I segni che lascia il covid-19 su chi è guarito

Da qualche giorno è risultata negativa al tampone, dopo quasi tre mesi di malattia. La prima cosa che ha voluto fare è stata uscire di casa, prendere la macchina e andare a vedere uno dei giardini in costruzione a cui stava lavorando prima di ammalarsi. “Ho ancora una grande passione per il mio lavoro e mi è mancato, ma quando sono uscita mi girava la testa”. Rosanna Padrini è un’architetta di 67 anni, vive con suo marito e il suo gatto a Salò, in provincia di Brescia, e ha avvertito i primi sintomi del covid-19 il 7 marzo: una febbretta e un po’ di tosse.

Era sabato e stava a casa. Quando ha scoperto di avere la temperatura alterata, ha pensato di essersi raffreddata giocando a tennis il giorno precedente. Mai avrebbe immaginato che sarebbe stata ricoverata in ospedale insieme a suo marito per settimane, rischiando la vita, mentre l’Italia fronteggiava la più grave crisi sanitaria della sua storia recente, che finora ha registrato 233.019 persone contagiate e 33.415 morti. La febbre per giorni non ha superato i 38,5 gradi, scendeva con la Tachipirina e poi risaliva, non sembrava altro che un’influenza.

In quel momento tutto il paese entrava in lockdown. La provincia di Brescia e la Lombardia era tra gli epicentri mondiali dell’epidemia, per questo gli amici che la chiamavano hanno cominciato a preoccuparsi e a consigliarle di farsi il tampone. “Quello di cui non mi sono resa conto è che il respiro si faceva sempre più corto. Ero stanca, non riuscivo a respirare, ero sempre meno presente, ma non me ne accorgevo”, racconta. È stata una sua amica farmacista, chiamandola quotidianamente al telefono, ad accorgersi del decorso della malattia.

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Annalisa Camilli

giornalista di Internazionale

1/6/2020

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