Il business della cura
Se la pandemia ha reso più evidente quanto il lavoro di cura sia fondamentale per le società industrializzate, la ricerca ci dice che l’assistenza è un vero e proprio business globale, che sfrutta le migranti privandole dei loro diritti e costringendole a condizioni di lavoro insostenibili. Un’analisi a partire dal dibattito internazionale avvenuto all’Università di Linz, in Austria
Mentre in passato passava quasi del tutto inosservato, l’aumento della domanda di lavoro di cura da parte della società, dovuto alle attuali carenze in termini di assistenza, sta ricevendo sempre maggior attenzione; secondo i maggiori esperti ed esperte sul tema, questo fenomeno sarebbe da interpretare come la prova di una grave crisi nel settore della cura.
Nelle società del Nord del mondo, caratterizzate dall’invecchiamento della popolazione, quest’allarmante carenza di lavoro di cura e di persone che lo svolgono (le cosiddette “caregiver“) ha portato a un boom del business dell’assistenza privata a livello globale.
Fra le realtà che traggono maggiori vantaggi da questi sviluppi ci sono le agenzie transnazionali, i cui modelli di business prevedono il collocamento di persone migranti per svolgere lavori di assistenza.
Contrariamente alle narrazioni più diffuse sull’emancipazione economica, i processi di mercificazione stanno trasformando il lavoro di cura delle persone migranti (principalmente donne), in una merce fittizia – in senso polanyiano –, rendendo il lavoro delle badanti professioniste precario e talvolta addirittura non libero.[1]
Questi dati costituiscono il tema alla base del convegno internazionale Care migration – care marketization: Reflections on a complex interplay che si è svolto il 23 e 24 marzo 2023 presso l’Università Johannes Kepler di Linz, in Austria.
Organizzata dalle sociologhe Brigitte Aulenbacher e Wasana Handapangoda, con il supporto organizzativo di Tobias Eder e Rebecca Gruber, la conferenza ha rappresentato il punto di arrivo del loro progetto di ricerca congiunto “Ideal” migrant subjects: Domestic service in globalization.
Studiose e studiosi di fama internazionale hanno presentato approfondimenti sulle loro attuali ricerche nel campo della migrazione assistenziale all’interno di sei blocchi tematici, moderati da esperti ed esperte di welfare sociale, assistenza e migrazione come Roland Atzmüller, Fabienne Décieux, Raphael Deindl e Katharina Kreissl.
Nell primo blocco di presentazioni sono stati analizzati i modelli e il significato della migrazione e della mercificazione del lavoro di cura, elaborati sia dal punto di vista empirico che teorico dai sociologi Attila Melegh (Università Corvinus di Budapest) e Helma Lutz (Università Goethe di Francoforte).
In primo luogo, sono stati presentati dati quantitativi sull’invecchiamento della popolazione nelle società capitalistiche neoliberali, per spiegare la situazione attuale e fare previsioni quantificabili sui futuri sviluppi demografici.
Sono stati identificati come elementi caratteristici delle strutture capitalistiche contemporanee dell’Europa centrale sia i processi di privatizzazione di quelle responsabilità assistenziali che prima erano svolte dalle istituzioni governative, attuati in risposta alla crisi economica e finanziaria del 2008, che le conseguenti politiche di austerità.
Successivamente, Attila Melegh ha presentato dati che alludono alle molteplici dimensioni della disuguaglianza e che sono alla base di questa interazione tra assistenza e mercato. Helma Lutz ha poi riflettuto sulle implicazioni teoriche degli attuali processi di mercificazione dell’assistenza.
Nel capitalismo cannibale contemporaneo esiste una connessione intrinseca fra lo sfruttamento e la narrazione del lavoro di cura come mezzo che consente alle persone migranti di raggiungere l’emancipazione economica.[2]
Inoltre, nell’ambito del concetto di bianchezza periferica (peripheral whiteness),[3] la razzializzazione e i modelli di dipendenza coloniale costituiscono la base non solo delle esperienze vissute della migrazione legata alla cura, ma anche dello stereotipo delle donne migranti come madri “cattive” che si lasciano alle spalle degli euro-orfani.[4]
Il secondo blocco tematico ha preso in esame il ruolo centrale, nel processo di mercificazione del lavoro di cura, svolto dai soggetti intermediari. Se nel 2007 in Germania esistevano trenta agenzie, nel 2017 ce n’erano già 337.
Ewa Palenga-Möllenbeck, ricercatrice di sociologia delle migrazioni presso l’Università Goethe di Francoforte, ritiene che le agenzie stiano cambiando le regole del gioco della migrazione assistenziale; quest’ultima, secondo le teorie della politologa della Open University (Regno Unito) Nicola Yeates, può essere considerata come un esempio di catena dal valore globale. I risultati della ricerca di Palenga-Möllenbeck hanno dimostrato la notevole influenza delle agenzie in diverse aree della società.
Le sociologhe Brigitte Aulenbacher e Wasana Handapangoda (Università Johannes Kepler, Linz) hanno messo a confronto le condizioni in cui operano le agenzie in Austria e Sri Lanka. In questo modo, hanno rivelato l’eterogeneità del settore, e hanno anche evidenziato l’importanza della collocazione delle agenzie nel processo di mercificazione dell’assistenza nei rispettivi regimi migratori.
Le varie nazioni sono state analizzate come esempi di casi più diversi, dove paesi come l’Austria rappresentano il modello di riferimento degli stati in cui le persone migranti arrivano per svolgere lavori assistenziali, e lo Sri Lanka di quelli da cui partono – da qui, in particolare, si muovono verso il Medio Oriente lavoratori e lavoratrici domestiche che vivono all’interno delle abitazioni dei datori di lavoro.
Tuttavia, attraverso una prospettiva teorica, è stato possibile trovare delle somiglianze tra i due paesi, dove le logiche statali, di mercato, aziendali, familiari e professionali sono intrinsecamente legate alla disuguaglianza, al potere, al dominio e agli stereotipi razzisti e sessisti, che sono alla base della migrazione legata al lavoro di cura.
Valentin Fröhlich e Florian Pimminger, ricercatori presso il Dipartimento di Sociologia dell’Università Johannes Kepler di Linz, si sono addentrati in un’analisi comparativa degli accordi di assistenza basati sulla convivenza all’interno di sistemi di assistenza marchettizzati in Austria, Paesi Bassi e Ungheria; gli studiosi hanno illustrato differenze e somiglianze fra i regimi di assistenza di questi tre stati secondo una prospettiva polanyiana, neo-istituzionale e foucaultiana, che mostrano i diversi gradi di commercializzazione del settore della cura.
Mentre in Ungheria l’assistenza alle persone anziane è principalmente a carico delle famiglie, nei Paesi Bassi è in larga parte affidata al settore pubblico. Anche in Austria quest’incombenza è a carattere familiare, e, nel regime di assistenza austriaco, ha portato alla precoce espansione di un’assistenza marchettizzata 24 ore su 24.
Successivamente, le sociologhe Ester Gouvea Martins (Università di San Paolo) e Zuzana Uhde (Accademia ceca delle scienze di Praga) hanno approfondito il tema della migrazione transfrontaliera in diverse regioni del mondo.
Nello specifico, Martins ha parlato delle lavoratrici domestiche nel mercato emergente della migrazione assistenziale a San Paolo, in Brasile: sulla base dei casi studio su due lavoratrici, una filippina e una boliviana, la studiosa ha dimostrato come le differenti situazioni in cui le lavoratrici si trovano siano legate ai rispettivi paesi di origine e allo specifico intreccio di disuguaglianze storiche e globali. Grazie al lavoro dell’organizzazione sindacale, sono già stati ottenuti risultati significativi come la giornata lavorativa di otto ore e la previdenza sociale per le lavoratrici domestiche.
Uhde ha invece esaminato il ruolo dei confini intraeuropei in termini di commercializzazione dell’assistenza e di migrazione circolare dall’Europa orientale a quella occidentale: i confini degli stati nazionali creano una divisione geo-economica che si ricollega a gerarchie e disuguaglianze di genere, e che è la causa dei bassi redditi delle lavoratrici della cura.
Inoltre, si possono osservare fenomeni legati alla cosiddetta emancipazione distorta, in cui le donne più privilegiate traggono vantaggio dallo sfruttamento di quelle più svantaggiate, e dove, a causa della commercializzazione dell’assistenza e della migrazione legata alla cura, vengono riprodotte quelle vulnerabilità che colpiscono le donne a livello globale.
La seconda giornata del convegno è stata aperta dalla presentazione di Sabrina Marchetti, docente di sociologia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, sui diversi modelli di cura europei, e da quella dell’antropologa sociale Petra Ezzeddine (Università Charles di Praga) sul significato sociale del lavoro domestico nelle famiglie della Repubblica Ceca nel contesto dell’invasione russa dell’Ucraina e della guerra che ne è scaturita.
Sabrina Marchetti ha delineato una tipologia che distingue tra mercificazione, commercializzazione e aziendalizzazione, che si differenziano, tra l’altro, per le dimensioni dell’occupazione, del finanziamento, della gestione e dell'”immagine pubblica della cura”.
La studiosa collega questo concetto al background migratorio dei lavoratori e delle lavoratrici della cura per analizzare come la concezione di ciò che viene (o dovrebbe essere) identificato come assistenza cambi a seconda del modello individuato nella sua classificazione.
Partendo da questo presupposto, Marchetti ha esaminato diverse tipologie di caregiver in differenti contesti istituzionali, economici e educativi. Secondo la sua prospettiva, il passaggio da una tipologia di caregiver a un’altra non si traduce in un’espansione dell’offerta, ma va piuttosto inteso come una trasformazione delle condizioni di lavoro e della qualità all’interno del settore dell’assistenza.
Petra Ezzeddine ha analizzato il lavoro domestico svolto da persone rifugiate dall’Ucraina nelle famiglie della Repubblica Ceca nel contesto della gratitudine o della solidarietà. All’insegna dello slogan “integrazione nella società”, durante le prime fasi della guerra molte persone rifugiate provenienti dall’Ucraina sono state ospitate in case private, dove si sono trovate a dover svolgere mansioni domestiche.
Con la sua ricerca, Ezzeddine ha sottolineato come la situazione delle donne ucraine in Repubblica Ceca sia legata a un processo di emarginazione ed etnicizzazione sistematiche, e come sia al contempo una questione di genere. A causa delle disuguaglianze strutturali e regionali tra i due stati, queste condizioni erano addirittura precedenti alla guerra in corso, e attualmente contribuiscono a dare forma al campo eterogeneo di questa emergente “economia solidale” in cui gli alloggi vengono dati in cambio di assistenza e lavoro domestico come espressione di gratitudine.
Il blocco successivo ha visto la partecipazione di Veronika Prieler, ricercatrice, e Kristine Krause, docente di antropologia, entrambe dall’Università di Amsterdam, e di Dóra Gábriel, ricercatrice in studi sociali presso l’Istituto di studi regionali di Budapest, che si sono concentrate sui processi di commercializzazione transnazionale dell’assistenza alle persone anziane.
Prieler e Krause hanno parlato delle regioni di confine strutturalmente deboli che si trovano, ad esempio, in Polonia o nella Repubblica Ceca, dove le case di cura mantengono bassi i costi del lavoro offrendo i loro servizi a persone anziane più ricche dalla Germania. Inoltre, è stato sottolineato il ruolo delle agenzie, con ex migranti che svolgono anche ruoli imprenditoriali nel campo della ricollocazione dell’assistenza.
Dóra Gábriel ha parlato come prima cosa dei cambiamenti legislativi nel sistema sanitario ungherese, che hanno portato a una maggiore commercializzazione e marchettizzazione dei servizi di assistenza, a un aumento dei finanziamenti per le strutture di assistenza cristiane, a un’intensificazione dell’immigrazione di operatori e operatrici sanitarie e a una distribuzione disuguale delle risorse sanitarie.
Inoltre, la sua ricerca nel contesto della migrazione di pensionati e pensionate straniere verso le zone rurali dell’Ungheria mostra come i principali fattori di attrazione siano le motivazioni ideologiche ed economiche, che si fondano sulla percezione, da parte di queste persone, dell’Ungheria come di una società bianca e cristiana.
