I troppi casi in cui l’amministrazione di sostegno diventa una vera “trappola”
Dal 2004 esiste in Italia una Legge che permette ad un cittadino di diventare il “padrone assoluto” della vita di un altro cittadino. Si tratta della famosa Legge 6/04, che ha introdotto la figura dell’amministratore di sostegno.
Nata con le migliori intenzioni, la Legge punta ad evitare il ricorso alla “tutela” con quei soggetti che, sebbene menomati nell’autosufficienza fisica o psichica, restano centri attivi di decisioni, affetti, progetti, memorie. Nella realtà dei fatti, essa si è trasformata in molti (troppi) casi, in una vera e propria “trappola demoniaca”, capace di annientare le persone e colpire duramente congiunti di sangue o di fatto.
Il fenomeno è rimasto silente (o quasi) sinché non ha coinvolto personaggi di grande notorietà (Gina Lollobrigida, Lando Buzzanca, Gianni Vattimo); o non è stato oggetto di coraggiose inchieste del giornalismo televisivo (come quella sulla vicenda di Carlo Gilardi). Ma per quattro casi che hanno sfondato nella comunicazione di massa, ce ne sono centinaia che circolano nel web (basta digitare su Facebook, “abusi Amministratori di sostegno”, oppure vedere nel sito dell’Associazione Diritti alla Follia alla campagna Se la tutela diventa ragnatela). Un vero mondo di soprusi, degenerazioni, sofferenze, abbandono, affarismo.
L’amministrazione di sostegno ha conosciuto sin da subito una straordinaria fortuna, tanto che un’ondata impressionante di istanze ha investito i Tribunali i quali, per conto loro, si sono “adeguati” con un diluvio di nomine. Quanti esattamente siano oggi i soggetti sottoposti ad amministrazione di sostegno è cosa ufficialmente incerta; gli addetti ai lavori avanzano una stima di circa 350.000 “beneficiari”. Secondo uno studio statistico realizzato dall’AIASS (Associazione Italiana Amministratori di Sostegno Solidali) nell’ambito di dieci Tribunali italiani, risulta che il 26% degli amministratori di sostegno sono professionisti del settore (in genere avvocati).
Accantoniamo gli amministratori interni alla famiglia (65% del totale) e concentriamoci sugli esterni, la parte più “interessante” di questa storia. Se si prova a smontare questo particolare successo, se ne vedono emergere le “umane troppo umane” ragioni.
1) Squilibrio di mercato tra offerta di avvocati e domanda di prestazioni professionali; cosa che induce i legali meno “fortunati” a trovare nell’amministrazione di sostegno una (facile) fonte aggiuntiva di reddito. Esistono parchi-utenti anche di 50 e passa “deboli”.
2) Facilità della procedura di richiesta e attivazione: basta inoltrare un’istanza al Giudice Tutelare, cosa che può essere fatta anche senza assistenza legale.
3) forte presenza di conflitti intra-familiari sulle decisioni da prendere a proposito del parente “debole”, situazione che induce il Giudice Tutelare (ma nulla ve lo costringe) a nominare un esterno il quale, una volta nominato, tende in molti casi, più che a mediare i conflitti, a inserirsi nel “gioco”, instaurando alleanze col familiare più “consonante” . Per non parlare della cinica indifferenza verso i legami di fatto: abbiamo relazioni sentimentali ultradecennali troncate di colpo per volontà di Sua Maestà l’amministratore di sostegno!
4) vertiginoso aumento del carico di lavoro per i Giudici Tutelari, cosa che, non di rado spinge i medesimi a “patti di ferro” con gli amministratori di sostegno, ai quali si delega un’ampia discrezionalità che li rende, di fatto, difficilmente revocabili.
5) prodigiosa elasticità (vaghezza) della norma, che è potenzialmente applicabile ad una platea pressoché sconfinata di soggetti; cosa infatti debba esattamente intendersi con formule del tipo, «infermità o menomazione fisica o psichica»” o «impossibilità, anche parziale e temporanea, del beneficiando di provvedere ai suoi interessi» (articolo 404 del Codice Civile), è fatto di inquietante nebulosità. Abbiamo oggi amministratori di sostegno che si occupano di ludopatici, shopping-compulsivi, alcolizzati, tossicodipendenti, disturbati e border-line. Ma anche di normalissime persone cui è toccata la fortuna di un congiunto troppo “premuroso”. È il caso di Maria Teresa (nome di fantasia), casalinga sessantenne del Nord Italia, benestante, che si è vista rifilare un amministratore di sostegno (avvocato) su iniziativa di una sorella. I motivi? Non ha mai lavorato; è un’asociale; ha fatto prestiti ad un’amica; vive con diversi gatti e un cane; gioca abitualmente al gratta e vinci; e, dulcis in fundo, non si è mai fatta una famiglia; una pericolosa single, insomma…
6) Felice incontro tra civile e penale: tutte le volte che qualcuno ha interesse a dimostrare che qualcun altro abbisogna di amministrazione, uno in odore di circonvenzione, tra gli intimi, si trova sempre.
7) appropriata mobilitazione di “mezzi penali” nei confronti di chiunque (familiare o congiunto di fatto) osi disturbare, mettendo in discussione i comandi del Satrapo-amministratore di sostegno (ci sono denunce e processi per «concorso in violenza sessuale», «circonvenzione di incapace», «simulazione di reato», «maltrattamenti in famiglia»).
Dal 2004, dunque, c’è in Italia una Legge che permette ad un uomo di “catturarne” un altro e tenerlo prigioniero traendone lucro. Ce ne è abbastanza perché la politica (quella migliore) se ne accorga?
*Il presente contributo è già apparso sulla testata «AgoraVox Italia», e successivamente ripreso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa). Lo riprendiamo a nostra volta, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione. A questo link il testo in cui abbiamo raccontato la vicenda vissuta da Gigi Monello, rispetto al quale va aggiunto che nlla successiva udienza del mese di novembre 2022, le accuse allo stesso Monello si sono rivelate infondate, conseguendo tuttavia l’effetto di impedirgli di frequentare la madre nell’ultimo anno di vita di quest’ultima.
Gigi Monello
10/2/2023 https://www.superando.it/
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