I più poveri tra i poveri
Tra i 5,6 milioni di persone che vivono in povertà assoluta il 56% non riceve il Reddito di cittadinanza. Ce lo spiega l’ultimo monitoraggio della Caritas “Lotta alla povertà“, acquisito nei lavori del Comitato scientifico per la valutazione del RdC voluto dal ministro Andrea Orlando e presieduto da Chiara Saraceno.
Il report individua due motivi fondamentali di esclusione. Il primo riguarda la grande massa di persone che pur avendo diritto al RdC non sanno di avere questo diritto e, se lo sanno, non hanno gli strumenti per fare la richiesta, non conoscono Caf e Patronati e non hanno nessuno vicino che li aiuti nella richiesta. Il secondo invece è relativo al requisito di risiedere da almeno dieci anni in italia, elemento che esclude tantissime persone straniere.
I dati ci dicono che le famiglie povere escluse risiedono principalmente nel Nord, hanno figli minori e un patrimonio mobiliare, intendendo con questo i risparmi, superiore alla soglia consentita (uno dei requisiti per accedere alla misura è avere risparmi fino a una certa soglia. Chi ha un po’ di più viene automaticamente escluso. Attualmente sono escluse dalla possibilità di richiedere il RdC 4 famiglie straniere su 10. Il motivo è il requisito alla base che sfavorisce le famiglie numerose e con figli minori, rendendo il tasso di inclusione del RdC decrescente all’aumentare del numero di componenti all’interno del nucleo. “Sebbene uno schema logico ricorrente preveda che sia la mancanza di lavoro a determinare una condizione di povertà – scrive la Caritas – i dati mostrano che la metà dei nuclei in povertà assoluta e di quelli beneficiari del Rdc ha già almeno un occupato al proprio interno”.
L’ambiguità determinata dall’equazione che lega la presenza di un lavoro – non importa per la statistica se in nero o comunque insufficiente a fare fronte alle esigenze per vivere, all’esclusione dal RdC – fa sì che gli inoccupati, persone senza un lavoro e che non percepiscono sussidi di disoccupazione o altre forme di sostegno al reddito siano con il 36% la categoria prevalente fra i beneficiari. I disoccupati percettori di ammortizzatori sociali, insieme ai cassaintegrati, persone che sono senza lavoro ma che hanno da poco concluso un rapporto, rappresentano appena l’1% dei beneficiari. Il 21% dei beneficiari non ha mai avuto un rapporto di lavoro alle dipendenze nella sua storia lavorativa. Le persone prive di esperienze lavorative raggiungono il 40%, tra gli individui in età da lavoro che fanno parte di nuclei inviati ai servizi sociali e arriva al 50% tra gli under 30 e tra i familiari di sesso femminile di componenti vicini al mercato del lavoro.
Per quanto riguarda il reindirizzare i beneficiari del RdC ai Cpi (Centri per l’Impiego) questo tocca per il 52% le donne e per il 14% chi ha cittadinanza straniera. Le fasce d’età più difficili da collocare nel mercato del lavoro, gli under 30 e gli over 50, rappresentano rispettivamente il 34% e il 27% dei beneficiari tenuti al Patto per il lavoro. Gli under 30 sono più presenti al Sud e nelle isole mentre gli over-50 prevalgono nel Centro-Nord. Inoltre i beneficiari tenuti alla stipula del Patto per il lavoro hanno titoli di studio estremamente bassi, il 72% non va oltre la licenza media, solo il 3% è laureato. I beneficiari di RdC effettivamente tenuti alla sottoscrizione del Patto per il lavoro sono poco più di 1 milione a livello nazionale di cui però solo 327 mila, quindi il 31%, ha poi effettivamente stipulato il Patto per il lavoro. La ridotta quota di Patti stipulati è sicuramente legata agli effetti della sospensione della condizionalità per le convocazioni ai Cpi prevista in seguito all’emergenza da covid. (Il Patto per il lavoro è un percorso di accompagnamento all’inserimento lavorativo che prevede anche attività di servizio alla comunità e l’obbligo di accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue).
Uno dei problemi più gravi individuati dalla Caritas riguarda l’interruzione del contributo al diciottesimo mese che rende problematica la vita per i beneficiari, anche a causa dell’impossibilità per le persone di risparmiare quello che non riescono a spendere nel mese, altrimenti questo verrà decurtato automaticamente il mese successivo dallo Stato. Va inoltre sottolineato che l’erogazione del RdC fa riferimento alle entrate dei due anni precedenti la richiesta. Mettiamo il caso di una persona che nel 2019 aveva reddito 0 e nel 2020 di 10 mila euro e nel 2021 ha perso di nuovo il lavoro ed è quindi senza reddito nell’anno in corso: quella persona perderà il RdC nel 2022, lo perderà anche se priva di reddito perchè varrà quanto guadagnato nel 2019.
La revisione in corso del Rdc prevede un diretto coinvolgimento delle Agenzie per il lavoro, incentivate con il 20% per loro dell’incentivo stabilito in caso di occupazione dei percettori del sussidio. Nel dettaglio però ancora non sono state rese note le misure per questo percorso. Resta il fatto che senza prevedere all’interno della revisione dei criteri del RdC un servizio di orientamento e di indirizzamento di alcune fasce della popolazione, non a caso le più marginali e le più bisognose, oltre la metà degli aventi diritto rimarrà esclusa dai benefici del RdC.
Gianluca Cicinelli
4/12/2021 https://www.labottegadelbarbieri.org
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