L’ultima parte del convegno si è focalizzata sul tema del lavoro non libero e dei diritti nel lavoro domestico e di cura. Nella sua presentazione, Rhacel Salazar Parreñas, docente di sociologia e studi di genere all’Università della California del Sud (Los Angeles), ha analizzato la monetizzazione globale del mercato della cura secondo una prospettiva marxista e liberale.
La sua ricerca ha illustrato come lo status giuridico delle persone migranti che si occupano di assistenza le renda vulnerabili a diverse forme di sfruttamento. Salazar Parreñas ha inoltre descritto come i meccanismi statali o la formazione obbligatoria per i datori di lavoro possano portare a un aumento dell’autonomia dei e delle caregiver migranti.
Attraverso unìanalisi intersezionale dell’assistenza in Uruguay e Paraguay, Raquel Rojas Scheffer, ricercatrice in sociologia presso l’Università libera di Berlino, ha analizzato le diverse dimensioni della disuguaglianza, la loro legittimazione e i modi per superarle.
Il suo lavoro sul campo ha rivelato che gli operatori e operatrici sanitarie in Paraguay sono spesso discriminate a causa delle loro origini indigene. Tuttavia, queste persone, prevalentemente donne, sono integrate all’interno di un movimento dei lavoratori molto forte. In Uruguay, invece, grazie al successo della sindacalizzazione, il lavoro delle colf è legalmente equiparato a quello di altri settori e quindi con garanzie dal punto di vista sociale.
Dopo le numerose e interessanti presentazioni, a cui sono seguite delle stimolanti discussioni, le impressioni di chi ha partecipato al convegno erano contrastanti: da un lato, l’evidenza empirica della natura precaria di un settore assistenziale basato sul potere – che detta le condizioni di lavoro e di vita dei e delle lavoratrici migranti della cura e ne limita l’autonomia – è stato un fatto scioccante.
Tuttavia, le discussioni tra chi ha preso parte al convegno sono state fortemente influenzate dall’alto grado di commercializzazione del settore assistenziale. Sebbene il confronto accademico con e tra chi fa ricerca sia stato profondamente arricchente, sarebbe stato auspicabile avere accesso anche a progetti con al centro le voci sia di chi opera nel settore della cura che di chi la riceve.
La versione in tedesco di questa relazione è stata pubblicata sulla rivista “Feministische Studien” (volume 41, numero 2).
Note
[1] Che si rifà, cioè, alla critica della società di mercato espressa dallo storico, antropologo ed economista di origini ungheresi Karl Polanyi nella sua opera principale, La grande trasformazione.
[2] Così la filosofa e teorica femminista statunitense Nancy Fraser definisce il sistema che ha portato all’attuale crisi economica, sociale, ambientale e geo-politica; l’espressione ha dato il titolo al saggio pubblicato in Italia da Laterza nel 2023.
[3] Concetto introdotto dalla ricercatrice Anna Safuta (Università di Tübingen) per spiegare la condizione simultanea di privilegio e subordinazione sperimentata dalle persone bianche migranti provenienti da paesi non occidentali.
[4] Lutz & Palenga-Möllenbeck, 2014.
Riferimenti
N. Fraser, Cannibal capitalism. How our system is devouring democracy, care, and the planet and what we can do about it, 2022
H. Lutz, E. Palenga-Möllenbeck, Care-Migrantinnen im geteilten Europa –Verbindungen und Widersprüche in einem transnationalen Raum, in Aulenbacher, Brigitte / Riegraf, Birgit / Theobald, Hildegard (Hrsg.) “Soziale Welt”, Sorge: Arbeit, Verhältnisse, Regime. Sonderband 20, 2014
A. Safuta, Fifty shades of white. Eastern Europeans’ “peripheral whiteness” in the context of domestic services provided by migrant women, “Tijdschrift voor Genderstudies”, vol. 21, n. 3, settembre 2018, p. 217–231
N. Yeates, Globalizing care economies and migrant workers – Explorations in global care chains, Palgrave Macmillan, 2009
di Julia Wurm, Alexander Eigne
8/4/2024 http://www.ingenere.it/
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