I media israeliani non ignorano Gaza. Semplicemente non se ne curano

Israele ha ampliato l’elenco degli obiettivi militari, aumentando il rischio di uccidere in massa civili innocenti.

Fonte: English version

di Hanin Majadli, 27 dicembre 2024

Immagine di copertina:ù: Civili controllano il luogo di un attacco israeliano in un’area residenziale nel quartiere di Tuffah, a est di Gaza City, il 26 dicembre 2024.Credit: AFP/OMAR AL-QATTAA

L’articolo del New York Times pubblicato giovedì ha svelato ciò che i media israeliani non sono riusciti a scoprire. Non perché non potessero, ma perché non ci hanno provato. Perché avrebbero dovuto?

Il New York Times ci ha provato e ci è riuscito. A quanto pare Israele ha allentato le regole e le salvaguardie militari volte a proteggere i non combattenti a Gaza, permettendo agli ufficiali di mettere in pericolo un gran numero di palestinesi negli attacchi aerei. A volte Israele si è astenuto dal controllare gli attacchi sui civili e non ha punito gli ufficiali per i loro errori.

Inoltre, Israele ha ampliato l’elenco degli obiettivi militari, aumentando il rischio di uccidere in massa civili innocenti. In alcuni casi gli ufficiali hanno autorizzato attacchi contro i leader di Hamas sapendo che ciò avrebbe messo in pericolo la vita di centinaia di civili. Il ritmo degli assalti e l’inaffidabilità delle tecnologie impiegate non hanno permesso all’esercito di distinguere tra gli obiettivi umani: neonati, donne o uomini di Hamas. Mi chiedo se i media che non ci provano (e quindi non ci riescono) pubblicizzeranno questo reportage.

I gruppi che cercano di salvare Israele e gli israeliani da se stessi sostengono sempre che “i media non mostrano agli israeliani ciò che viene fatto in loro nome”. Scusate, ma chi sono coloro che partecipano a ciò che sta accadendo a Gaza se non gli “israeliani”? Sì, gli israeliani vedono e sentono, e sono consapevoli. Il problema non è che gli israeliani non possono vedere questi reportage. Il vero problema è che i reportage non interessano al pubblico israeliano. Gli orrori che descrivono non penetrano gli strati protettivi, l’insensibilità, l’indifferenza verso l’uccisione, la distruzione, il disastro.

Agli occhi degli israeliani, la guerra non riguarda solo il 7 ottobre. Ai loro occhi, questa è una guerra a largo raggio, in cui il 7 ottobre è stato il momento in cui è stato dato il via libera per scatenare ogni freno.

In questa guerra, la moralità non fa parte del discorso israeliano. Se i media riportano l’uccisione deliberata di un bambino di un giorno, ci sarà sempre qualche scusa o spiegazione. Ci sarà sempre qualcuno che dirà: “Dobbiamo controllare cosa stava facendo prima…”. Cosa stava mai facendo prima? Nasceva.

Credito: Abdel Kareem Hana/אי-פי

Ecco un esempio: Otto persone sono state uccise nel campo profughi di Tul Karm durante un attacco aereo dell’IDF. Otto persone uccise! Questo disturba qualcuno in Israele? Si solleverà una protesta per questo? O per il fatto che mercoledì, solo mercoledì, Israele ha assassinato cinque palestinesi che si trovavano in un furgone per le radiodiffusioni, cioè dei giornalisti? O per la morte per congelamento di tre bambini in un campo sfollati? Anche se il portavoce dell’IDF Daniel Hagari lo ammettesse, verrebbe definito un traditore e convocato alla Knesset per essere ammonito.

La guerra a Gaza è terminata, o forse no. L’esercito si è ritirato, o forse no. Ma due cose sono sempre certe: la continua morte e sofferenza dei residenti di Gaza e l’imperversare della guerra interna degli ebrei. E mentre la società israeliana si divide, si polarizza, litiga e diventa più profondamente religiosa, la morte a Gaza non si ferma.

Sugli schermi continuano a scorrere le stesse immagini di routine di uccisioni e annientamenti. Un filmato mostra il padre e il nonno del soldato Gur Kehati, ucciso mentre proteggeva l’archeologo colono Zeev Ehrlich in una fortezza nel sud del Libano, che affrontano l’ufficiale in una commemorazione di Ehrlich. Un reportage racconta di un villaggio turistico costruito per i soldati nel nord della Striscia di Gaza, bombardata e affamata. Tra loro sembra che noi palestinesi siamo comparse in una lotta interna agli ebrei. Forse non siamo nemmeno comparse, forse siamo parte dello scenario. O forse semplicemente polvere umana.

Traduzione: Simonetta Lambertini-invictapalestina.org

4/1/2025 https://www.invictapalestina.org

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *