I medici ai leader del G20: “Rispettiamo l’ambiente o le pandemie saranno sempre più frequenti”
Intervista al Dott. Emanuele Vinci – Coordinatore della Commissione ambiente e salute dell’Ordine dei medici (FNOMCeo)
Dopo che il Covid-19 ha costretto il mondo intero a una pausa forzata, ora la parola d’ordine è ripartenza. Sì, ma come? La tentazione più forte è quella di tornare alla normalità e alla vita prima della pandemia. Eppure, era quello il centro problema. E per la prima volta non sono scienziati e ambientalisti a sostenerlo, ma direttamente i medici, proprio coloro che sono stati in prima linea durante tutta l’emergenza: la ripartenza deve essere green.
Sono 40 milioni i professionisti sanitari che hanno firmato una lettera indirizzata ai leader dei Paesi del G20 per chiedere loro di impegnarsi in modo concreto nella lotta contro l’inquinamento e il cambiamento climatico. Perché la prevenzione di future emergenze globali come quella che abbiamo appena vissuto parte da qui.
Oggi è la Giornata mondiale dell’ambiente e questa riflessione non può più attendere. La pandemia ha rivoluzionato le vite di tutti: c’è chi ha perso delle persone care, chi non ha più un lavoro e chi non ha visto familiari e amici per mesi. Se non vogliamo che tra una trentina d’anni, o forse meno, questa storia si ripeta, dobbiamo ripartire dall’ambiente. E il perché lo spiega il dottor Emanuele Vinci, coordinatore della Commissione ambiente e salute dell’Ordine dei medici (FNOMCeO), tra gli enti che hanno aderito all’appello.
Dottor Vinci, questa è la prima volta che i medici in quanto categoria richiamano l’attenzione sul rispetto dell’ambiente.
Sì, è una novità assoluta. Nel mondo occidentale la preparazione del medico è finalizzata alla diagnosi e alla cura della malattia, mentre la prevenzione passa in secondo piano. Per questo motivo vengono costruiti ospedali sempre più grandi. La salute, però, è soprattutto qualcosa da difendere, oltre che un diritto.
Neanche all’università si parla del legame tra questa e l’ambiente, ragion per cui l’Ordine dei medici (FNOMCeO) vuole istituire un corso di formazione in Medicina Ambientale, rivolto a tutti i professionisti già in servizio in modo che possano informarsi anche su queste tematiche. Abbiamo inoltre un progetto già avviato che è la RIMSA, Rete Italiana Medici Sentinella per l’Ambiente, molto presente sul territorio per individuare subito patologie legate alle condizioni ambientali specifiche.
Qual è, ad esempio, il legame tra la pandemia che stiamo vivendo e il rispetto dell’ambiente?
Il legame esiste, senza dubbio. Prima di tutto, il Covid-19 è una zoonosi, cioè una patologia trasmessa da un virus che ha fatto il salto di specie da un animale all’essere umano. Ci porta quindi a riconsiderare il rapporto tra l’uomo e le altre specie che popolano il Pianeta. È vero infatti che questi fenomeni si sono già verificati diverse volte in passato, ma il problema è che negli ultimi decenni stanno diventando sempre più frequenti.
Come mai?
Abbiamo alterato il nostro rapporto con gli altri esseri viventi, sia animali che vegetali. Pensiamo all’agricoltura o agli allevamenti intensivi, ma anche al disboscamento di cui gli incendi nella Foresta amazzonica sono un esempio lampante. Abbiamo aumentato la pressione dell’uomo sulle altre specie, sottraendo loro intere aree geografiche e costringendole a vivere in spazi sempre più ristretti. E questo meccanismo ha favorito il salto di specie da virus che albergavano in alcuni animali fino a noi.
Perciò queste emergenze sanitarie globali si verificano sempre più spesso…
Proprio così. In passato le pandemie esplodevano ogni due o tre secoli. Guardiamo invece agli ultimi 100 anni: nel 1918 ricordiamo l’influenza spagnola, anch’essa frutto di un salto di specie a partire dai volatili, e dopo soli quarant’anni quella che chiamiamo influenza asiatica. Negli ultimi 20 anni, poi, ci sono stati diverse patologie che provenivano da una zoonosi, come la SARS e l’aviaria nel 2003, la suina nel 2009 o la MERS nel 2011. Abbiamo aumentato la pressione dell’uomo sul Pianeta e le epidemie sono diventate sempre più frequenti
Per questo motivo, l’Organizzazione mondiale della sanità aveva richiamato l’attenzione su una possibile pandemia originata da un animale, la famosa malattia X. Adesso pensiamo che potesse essere il Covid-19, ma in realtà potrebbero arrivarne altre in futuro.
