’abbattimento del regime e la caduta di Nicolae Ceausescu.
L’autore prende spunto da fonti precise, quando la rivolta ebbe inizio nel mese di dicembre del 1989 a Timisoara, in modo involontario e inaspettato. Quella che venne definita la rivoluzione rumena rivelò moltissimi aspetti, prestandosi a diverse e anche opposte considerazioni.
Le fonti storiche sono sicure e le vicende trovano riscontro nella realtà. È evidente il riferimento alla sera del 16 dicembre quando un gruppo di persone si riunì intorno alla casa di Laslo Tokes, un pastore protestante che difendeva i diritti delle minoranze per contestare il suo trasferimento su pressione del governo. Una dura repressione era seguita alla protesta, con il conseguente risultato di decine di morti.
Tra i paesi del cosiddetto socialismo reale che si avviarono in quel periodo verso orizzonti di economia di mercato e di istituzioni liberaldemocratiche fu quello attraversato dalla più violenta delle transizioni e, al tempo stesso, fu quello che rappresentò la continuità maggiore con il vecchio ordine.
Grigore Romanov, il protagonista, è un fotogiornalista che vive queste turbolente giornate che precedono la caduta del regime. Il giornale di Bucarest per cui lavora lo conduce in giro per il paese a documentare i fatti e lui viene a contatto con tutti gli aspetti contraddittori della rivoluzione.
È un momento conturbante, incerto, inquietante e a dir poco pericoloso, un momento in cui tutto è possibile e tutto può succedere.
In questo grande movimento di piazza, un movimento importante per la società civile, sembra che qualcosa di poco chiaro si profili all’orizzonte.
Grigore vive i forti dubbi che sono il contrasto di quella metamorfosi in atto. Coloro che hanno affiancato Ceasescu per anni, adesso saltano sul carro del vincitore e saranno quelli che sentenzieranno la sua condanna a morte. Tanto è vero che la maggior parte degli ex collaboratori della Securitate rimarrà ignoto. Sarà Ion Iliescu a parlare al paese e su di lui graveranno in seguito gravi accuse.
I mezzi di informazione saranno in mano a quelli che si sono autoproclamati paladini della rivoluzione.
Sono di Grigore le immagini dei cadaveri che scorrono sugli schermi della televisione per legittimare il nuovo regime e giustificare la condanna dei coniugi Ceausescu. Grigore vive una situazione conflittuale e teme per la sua stessa vita perché sa che questa era l’assoluta non verità.
Giorgio Agamben scriveva che Timisoara era l’Auschwitz della società e dello spettacolo; dopo Auschwitz diventa impossibile scrivere e pensare come prima, così, dopo, come Timisoara non sarà più possibile guardare uno schermo televisivo allo stesso modo.
Le parole che giungono al paese dai nuovi burocrati mentre comparivano le immagini dei morti alla televisione il messaggio che deve arrivare al paese liberato dalla dittatura è quello di evitare ora il peggior nemico: l’anarchia.
I suoi reportage su quei fatti saranno usati dalla nuova informazione che si presenta al paese in nome della conquista della libertà. E mostrare le immagini dei morti, donne e bambini, ammazzati per tentare di soffocare la rivolta sono un’ampia giustificazione per legittimare un nuovo potere.
Si sente in questo romanzo a 360° l’odore della Romania di quei giorni perché sta per chiudersi un’epoca e si sta aprendo una grande incertezza verso il futuro in nome della libertà.
Alessio Orgera riesce a scrivere la cronaca di un’epoca e insieme a far esistere personaggi che avrebbero un riscontro con quella realtà. La sua abilità narrativa permette di passare al setaccio una delle trasformazioni più discusse del secondo 900, per cui si rivela un formidabile esploratore di una memoria che non viene trafugata dalla storia a proprio piacere o comodo.
La visione di questo scorcio di realtà dove attinge la letteratura è, in qualche modo, qualcosa di valoroso. Nella visione della storia si sono fatti le ossa scrittori autorevoli. Orgera presta grande attenzione nella ricostruzione dei fatti prestando il suo personaggio principale al servizio della storia che è ancora più avvincente quando l’autore ha un’autorevole attenzione alla lingua e al suono della parola.
Giorgio Bona
Scrittore. Collaboratore redazione di Lavoro e Salute
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