Il bavaglio posto a operatrici e operatori sanitari e sociosanitari nelle strutture residenziali italiane
In Italia, operatrici e operatori sanitari e sociosanitari impiegati nelle strutture residenziali per anziani che avevano segnalato le precarie e insicure condizioni di lavoro durante la pandemia da Covid-19, sono stati sottoposti a procedimenti disciplinari iniqui e sono andati incontro a ritorsioni da parte dei datori di lavoro. È quello che è emerso dalla nuova ricerca di Amnesty International.
Invece di affrontare le criticità sollevate, come quelle sull’uso dei dispositivi di protezione individuale e sul numero dei contagi nelle strutture residenziali, i datori di lavoro hanno imposto il silenzio, effettuato licenziamenti ingiusti e adottato misure antisindacali.
“Operatrici e operatori sanitari e sociosanitari delle strutture residenziali sono stati in prima linea nella lotta contro la pandemia da Covid-19 e sono stati elogiati dal governo italiano per il duro lavoro svolto in condizioni terribili. Tuttavia, queste stesse persone sono state ridotte al silenzio dai loro datori di lavoro quando hanno cercato di esprimere preoccupazione sul trattamento degli ospiti anziani e sulla propria sicurezza”, ha dichiarato Marco Perolini, ricercatore di Amnesty International sull’Europa occidentale.
Per condurre la sua ricerca, tra febbraio e agosto del 2021 Amnesty International ha parlato con 34 tra professioniste e professionisti nonché operatori e operatrici in servizio nelle strutture residenziali durante la pandemia da Covid-19, così come con avvocati, esperti del settore e sindacalisti. Ne è emerso un quadro di un settore ad alta presenza femminile (circa l’85 per cento del totale) e sotto alta pressione a causa della mancanza di personale, degli stipendi bassi e delle pericolose condizioni di lavoro: il tutto, nel contesto della peggiore pandemia degli ultimi 100 anni.
La pandemia ha colpito duramente il personale delle strutture residenziali. Secondo dati ufficiali, il 65.6 per cento dei lavoratori e delle lavoratrici che hanno contratto il Covid-19 in Italia, nonché quasi un quarto dei deceduti, erano all’interno di tali strutture.
Misure disciplinari e antisindacali
Un terzo delle persone intervistate da Amnesty International durante la sua ricerca ha denunciato un clima di paura e di ritorsioni sul posto di lavoro. Gli avvocati hanno riferito oltre dieci casi di procedimenti disciplinari e di licenziamenti, riguardanti anche rappresentanti sindacali che avevano denunciato la mancanza di adeguate misure sanitarie e di sicurezza in varie strutture residenziali sia pubbliche che private.
Nel maggio 2021 il Tribunale del lavoro di Milano ha stabilito che Hamala, operatore sociosanitario che lavorava con contratto in outsourcing in una delle principali strutture residenziali del capoluogo lombardo, era stato licenziato ingiustamente un anno prima dalla cooperativa per la quale lavorava. La sentenza ha ordinato il reintegro di Hamala e il versamento di un’indennità, e ha sottolineato che informare le autorità giudiziarie delle irregolarità fosse una questione di interesse pubblico, perché avrebbe potuto evitare la morte delle persone anziane residenti nelle strutture.
“Marco”, un altro operatore sociosanitario che lavora in una struttura residenziale privata, ha dichiarato: “Le cooperative e le strutture residenziali pubbliche hanno messo la museruola alle persone che hanno denunciato o parlato con la stampa”.
La legge sul “whistleblowing”, entrata in vigore in Italia nel 2017, protegge coloro che denunciato irregolarità sul posto di lavoro. Tuttavia, non garantisce loro adeguata protezione per quanto riguarda la riservatezza e l’indipendenza nel settore privato, che gestisce il 73 per cento delle strutture residenziali in Italia. Le autorità italiane devono proteggere tutti gli operatori sanitari e sociosanitari nelle strutture del settore privato.
Un numero sconvolgente di decessi
Fino al 29 settembre 2021, in Italia la pandemia da Covid-19 aveva causato oltre 130.200 decessi, il 95 per cento dei quali relativi a persone ultrasessantenni. Secondo alcune stime, l’8,5 per cento di tutte le persone ospitate nelle strutture residenziali è deceduto nei primi mesi della pandemia.
Nel dicembre 2020 Amnesty International aveva evidenziato il fallimento delle autorità italiane nell’implementare politiche adeguate a proteggere le persone anziane nelle strutture residenziali e in particolare i loro diritti alla vita, alla salute e a essere liberi dalla discriminazione.
Se la campagna vaccinale, che ha dato priorità alle persone all’interno delle strutture residenziali, al personale sanitario e sociosanitario, ha ridotto la morbilità e la mortalità tra gli anziani e tra coloro che operano all’interno di tali strutture, i problemi che affliggono da tempo questo settore (salari bassi, impiego prevalentemente femminile, condizioni di lavoro precarie) rimangono irrisolti.
L’urgenza di un’inchiesta indipendente
Le autorità italiane devono assicurare che le voci di queste lavoratrici e di questi lavoratori siano ascoltate. Amnesty International chiede pertanto al parlamento di istituire una commissione indipendente d’inchiesta che si concentri in particolare sulla situazione delle strutture residenziali. Attualmente risultano al vaglio parlamentare diverse proposte di inchiesta per indagare differenti aspetti dell’emergenza sanitaria, tra cui la congruità delle misure di gestione dell’epidemia, le modalità con cui la stessa si è diffusa e l’efficacia del sistema delle strutture residenziali. Tuttavia, ad oggi, nessuna commissione è stata ancora istituita.
Detta commissione dovrebbe anche prendere in esame le gravi preoccupazioni sollevate dal personale e dai sindacati in tema di sicurezza, salute e precarie condizioni di lavoro durante la pandemia da Covid-19 e nel periodo precedente.
“È fondamentale che il parlamento italiano istituisca una commissione indipendente d’inchiesta in modo da apprendere dalle lezioni del passato, prevenire errori come quelli commessi in precedenza e assicurare giustizia per tutte le morti che potevano essere evitate e a coloro che sono stati ingiustamente sottoposti a ritorsioni”, ha sottolineato Debora Del Pistoia, ricercatrice di Amnesty International Italia.
Una tendenza repressiva globale
Il bavaglio posto a operatrici e operatori sanitari e sociosanitari nelle strutture residenziali italiane fa parte di un’allarmante tendenza mondiale di violazione della libertà di espressione durante la pandemia da Covid-19. Il personale di queste strutture è stato preso di mira a causa delle sue denunce in vari paesi tra cui Polonia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti d’America.
Ulteriori informazioni
Questa ricerca fa parte di una serie di ricerche condotte da Amnesty International in vari paesi europei sull’impatto del Covid-19 sui diritti di lavoratori e lavoratrici essenziali. La precedente ricerca “Austria: le lavoratrici migranti del settore assistenziale vogliono più diritti” è stata pubblicata il 1 luglio 2021.
22/10/2021 http://Amnesty International
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