Dovremmo quindi prepararci già da ora?
Certamente, dobbiamo imparare a prevenirle e a contenerle. E in termini di prevenzione è fondamentale promuovere un ambiente più sano. Anche perché il SARS-Cov-2 ci ha giustamente preoccupati, ma rimane un virus respiratorio. Ci sono agenti patogeni molto più pericolosi che potrebbero diffondersi: anche l’Hiv o l’Ebola sono zoonosi.
Se immaginiamo la situazione che stiamo vivendo come uno tsunami, possiamo dire che la prima grande onda è quella del Covid, ma subito dopo ne arriva una gigantesca e sono i cambiamenti climatici. Stanno innescando processi che influiscono e influiranno sempre di più sulla salute delle popolazioni e si calcola che queste devastazioni ambientali porteranno milioni di persone a migrare. La salute dell’essere umano è strettamente collegata a quella degli altri esseri viventi e del Pianeta. Se non ce ne prendiamo cura, i nostri sistemi sanitari collasseranno, proprio come è accaduto di recente.
A proposito di sistemi sanitari, questa esperienza ci ha mostrato come il nostro e quello di diversi altri Paesi non erano pronti per una pandemia. Come dovrebbero riorganizzarsi per farsi trovare preparati in vista della prossima?
Purtroppo negli ultimi anni in quasi tutto il mondo occidentale i sistemi sanitari sono stati organizzati soprattutto attorno alla costruzione di grandi ospedali. Sono state smantellate le strutture di prevenzione ed è venuto a mancare il territorio. Ma quello che è accaduto in alcune regioni ha dimostrato chiaramente che le epidemie non si fronteggiano con i grandi ospedali.
Bisogna quindi riportare al centro l’attività di medici e pediatri di famiglia e delle strutture di prevenzione. L’invito che facciamo ai governi è quello di non rivolgersi a noi solo quando è in corso un’epidemia, ma di tenere sempre in considerazione le indicazioni di scienziati, ricercatori ed esperti.
Oltre all’aumento delle epidemie, quali altri ripercussioni possono avere cambiamento climatico e inquinamento sulla nostra salute?
È documentato che le condizioni ambientali possano favorire l’insorgenza di una serie di patologie. Le malattie cardiovascolari, ad esempio, oppure quelle respiratorie. Ma anche lo sviluppo di tumori è facilitato perché l’inquinamento rende più fragile il nostro sistema immunitario e indebolisce non solo un individuo, ma intere comunità.
Le ragioni per cui non si riesce ad avviare una vera rivoluzione green sono prima di tutto economiche: pensiamo che questo sistema di produzione e consumo sia più redditizio. Ma a quanto potranno ammontare le spese sanitarie per malattie legate all’inquinamento?
Saranno incalcolabili. Un sistema sanitario improntato solo alla cura e non alla prevenzione è sempre più costoso, anche perché si utilizzano sempre nuove tecnologie e terapie innovative. A lungo andare, si rischia il collasso. Quello che abbiamo appena vissuto ne è un esempio: ospedali intasati e terapie intensive piene hanno un costo economico altissimo, che può essere evitato se si punta sulla prevenzione. Investire sulla salute significa anche combattere il cambiamento climatico
Se non si cambia prospettiva, in futuro mantenere la sanità sarà sempre meno sostenibile e non è un caso se sta aumentando la tendenza a rivolgersi al privato. Investire sulla salute significa invece contenere le spese per la cura delle malattie e fare in modo che queste non si verifichino.
Dal punto di vista ambientale, da cosa si potrebbe partire?
Ad esempio dalla produzione di energia. Continuiamo a usare combustibili fossili che stanno devastando l’ambiente. Emettiamo grandi quantità di CO2 e peggioriamo l’effetto serra. Dobbiamo invece riflettere sulla conversione a fonti rinnovabili, prima di tutto quella solare, e abbasseremo i costi derivati dalle conseguenze dell’inquinamento.
5/6/2020 https://www.ohga.it
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