I tagli, i ticket e le liste d’attesa: gli italiani non si curano più.

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Signori, si taglia. E gli effetti sulla cura e sulla salute si vedono: nel 41,7% dei nuclei fami­liari, almeno una per­sona in un anno ha dovuto fare a meno di una pre­sta­zione medica.

Per giunta gli ita­liani pagano di tasca pro­pria il 18% della loro spesa sani­ta­ria totale , vale a dire oltre 500 euro pro-capite l’anno , men­tre la per­cen­tuale della spesa indi­vi­duale dei sin­goli cit­ta­dini si atte­sta in Fran­cia al 7%, e in Inghil­terra al 9%.

I dati che arri­vano dall’indagine “Bilan­cio di soste­ni­bi­lità del wel­fare ita­liano” del Cen­sis , e dalle ricer­che delle asso­cia­zioni dei con­su­ma­tori, con­fer­mano peral­tro quanto era già stato segna­lato dall’Istat. Quando ancora non si sapeva che il governo, nel ddl di sta­bi­lità, avrebbe deciso di lasciare a quota 111 miliardi il fondo per il sistema sani­ta­rio nazio­nale (Ssn). Non solo nel 2016. Almeno fino al 2019.

Brutte noti­zie in serie per chi ha neces­sità di cure, e per le fami­glie di anziani o con anziani in casa. Brutte noti­zie anche per un governo che si con­ferma quan­to­meno disin­volto nelle affer­ma­zioni (“abbiamo aumen­tato di un miliardo i fondi per il 2016”), a dispetto di quanto lo stesso ese­cu­tivo scrive nel suo ddl di stabilità.

“Dopo tante dichia­ra­zioni e discor­danti ras­si­cu­ra­zioni da parte del governo – tira le somme Feder­con­su­ma­tori — alla fine il finan­zia­mento del Fondo sani­ta­rio nazio­nale risulta ulte­rior­mente tagliato o, come si pre­fe­ri­sce dire, defi­nan­ziato. Un prov­ve­di­mento grave e peri­co­loso, dal momento che è evi­dente come le esi­genze di bilan­cio con­ti­nuino a pre­va­lere sulla salute dei cit­ta­dini, e sull’esistenza stessa del Ssn”.

A but­tare il sasso nello sta­gno, pur con garbo isti­tu­zio­nale, sono state le Regioni. Senza dichia­ra­zioni roboanti – il gover­na­tore Chiam­pa­rino, coor­di­na­tore dei col­le­ghi, non rila­scia inter­vi­ste in mate­ria – ma con alcuni numeri.

Quelli, recu­pe­rati anche dal Sole 24 Ore , di un arti­colo del ddl di sta­bi­lità che, rispetto ai pre­vi­sti incre­menti al Ssn, riduce i fondi ai bracci ope­ra­tivi regio­nali per 1,8 miliardi nel 2016, per 3,98 miliardi nel 2017, e per 5,48 miliardi nel 2018 e nel 2019.

Come ormai d’abitudine, l’esecutivo replica accu­sando i gan­gli peri­fe­rici dello Stato di spre­care risorse. “E’ stato un errore fatale dele­gare la sanità alle Regioni, per­ché alla fine il risul­tato lo vediamo – ha detto papale papale la mini­stra Loren­zin — ma ora cam­bia l’orizzonte”. Nel merito sem­bra rispon­derle il solo Ste­fano Fas­sina: “In sanità via gli spre­chi, ma i risparmi devono andare a ridurre liste di attesa e tic­ket, non a chi vive in case milio­na­rie. I pre­si­denti di Regione, in par­ti­co­lare quelli del Pd, non hanno nulla da dire?”.

Pro­prio le chi­lo­me­tri­che liste di attesa e i tic­ket sem­pre più salati sono, secondo l’indagine del Cen­sis e le ricer­che delle asso­cia­zioni dei con­su­ma­tori, i prin­ci­pali motivi per cui in quasi una fami­glia su due accade di rinun­ciare alle cure per que­sto o quel congiunto.

“Nel com­plesso – si rileva nel rap­porto con dati rife­riti al 2014 — circa la metà delle fami­glie ita­liane ha dovuto rinun­ciare in un anno ad almeno una pre­sta­zione di wel­fare, dalla sanità all’istruzione, al socio assi­sten­ziale e al benes­sere. Le quote più ele­vate sono nei comuni con al mas­simo 10mila abi­tanti, dove oltre il 59% delle fami­glie ha razio­nato le spese nel wel­fare, nelle regioni del sud e isole,(57%), tra le fami­glie mono­ge­ni­to­riali e i ‘ mil­len­nials’ (i più gio­vani, ndr )”.

Giu­seppe De Rita, pre­si­dente del Cen­sis, rias­sume così la situa­zione: “Il wel­fare ita­liano sta cam­biando, e le fami­glie rispon­dono con pro­cessi di adat­ta­mento che inclu­dono una forte espo­si­zione finan­zia­ria, e anche con feno­meni di rinun­cia alle pre­sta­zioni. Que­sto cam­bio del wel­fare è pro­ble­ma­tico e non ci saranno grandi riforme. Ciò di cui c’è biso­gno è che la fami­glia ritrovi quella per­ce­zione di fidu­cia essen­ziale per fare sviluppo”.

Fidu­cia o non fidu­cia, per i più abbienti natu­ral­mente non ci sono grossi pro­blemi: la sanità del pri­vato sociale o del pri­vato tout court acco­glie a brac­cia aperte. Basta pagare. In genere parec­chio. Per tutti gli altri, cioè la stra­grande mag­gio­ranza, vale il Rap­porto annuale dell’Istat della scorsa pri­ma­vera: in quat­tro pro­vince su nove più di 13 per­sone su 100 rinun­ciano a curarsi, men­tre la media ita­liana, dato su cui già si dovrebbe riflet­tere, è del 9%. Una situa­zione, ricorda l’Istituto di sta­ti­stica, in gran parte dovuta all’introduzione dei tic­ket, e delle quote di com­par­te­ci­pa­zione alla spesa a carico del paziente di turno.

Riccardo Chiari

21/10/2015 www.ilmanifesto.info

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