iGod, quello che i fan di Apple non vedono (a Milano)
Apple ha aperto da poco, mirabilmente disegnato dallo studio Foster e in particolare dall’architetto Stefan Behling, un nuovo store a Milano. Si tratta del primo flagship store (negozio bandiera) in Italia della creatura di Steve Jobs e si insedia nella piazza Liberty al centro di Milano. Colpisce il pubblico la fontana dentro un prisma di vetro che porta luce al grande spazio ipogeo che ospita lo store. Essendo tutto sottoterra, il negozio lascia la piazza ad uso pubblico come lo è la grande scalea che dolcemente fa scivolare le persone dentro la grotta di Aladino con i luccicanti gioielli da Cupertino, California. Lungo la scalea Free wi-fi e spettacoli in occasioni particolari, quasi quasi come a Trinità dei Monti. Insomma i pellegrinaggi sono già partiti.
Dello store di Milano, da architetto, oltre la solita eleganza mozzafiato della costruzione e del ruolo così rilevante della pietra come nell’Ara Pacis di Roma di Richard Meier, colpisce quanto si può fare di intelligente con il sottosuolo! Pochi punti di emersione con lucenti corpi, intelligenti mosse di infrastrutturazione dello spazio pubblico, minimizzazione della cubatura emersa. Con poche mosse intelligenti si triangola. La chiave è una forte amministrazione che sappia contrattare e avere il massimo possibile dal privato.
Ora la questione pubblico/privato che l’Apple store qui presenta a piazza Liberty merita una domanda: Ma lo spazio pubblico è pubblico oppure intesse una relazione molto ambigua e molto particolare con il privato?
Nel passato lo spazio pubblico era spesso la proiezione fisica della potenza di una famiglia. Piazza Navona per esempio è incomprensibile nella sua attuale conformazione senza la presenza della famiglia papale dei Doria Pamphjli. Vi hanno sistemato tutta la parte ad occidente della piazza con il proprio palazzo, come non bastasse hanno costruito con Borromini, la chiesa di Sant’Agnese con tanto di enorme cupola, poi il sistema delle fontane, e sono intervenuti immobiliarmente in molti altri edifici della piazza. Hanno surclassato i Farnese ché non scherzavano a riverbo di potenza, nella piazza antistante il palazzo fortezza e anche i Barberini che sognavano una piccola Versailles sino a quella che sarà Fontana di Trevi. Ma non ci riuscirono e rimane solo il Tritone, a Piazza Barberini, appunto!
Quello che noi oggi chiamiamo spazio pubblico è il risultato formale che un privato dà alla sua idea di potenza, di conquista, di seduzione.
A volte una potente multinazionale crea spazi così pubblici e così belli che noi ne dimentichiamo “gli affari” dell’impresa. Il processo di fidelizzazione non l’ha inventato la Apple con i suoi store: è una lunga storia che ha tra le sue vette Santa romana chiesa. E il più geniale e grande momento di fidelizzazione si ha con il portico di Bernini a San Pietro.
Ora Milano con il nuovo spazio urbano che Apple “offre” alla città è un esempio di spazio pubblico fidelizzato come spesso, dicevamo, è stato. Ci vogliamo scandalizzare?
Antonino Saggio
7/8/2018 https://left.it
L’architetto Antonino Saggio insegna Progettazione architettonica e urbana alla Facoltà di Architettura “La Sapienza” Università di Roma – www.arc1.uniroma1.it/saggio
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