I SOCIAL NETWORK TRA REALTA’ E ILLUSIONE

Poco prima di morire Umberto Eco disse: «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».
E come si può biasimare il compianto Professore? Quante volte assistiamo a discussioni inutili o prive di senso se non addirittura a scene di “cannibalismo virtuale” tra persone su Facebook, Instagram, Twitter e aziende simili del web?


Anche diversi rappresentanti istituzionali e politici risultano essere devoti a questo idolo della comunicazione virtuale e cadono spesso nella tentazione di esprimersi come esseri primordiali: gretti, spudorati e senza freni inibitori, sia contro i normali cittadini, specie quelli che sono oggetto delle cronache del momento, sia contro i loro colleghi o i loro omologhi istituzionali di altre Nazioni.


Ciò totalmente in deroga ai galatei istituzionali, nonché a qualsivoglia criterio di buon senso e, soprattutto, di buona educazione. Per di più, senza considerare le conseguenze sul piano sia politico, sia economico, che i loro post o i loro tweet producono.


Basti pensare alla crisi istituzionale che qualche anno fa si creò attraverso tali strumenti del web tra gli USA e la Corea del Nord in merito alla forza militare missilistica vantata da entrambi i Paesi, oppure tra i primi e la Cina circa la responsabilità della diffusione del virus Covid 19, dalla quale come tutti noi sappiamo ha avuto origine la pandemia che a tutt’oggi cerchiamo di sconfiggere. Così anche alle innumerevoli gaffe prodotte dai politici italiani come risultato del reiterato cattivo uso dei congiuntivi o della mancanza di tatto in ordine agli episodi che rappresentano dei capitoli bui della storia del Paese, come quelli inerenti all’Olocausto. Per non parlare dei rappresentanti istituzionali che, rispetto al disegno di legge che avrebbe rafforzato le tutele degli omosessuali e dei diversamente abili, espressero il loro “giuridico dissenso” invocando via social una preghiera mariana.


Da questo punto di vista, poi, non si risparmiano neanche diverse teste coronate e celebrità del mondo dello spettacolo, sempre più indaffarate a pubblicare i loro selfie e i loro discutibili stati d’animo o pensieri politici, tra l’altro, spesso inutilmente fomentatori, invece di prendersi sul serio e occuparsi delle cose che contano veramente nella loro vita.
Non di rado, infatti, mettono al mondo figli che poi abbandonano a sé stessi, alle loro profonde paure e insicurezze, che a loro volta riversano sul prossimo compiendo delle sciocchezze o, addirittura, dei crimini; tradiscono i loro partner come se non avesse nessuna importanza o peso morale, e si danno a una vita dissoluta invece di aiutare gli esseri umani più in difficoltà. E questo sempre sotto gli occhi di tutti.


Ma i grandi ingenui del momento sono loro: le persone semplici, quelle che attraverso i social network si illudono di contare qualcosa, di essere importanti, amate e apprezzate; che pensano che la loro opinione conti qualcosa per qualcuno, soprattutto per le istituzioni; che bramano apprezzamenti virtuali per sentirsi più appagate; che sfogano tutta la loro rabbia e repressione dopo aver letto il titolo di un articolo online, senza né comprendere né tantomeno leggere il contenuto dello stesso; che mettono un “mi piace” telematico invece di partecipare effettivamente a un bell’evento o a un’iniziativa importante.


Quelle persone che scrivono parole bestiali contro la politica invece di scendere in piazza a manifestare contro la progressiva e inarrestabile precarizzazione del lavoro o andare a votare nei seggi affinché la rappresentanza politica cambi; che condividono canzoni d’amore sui social network senza nemmeno taggare il destinatario, invece di dichiararsi al loro grande amore che, poi, finiscono puntualmente per perdere.


Uomini che ostentano posizioni sociali, conoscenze e successi che magari neanche hanno realizzato. Donne che danno la colpa delle loro frustrazioni o dei loro fallimenti a tutti tranne che a sé stesse; che arrivano a condividere le loro cose più intime pur di attirare l’attenzione su di loro e farsi compatire.
E la cosa grave è che spesso si parla di persone che hanno anche superato la soglia dei trent’anni, non di adolescenti nel pieno del loro comprensibile, ma non necessariamente giustificabile, sviluppo biologico e spirituale.


Che poi, se ci riflettiamo con attenzione, molte di queste “belle” – per usare un eufemism opinioni si danno in risposta alla domanda di una macchina che ti chiede: «A cosa stai pensando?».
In pratica, è come parlare da soli, ma con la presunzione che qualcuno ti ascolti o, ancora meglio, sia interessato ad ascoltarti. Come se nella vita reale una persona andasse in un luogo abitualmente frequentato e all’improvviso, senza che nessuno glielo chiedesse, esprimesse una sua opinione politica, un’idea o, nella peggiore delle ipotesi, un gretto e crudo parere riguardo a un’altra persona o a un’istituzione in particolare.


E allora gli altri frequentatori del posto, anche se conoscessero quella persona, cosa penserebbero a loro volta della medesima? Che avrebbe bisogno di una vacanza!
Il successo incredibile che tutti i social network hanno ottenuto in tutti questi anni, evidentemente, può essere spiegato dal fatto che a molte persone la vita reale opprime, se non spaventa.
Si pensi, infatti, ai problemi di lavoro, alle scarse gratificazioni professionali, alle difficoltà nel mandare avanti una famiglia con dei costi di vita sempre maggiori e l’accesso al credito sempre più esclusivo, alle disastrose prospettive ambientali e alla persistente inerzia da parte delle istituzioni, che non si preoccupano di garantire un livello accettabile di qualità della vita, soprattutto in riferimento alle future generazioni.


Di conseguenza, tante persone preferiscono rifugiarsi in una vita virtuale offerta da pochi potenti, dove credono di poter ottenere gratificazioni attraverso like e commenti, anche se condividono foto in cui mostrano di lavarsi i denti in bagno la mattina; dove sanno di essere sempre sostenute da quella platea di amici e parenti che comunica loro un apprezzamento per principio.


Probabilmente, il problema sta nella misura in cui si adoperano tali strumenti. Di per sé, infatti, non vi è nulla di sbagliato nell’utilizzare la tecnologia per ritrovare i primi amori, gli amici o i parenti lontani, oppure per promuovere la propria attività professionale o per creare gruppi di festeggiamento e di volontariato. Ma se ne facciamo un uso sconsiderato, rischiamo di emulare inconsciamente la trama del film Matrix, che rappresenta una realtà cupa e disastrosa in cui gli esseri umani erano praticamente e inconsapevolmente sfruttati dal sistema meccanico dominante, che per mantenerli tali li faceva vivere in una vita virtuale e illusoria in cui si sentivano appagati o felici.

Antonio Aruta Improta

14/4/2022 https://www.intersezionale.com

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